Annuario di Attualità
IL SINDACO DI ANCONA, VALERIA MANCINELLI, E' IL MIGLIORE DEL MONDO. Anno 2019
L’INNOVAZIONE COME MOTORE DI SVILUPPO, di Claudio Malizia. Anno 2017
L’INNOVAZIONE COME MOTORE DI SVILUPPO
Claudio Malizia
La storia che segue è di quelle che suscitano l’entusiasmo di chi crede ancora nel primato umano in un mondo invece dominato da una tecnologia in corsa verso l’era dell’intelligenza artificiale.
Questa storia ha come protagonista Giuseppe Zampini, ingegnere nucleare classe 1946. Nel 2001 Zampini viene nominato amministratore delegato di Ansaldo Energie e da quel momento sarà alla alla guida della società portandola da un sicuro fallimento fino a un ruolo da protagonista mondiale nel settore della produzione di energia.
La storia inizia quando Zampini riceve un’azienda statale privatizzata, di proprietà dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), prossima al fallimento a causa di un forte indebitamento finanziario e di una scarsissima capacità di generare margini economici. La prima decisione importante è quella di rompere con il passato e di compiere la scelta di non essere subordinati alla politica: Zampini decide di mantenere il ruolo di direttore generale, oltre quello di amministratore delegato, per sottrarre la ricca area delle forniture esterne agli appetiti dei palazzi del potere dato che la rete di fornitori di Ansaldo Energia vale 600 milioni di euro l’anno. La seconda decisione importante è quella di dedicarsi alla marginalità rispetto ai ricavi, scelta a suo dire imposta dalla forte situazione debitoria che affligge Ansaldo nei primi anni del duemila: dismette le attività a scarso profitto per concentrarsi sui settori più redditizi, anche a detrimento del volume dei ricavi aziendali. Terzo passo importante, quello fondamentale, che imprime un’accelerazione verso il rilancio e la crescita, è la volontà di puntare ai brevetti, come lui stesso afferma: “La licenza dei brevetti degli altri ti garantisce un finto senso di tranquillità e uccide la tua fantasia. Oggi abbiamo soltanto tecnologie proprietarie”. A cavallo tra il 2001 e il 2005 Zampini chiude le licenze Alstom e Siemens con le quali Ansaldo produce le sue macchine, passando così dai 15 brevetti depositati tra il 1995 e il 2005, ai 271 nel 2008 fino ad arrivare ai 450 nel 2016. La conferma che la scelta di investire in prima persona nell’innovazione è il motore dello sviluppo giunge oggi, con Ansaldo Energia divenuta un’azienda di primo piano nel settore della produzione di energia in ambito internazionale.
L’idea vincente alla base del successo di questo lungo processo di trasformazione è stata quella di investire nelle attività di ricerca e sviluppo, credendo nella sinergia che può nascere tra il sistema universitario e il mondo delle imprese. I giovani impegnati nella ricerca hanno così trovato uno sbocco concreto per le loro idee senza la necessità di pensare di dover lasciare l’Italia per realizzare i propri progetti. Il coraggio e l’impegno dell’Ingegner Zampini hanno permesso ai nostri giovani talenti di esprimersi e trovare una concreta applicazione per il proprio lavoro, hanno restituito alle migliaia di addetti di Ansaldo Energia l’orgoglio di far parte di un’azienda sana e forte nel suo settore, e in un delicato momento per l’economia mondiale hanno dato al sistema produttivo nazionale una certezza che fa ben sperare per il futuro.
Questa storia ha come protagonista Giuseppe Zampini, ingegnere nucleare classe 1946. Nel 2001 Zampini viene nominato amministratore delegato di Ansaldo Energie e da quel momento sarà alla alla guida della società portandola da un sicuro fallimento fino a un ruolo da protagonista mondiale nel settore della produzione di energia.
La storia inizia quando Zampini riceve un’azienda statale privatizzata, di proprietà dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), prossima al fallimento a causa di un forte indebitamento finanziario e di una scarsissima capacità di generare margini economici. La prima decisione importante è quella di rompere con il passato e di compiere la scelta di non essere subordinati alla politica: Zampini decide di mantenere il ruolo di direttore generale, oltre quello di amministratore delegato, per sottrarre la ricca area delle forniture esterne agli appetiti dei palazzi del potere dato che la rete di fornitori di Ansaldo Energia vale 600 milioni di euro l’anno. La seconda decisione importante è quella di dedicarsi alla marginalità rispetto ai ricavi, scelta a suo dire imposta dalla forte situazione debitoria che affligge Ansaldo nei primi anni del duemila: dismette le attività a scarso profitto per concentrarsi sui settori più redditizi, anche a detrimento del volume dei ricavi aziendali. Terzo passo importante, quello fondamentale, che imprime un’accelerazione verso il rilancio e la crescita, è la volontà di puntare ai brevetti, come lui stesso afferma: “La licenza dei brevetti degli altri ti garantisce un finto senso di tranquillità e uccide la tua fantasia. Oggi abbiamo soltanto tecnologie proprietarie”. A cavallo tra il 2001 e il 2005 Zampini chiude le licenze Alstom e Siemens con le quali Ansaldo produce le sue macchine, passando così dai 15 brevetti depositati tra il 1995 e il 2005, ai 271 nel 2008 fino ad arrivare ai 450 nel 2016. La conferma che la scelta di investire in prima persona nell’innovazione è il motore dello sviluppo giunge oggi, con Ansaldo Energia divenuta un’azienda di primo piano nel settore della produzione di energia in ambito internazionale.
L’idea vincente alla base del successo di questo lungo processo di trasformazione è stata quella di investire nelle attività di ricerca e sviluppo, credendo nella sinergia che può nascere tra il sistema universitario e il mondo delle imprese. I giovani impegnati nella ricerca hanno così trovato uno sbocco concreto per le loro idee senza la necessità di pensare di dover lasciare l’Italia per realizzare i propri progetti. Il coraggio e l’impegno dell’Ingegner Zampini hanno permesso ai nostri giovani talenti di esprimersi e trovare una concreta applicazione per il proprio lavoro, hanno restituito alle migliaia di addetti di Ansaldo Energia l’orgoglio di far parte di un’azienda sana e forte nel suo settore, e in un delicato momento per l’economia mondiale hanno dato al sistema produttivo nazionale una certezza che fa ben sperare per il futuro.
Tratto dall’articolo di Paolo Bricco pubblicato sul numero 154 de “Il Sole 24 Ore” di domenica 11 giugno 2017.
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È MORTO MASSIMO FAGIOLI, L'Equipaggio. Anno 2017
È MORTO MASSIMO FAGIOLI
LA SUA SCOMPARSA FISICA CI SFIDA A TROVARE IN NOI LA SUA SCOPERTA
OVVERO LA FANTASIA DI SPARIZIONE
L'Equipaggio
LA SUA SCOMPARSA FISICA CI SFIDA A TROVARE IN NOI LA SUA SCOPERTA
OVVERO LA FANTASIA DI SPARIZIONE
L'Equipaggio
Il 13 Febbraio 2017 è scomparso Massimo Fagioli, medico specialista in neuropsichiatria, scienziato e artista; contenuti questi che lo hanno messo sullo stesso piano di geni del Rinascimento come Leonardo. In più Fagioli ha dato una connotazione politica a tutta la sua ricerca ritenendo che, come si legge nelle pagine di Left, la sua Teoria della nascita potesse essere alla base di quei processi di trasformazione in grado di dare luce al nuovo pensiero della sinistra. Di fatto, con l’Analisi collettiva ha costruito una prassi clinica - iniziata molti anni prima con gli studi approfonditi sulla percezione delirante - in grado di riconoscere e curare quelle dinamiche malate di annullamento e negazione che allontanano l’uomo dalla sua realtà umana possibile, relegandolo ad una dimensione interna conflittuale, e quindi di castrazione, ritenuta dai più ineliminabile. Parlando della sanità presente alla nascita di ogni essere umano ha posto una fisiologia contrapposta alla patologia della psiche e allo stesso tempo ha superato l’idea freudiana del bambino “polimorfo perverso”: il pensiero umano inizia con la nascita che è atto fisico e psichico insieme. Con questa teorizzazione restituisce il corpo al pensiero, sottraendo il primo da una visione cattolica e il secondo dalla astrazione razionalista.
Nel 1971 pubblica il suo testo teorico fondamentale Istinto di morte e conoscenza, seguito tra il 1974 e il 1975 da La marionetta e il burattino e Teoria della nascita e castrazione umana. Nel Settembre 1975 ha inizio quel lavoro di supervisione presso l’Istituto di Psichiatria dell’Università di Roma La Sapienza da cui avrà origine quella esperienza straordinaria che è l’Analisi collettiva: “Vennero le persone, venne un sacco di gente, decine, poi centinaia e poi migliaia; e io ho risposto e dopo ho abolito completamente le analisi individuali che prima facevo”. La storia narra che mentre la stanza universitaria si svuotava degli psichiatri in formazione, la stessa si riempiva di persone alla ricerca e Massimo fa coincidere l’inizio dell’Analisi collettiva con il momento in cui una donna in fondo alla stanza disse “Ho fatto un sogno”... e lui rispose, costruendo una prassi di cura per la guarigione dalla malattia mentale basata sull’interpretazione dei sogni. Rimarrà all’Università fino al trasferimento dei Seminari in via di Roma Libera nel Settembre del 1980. Nello stesso anno esce il suo quarto libro, Bambino donna e trasformazione dell’uomo, nato proprio dal rapporto con l’Analisi collettiva.
L’inconscio si è liberato da ogni forma di controllo razionale e può librarsi come una farfalla. Sono gli anni in cui con gli analizzandi partecipa a diversi convegni (nel 1990 a Padova e a Lecce), e costruisce la rivista di psichiatria e psicoterapia Il sogno della farfalla (1992); ritorna all’Università di Roma, via Panama prima e l’Aula Magna dopo, nel 1993. Nel 1996 si svolge il convegno di Napoli dal titolo Fantasia di sparizione, formazione dell’immagine e idea della cura: è qui che porta il suo scritto che diventerà la premessa della nuova edizione del quarto libro. Negli anni successivi continuano gli incontri a La Sapienza (nel 2015 si celebra la “Teoria della nascita e ricerca sulla realtà umana: 40 anni di Analisi collettiva”). Dal 2002 al 2012 tiene delle lezioni di psicologia dinamica presso l’Università di Chieti. Il 17 Febbraio del 2006 comincia la sua collaborazione settimanale con Left firmando la rubrica Trasformazione in cui annuncia “una lotta senza armi, soltanto rivoluzione del pensiero e parola”.
Al di là della meravigliosa consistenza delle cose fatte, a noi piace avere memoria di come le ha fatte, con quella fantasia, intraprendenza e passione per la conoscenza che lo hanno caratterizzato. Per questo per noi è stato e rimarrà l’uomo dell’inconscio.
Nel 1971 pubblica il suo testo teorico fondamentale Istinto di morte e conoscenza, seguito tra il 1974 e il 1975 da La marionetta e il burattino e Teoria della nascita e castrazione umana. Nel Settembre 1975 ha inizio quel lavoro di supervisione presso l’Istituto di Psichiatria dell’Università di Roma La Sapienza da cui avrà origine quella esperienza straordinaria che è l’Analisi collettiva: “Vennero le persone, venne un sacco di gente, decine, poi centinaia e poi migliaia; e io ho risposto e dopo ho abolito completamente le analisi individuali che prima facevo”. La storia narra che mentre la stanza universitaria si svuotava degli psichiatri in formazione, la stessa si riempiva di persone alla ricerca e Massimo fa coincidere l’inizio dell’Analisi collettiva con il momento in cui una donna in fondo alla stanza disse “Ho fatto un sogno”... e lui rispose, costruendo una prassi di cura per la guarigione dalla malattia mentale basata sull’interpretazione dei sogni. Rimarrà all’Università fino al trasferimento dei Seminari in via di Roma Libera nel Settembre del 1980. Nello stesso anno esce il suo quarto libro, Bambino donna e trasformazione dell’uomo, nato proprio dal rapporto con l’Analisi collettiva.
L’inconscio si è liberato da ogni forma di controllo razionale e può librarsi come una farfalla. Sono gli anni in cui con gli analizzandi partecipa a diversi convegni (nel 1990 a Padova e a Lecce), e costruisce la rivista di psichiatria e psicoterapia Il sogno della farfalla (1992); ritorna all’Università di Roma, via Panama prima e l’Aula Magna dopo, nel 1993. Nel 1996 si svolge il convegno di Napoli dal titolo Fantasia di sparizione, formazione dell’immagine e idea della cura: è qui che porta il suo scritto che diventerà la premessa della nuova edizione del quarto libro. Negli anni successivi continuano gli incontri a La Sapienza (nel 2015 si celebra la “Teoria della nascita e ricerca sulla realtà umana: 40 anni di Analisi collettiva”). Dal 2002 al 2012 tiene delle lezioni di psicologia dinamica presso l’Università di Chieti. Il 17 Febbraio del 2006 comincia la sua collaborazione settimanale con Left firmando la rubrica Trasformazione in cui annuncia “una lotta senza armi, soltanto rivoluzione del pensiero e parola”.
Al di là della meravigliosa consistenza delle cose fatte, a noi piace avere memoria di come le ha fatte, con quella fantasia, intraprendenza e passione per la conoscenza che lo hanno caratterizzato. Per questo per noi è stato e rimarrà l’uomo dell’inconscio.
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ELENA FERRANTE, di Valeria Amato. Anno 2017
ELENA FERRANTE
Valeria Amato
Valeria Amato
“Non domandatemi chi sono, e non chiedetemi di restare lo stesso: è una morale da stato civile; regna sui nostri documenti. Ci lasci almeno liberi quando si tratta di scrivere”.
Lo scorso 2 ottobre 2016, Il Sole 24 ORE ha pubblicato un articolo firmato Claudio Gatti e intitolato “Ecco la vera identità di Elena Ferrante” in cui, spacciando per inchiesta “evidenze documentali che danno un contributo senza precedenti all’opera d’identificazione della misteriosa scrittrice”, ha agito una vera e propria aggressione nei confronti di una donna colpevole di versare nelle parole l’intero suo corpo, di non scegliere la via autobiografica per raccontarsi, ma di utilizzare le proprie esperienze di vita per nutrire di verità l’invenzione letteraria e, per questo, incantare.
Movimento, quello del corpo, ed espressione, quella delle parole, talmente in armonia col proprio sentire, in linea con il tempo del divenire, che con il loro incedere sonoro ed elegante non potevano passare inosservati alle sfingi che da sempre tentano di incenerire tutto ciò che non è razionale - Ah, la razionalità con i suoi numerosi limiti! Ah, l’irrazionale con le sue continue pretese! -
Aggressione, dunque, all’identità e alla fantasia di chi scrive e di chi legge, al rapporto intimo, potente e spudoratamente invisibile tra i due, aggressione alla “ricerca dell’umano che avviene proprio attraverso il linguaggio”. E allora sì che per coloro che sono inchiodati ad un nome e un volto, dati in pasto ad una cultura approssimativa e vorace, che vuole appropriarsi della grandezza dell’altro mangiandoselo, Elena Ferrante non è chi dice di essere. Figlia di una sarta napoletana o di una donna ebrea sfuggita all’Olocausto? Donna indipendente e creativa o moglie di un noto scrittore? Scrittrice di valore o prodotto editoriale dalle uova d’oro, perché avvolta nel mistero? Per fortuna, colei che qui scrive non vuole restare ferma alla denuncia “e/o” rimanere legata ad un linguaggio che rinuncia al primo vagito: la diversità. Allo stesso modo di chi legge, che accogliendo tale richiesta, risponderà certamente a questa esigenza di vita, un giorno forse esigenza di identità. Per fortuna c’è Elena Ferrante, che ha imparato presto ad avere la massima concentrazione nel massimo disturbo. E per fortuna c’è L’amica geniale a ricordare che guardare non equivale a vedere: si può rimanere paralizzati senza trovare altre strade che mettano in contatto con la propria curiosità di bambini, oppure fare come l’eroe della Mancha tenendosi sempre pronti “per un tempo nuovo, per un fare diverso, per il prossimo amore”.
Davanti all’accecante luminosità dell’inchiesta condotta da Gatti, per la quale è stato utilizzato il metodo che gli americani chiamano follow the money (segui i soldi) - e pertanto condotta con l’analisi dei bilanci di edizioni e/o ovvero l’analisi dei redditi della presunta Ferrante durante gli anni di pubblicazione della tetralogia de L’amica geniale, l’analisi dei compensi versati dalla casa editrice alla scrittrice - la domanda è: perché questa caccia all’identità condotta come caccia alla strega? E perché proprio adesso questa inchiesta che tra l’altro ha sollevato questioni che riguardano anche l’informazione, il modo di fare giornalismo, la percezione, l’essenza e, in questo caso, l’assenza di professionalità e correttezza? Con giochi di parole brillanti, l’articolo è stato fatto passare come un dovere compiuto verso il cittadino - ignaro lettore – nello smascherare le carte (supposte) false della scrittrice. Chi ha mai detto che L’amica geniale è un’autobiografia? È falsa colei che, attraverso una fantasia interna, ha tutto il diritto di raccontarsi come meglio crede, e nel fare questo generare fermento, alimentare immagini belle della nostra infanzia e adolescenza, mostrare quando scrivere e leggere sono una prestazione e quando, trasformandosi in musica, alimentano nuovi modi di essere? Oppure il falso è colui che, sordo a quella matematica degli affetti, non sapendo fare la differenza tra realtà interna e realtà materiale, sacrifica la fantasia alla concretezza ideologica dei ragionamenti che divora e uccide quelle immagini, unicamente perché non è in grado di comprenderle?
Allora sì che, in questa ottica distorta Elena Ferrante è una strega e occorre stanarla; non è chi dice di essere, è una bugiarda e occorre punirla; ha sedotto i lettori con bugie sulla sua identità, occorre cercare il maligno e cacciarlo dal suo corpo: vecchia storia, questa, che si ripresenta puntuale ogni volta che una donna con la propria realtà umana mette in crisi e infuoca, costringendo “saldamente l’Uomo ad una prassi, cioè ad un movimento in armonia col proprio sentire, in cui forte è il rapporto con il tempo”?!
Sono stati molti i quotidiani europei e di oltreoceano che, di fronte a tale stortura mentale, a tale abuso, hanno espresso la loro vicinanza umana ed etica alla scrittrice con lettere e articoli sulle rispettive prime pagine. Da San Francisco, SALON: “La rivelazione del nome dell’enigmatica scrittrice italiana Elena Ferrante ha lasciato molte persone con un senso di nausea, me incluso”. Da Parigi, Le Monde: “Non ha mai giocato con il suo ritiro volontario né mentito sulla sua identità”. Da Londra, The Guardian: “Dire genio non è abbastanza. Se scoprissi oggi che lei è in realtà un lui, direi la stessa cosa, per questa scrittrice che ci ha dato un tale universo di parole. Spero solo che questo tentativo di annullarla con una sporca inchiesta sia solo una brutta sotto-trama. Resta però una cosa: se vuoi sapere chi sia Elena Ferrante, c’è un modo molto semplice per scoprirlo. Leggi i suoi libri”.
Allora perché un quotidiano italiano come Il sole 24 ORE ha scelto di condurre questa caccia, proprio in casa nostra, piuttosto che un’inchiesta sul perché Elena Ferrante - nonostante nel 2015 avesse tutte le caratteristiche per vincerlo il Premio Strega e assestare finalmente un colpo all’ancien régime - è arrivata terza dietro Mondadori e Giunti, portando Sandro Veronesi a minacciare addirittura di dimettersi come giurato, in caso di vittoria di Storia della bambina perduta? - “Se decidi di non esistere allora non vai allo Strega” - Eppure, il New York Times qualche giorno dopo la vittoria di Nicola Lagioia (La ferocia, edito da Mondadori) ha recensito la Ferrante entusiasticamente inserendola tra le cento personalità più influenti nel mondo, unendosi al sostegno de la Repubblica: “Se si premiasse il valore, non ci sarebbe dubbio”.
Scrivere della verità - cercando la stessa nel divenire di una storia, dei suoi interpreti, nei luoghi in cui nascono, crescono, si evolvono, come fa la Ferrante nelle sue infinite variazioni di tempi e di toni - non è cosa di poco conto soprattutto se parte da una donna che reclama a viva voce un’appartenenza umana, il fluire di un tempo interno vissuto dal corpo nel rapporto con il mondo; ecco che chi vive in preda al dubbio attacca quel corpo femminile dal movimento fiero, quel corpo dove ciò che viene tacciato come maligno altro non è che forza e contrazione in grado di suscitare desiderio e movimento.
E se al Premio Strega hanno sempre vinto i grandi gruppi, edizioni e/o continua la sua traversata di casa editrice indipendente che non si presta a fare da stampella nel clima di torpore che si respira tra le pagine dei colossi. Tanto che anche in questa occasione è scesa in campo a difendere l’identità dell’autrice de L’amica geniale, e tutti coloro che l’hanno amata e per questo attesa, la storia e la donna, libro dopo libro. Sandro Ferri e Sandra Ozzola, editori di e/o, hanno immediatamente replicato: “Questo tipo di giornalismo è disgustoso. Indaga nella privacy e tratta le scrittrici come camorriste. Adesso si finisce anche per guardare nei conti. È un assedio senza tregua, una mancanza di rispetto nei confronti di una persona che non vuole apparire. Ai lettori, alla nostra autrice e a tutti coloro che le hanno espresso solidarietà, va tutto il nostro impegno quotidiano e la nostra gratitudine”.
Difesa che non si è espressa attraverso vie legali e oratoria ben confezionata, bensì attraverso le voci di Nino, Rino, Stefano Carracci, i fratelli Solara, Carmela, Enzo Scanno, Gigliola, Marisa, Pasquale, Antonio, la Galiani, tutti personaggi nati dalla penna di Elena Ferrante, amati e temuti per il loro essere diretti, con qualità umane tutt’altro che anonime. Anonimato che se per Roberto Saviano equivale ad un obbligo, “non metterci la faccia e il corpo per potere scrivere di verità difficili (...) perché le cose dette sono talmente personali che aggiungere carne e sangue vorrebbe dire rinunciare all’autenticità del racconto o morirne”, per Elena - quella dello pseudonimo e di non apparire in pubblico - equivale ad una scelta tutt’altro che anonima, per ribadire in modo forte e chiaro che “il protagonismo nasconde, non svela, trucca la prassi democratica. Sarebbe bello invece che, non tra qualche mese o anno, ma ora potessimo valutare con chiarezza cosa ci viene apparecchiato ed evitare disastri. Invece abbiamo non opere da esaminare ma facce, che fuori dal clamore televisivo sono per loro natura tutte come quella dello Shakespeare di Frye, sia che abbiano scritto Re Lear, sia che ci abbiano imbonito il Jobs Act. Io, successo o no, della mia so abbastanza per decidere di tenermela per me”. Una scelta coraggiosa che tutela la scrittura garantendole uno spazio autonomo, lontano dalle logiche dei media come del mercato, e in cui dimora una visione della vita in cui al pensiero della differenza si aggiunge la buona riuscita di sé, che mai è misurata furbescamente sulla buona riuscita della pagina scritta.
Ha mai fatto la differenza sapere se Italo Svevo, Pablo Neruda o Stendhal fossero i loro veri nomi oppure no? Italo Svevo scelse questo pseudonimo come omaggio alla sua storia e alle sue radici che erano sia italiane che tedesche; Pablo Neruda scelse il suo per omaggiare il poeta cecoslovacco Jan Neruda; lo stesso dicasi per lo scrittore francese Stendhal, il cui nome di battesimo era Marie-Henri Beyle. “Non è il colore delle calze di Leopardi e nemmeno il suo conflitto con l’immagine paterna che ci aiuta a comprendere la potenza dei suoi versi. La via biografica non porta al genio di un’opera, è solo una microstoria di contorno. O, per dirla al modo di Northrop Frye, la dirompente energia immaginativa del Re Lear non è minimamente scalfita dal fatto che di Shakespeare ci restano solo un paio di firme, un testamento, un certificato di battesimo e il ritratto di un tale con l’aspetto dell’imbecille. Il corpo vivo di Shakespeare (immaginazione, creatività, pulsioni, ansie, ma anche direi fonazione, umori, reattività nervosa) agirà per sempre da dentro Re Lear. Il resto è curiosità, pubblicazioni per gerarchie accademiche, guerre e guerricciole per la visibilità sul mercato della cultura ”.
Mercato della cultura, come oggi è diventato per esempio il Premio Strega, del quale e nel quale il parolaio, o “Amico della domenica”, rimane prigioniero, talmente è in cerca di conforti, imbonimenti, padrini, mostri da sbattere in prima pagina, che dimentica quanto la lingua possa essere ricca e appassionata, coinvolgere e far volgere lo sguardo verso un’azione formativa e liberatrice, secondo il pensiero che “il vagito di civiltà è l’intuizione della propria dignità, che si accompagna sempre al bisogno di cambiare”. E allora, in questa visione, il cambiamento è un trucco retorico o potrebbe essere una vera e propria rivoluzione politica e culturale?
A tal proposito, sovviene la lettera di Saviano a Elena Ferrante in occasione delle candidature al Premio Strega 2015; un’esortazione a partecipare affinché questo premio, tutto italiano, torni ad essere autentico e non solo uno scambio di voti e favori. “Non mi illudo che la tua partecipazione cambi le regole di punto in bianco, ma potrebbe iniziare a rompere degli equilibri, anche per il dibattito che attorno a te nascerebbe. La tua presenza farebbe entrare acqua fresca in un pozzo a lungo stagnante. (...) È ora di creare attenzione e dibattito sui libri, che si provi a dare centralità a qualcosa che può vincere solo se torna a nutrire entusiasmi. È il momento, Elena. Possiamo provare a sparigliare (...) e rendere il risultato imprevedibile. Da Amico della domenica, ossia da votante del Premio Strega, ti presenterò volentieri, ma posso farlo solo a due condizioni: il tuo consenso e un altro Amico della domenica disposto a presentarti con me, perché per regolamento dobbiamo essere in due. Io ci sono e attendo”.
Ma si sa che un conto è invitare qualcuno a partecipare, vivere con noi un’esperienza lieta e gradita, a scopo di ricerca, un conto è esortarlo a ‘sparigliare’, fare rissa dentro una gabbia in cui regna sovrana l’impotenza di coloro che sono sempre pronti a scatenare un’aggressione al bello, pur di “imporre il proprio salvifico eterno salvagente e fare a pezzi quello degli altri”. Risposta, e non cedimento, quella della Ferrante che, in merito al consenso per la candidatura, ribadisce quanto proporla sia un diritto del lettore e quanto i suoi libri non siano mai rimasti una questione privata ma, anzi, dal momento in cui sono stati pubblicati, li ha sempre ritenuti liberi di andare dovunque li volessero i lettori. “L’essenziale è che io non debba andare con loro. Non li porto al guinzaglio, e al guinzaglio non mi lascio portare. Ci siamo separati definitivamente con la pubblicazione. Il principio a cui mi affido da ventitré anni è che, tra avventure e disavventure, cortesie e villanie, essi devono cercarsi da soli una loro strada. Vadano intanto a tutti i premi d’Italia, non ho preclusioni e nemmeno ansie, sono candidati loro, io sicuramente no. Questo per dire che stimo te e i tuoi libri, sono contenta che tu abbia letto uno dei miei e che voglia schierarlo in una minuscola battaglia culturale, ma è inutile chiedermi il permesso. Nessun lettore scrive per avere il mio consenso, se deve usare L’amica geniale per tenere in piedi un tavolo cui s’è spezzata una gamba. Il puro e semplice fatto che il libro sia finito in casa sua, a portata di mano, e che ora gli appartenga lo autorizza a farne ciò che gli pare”.
Tavolo che la Ferrante equipara al Premio Strega, con gambe divorate dai tarli, su cui i giochi sono fatti sempre più spesso con un anno o due di anticipo dai tanti “Amici della domenica” per i quali la qualità dei singoli libri in gara conta assai meno della loro etichetta editoriale e delle buone relazioni di chi li firma. Tavolo di vincitori e vinti ‘di’ e ‘da’ quelle parole che scappano e, offrendosi al pubblico nella forma migliore, con pensieri adeguati al ruolo di fard e foulard, finiscono per apparire sepolcri vuoti.
“Ma allora, se le cose stanno così, perché vuoi candidare L’amica geniale? La sua casa editrice non è potente e quindi non organizzerà alcun party né raccatterà voti porta a porta, numero di telefono per numero di telefono. Quanto a me, non figurerò a feste di nessun genere, non intratterrò anche nei giorni feriali Amici e Amiche della domenica, non sfoggerò un marito o fidanzato potente, non mi guadagnerò in abiti sobri o estrosi un servizio fotografico e la copertina di qualche magazine. Per di più in concorso finirà il quarto volume dell’Amica geniale, che risulterà di ardua lettura persino agli Amici più volenterosi, se non leggeranno anche i tre volumi precedenti, cioè una storia lunga ben millesettecento pagine. Che possibilità ha dunque L’amica di entrare in cinquina? Che possibilità ha di vincere?
Ma tu giustamente non parli né di cinquina né di vittoria, ma di ‘sparigliare le carte’, espressione da tavolo da gioco che mi attrae. Per te, mi pare, candidare L’amica geniale significa nella sostanza non tanto vincere o perdere, quanto disfare lo schema solito del premio, irrompere nel rito di una gara sempre più finta, mettere su un happening che scompagini e scompagni. Se infatti una parte non irrilevante di Amici a disagio arriverà a dare il premio al quarto volume dell’Amica, bene, si potrà dire che i libri sono stati una volta tanto sottratti ai giochi già fatti, o che almeno, a partire dall’anno venturo, anche la piccola editoria potrà considerarsi cooptata nella turnazione della grande, questo specialmente se la vecchia conflittualità tra i marchi che contano scemerà in seno al colosso Mondadori-Rizzoli e i turni potranno essere imposti con funeraria disciplina monopolistica. Se invece l’Amica, secondo la prassi consueta, non entrerà nemmeno in cinquina, benissimo, si potrà dire definitivamente, senza ombra di dubbio, che lo Strega così com’è è irriformabile e che quindi va buttato per aria. In entrambi i casi l’uso del mio libro consisterà nel tenere in piedi per un altro anno un tavolo tarlato, in attesa di vedere se restaurarlo o buttarlo.
Consento con questo ruolo, voglio contribuire a sparigliare? Devo dire, in tutta onestà, che non avevo messo in conto, mentre scrivevo, che il quarto volume dell’Amica geniale potesse avere una funzione di questo tipo, ma tutto sommato non mi dispiace. D’altra parte se anche mi dispiacesse, il mio dispiacere, come ho cercato di dire, conterebbe zero. Il libro è fuori da tempo, da tempo ha un pubblico e da tempo quindi, per quel che mi riguarda, tutti i suoi possibili usi sono consentiti. Anche se, più di ogni altro, preferisco l’uso per cui è nato. È giusto e urgente, a volte, sparigliare le carte, ma le carte è ancora più giusto leggerle e farle leggere. La mia piccola polemica che dura da vent’anni tende soprattutto a questo. Grazie per questa chiacchierata scritta. Con affetto, Elena”.
Parole, quelle di Elena, che attraversano chi ‘sa’ e ‘vuole’ ascoltare per conoscere e sapere. Parole che raccontano la differenza tra chi scrive per denunciare e, in qualità di testimone, operare dentro un sistema fatto di rapporti con chiese di appartenenza, e chi, non avendo alcuna intenzione di irrompere in tale fiera, pena mistificare la cultura con la denuncia da vendere, scrive per portare fuori. Un dono, la lettera di Elena, che ha soltanto la scrittura delle persone limpide, le “nuove sarte sempre pronte a combattere l’errore dell’informe”. Affetto, quello di Elena, che mostra come il caso può trasformarsi in necessità interiore, scrittura, estasi, che “non è sentire il soffio della parola che si libera della carne, ma la carne che fa tutt’uno col soffio delle parole”. E se ‘sparigliare’ fa parte di quell’ammasso di parole calzate per nascondere l’angoscia davanti al diverso, rende prigionieri tanto quanto vuole imprigionare l’altro, leggerle e farle leggere, le carte, vuol dire fare ricerca e vivere quel rito in cui, scegliendo di buttare via la bella copia per salvare la brutta, se questa assicura maggiore autenticità, da lettore ci si scopre “spettattore”.
E allora ben venga la scelta di rappresentarsi attraverso uno pseudonimo, di scegliere di non apparire in pubblico, se lo scrivere tocca ogni punto del corpo e il leggere, non “con l’urgenza di rintracciare un passo da citare”, conduce a cercare l’autore nelle pagine che ne portano la firma. Si è così spesso abituati a ricavare dalla vita privata dell’autore la coerenza delle opere, che tornare a considerare la qualità di un libro dalla storia che propone può rappresentare l’occasione onesta di re-imparare a leggere, appassionarsi all’odore della carta, all’energia delle parole: movimento non solo degli occhi che scorrono le pagine ma di tutto il corpo che apprende dalle opere la coerenza del loro autore.
“Oggi la cosa che temo di più è la perdita dello spazio creativo del tutto anomalo che mi pare di aver scoperto. Non è poco scrivere sapendo di poter orchestrare per i lettori non solo una storia, personaggi, sentimenti, paesaggi, ma la propria figura di autrice, la più vera perché fatta di sola scrittura, di pura esplorazione tecnica di una possibilità. Ecco perché o resto Ferrante o non pubblico più”. E dunque, alcuna presentazione e alcun dibattito o cerimonie per ritirare premi: se il libro vale qualcosa è sufficiente. Una scelta fatta nel 1991 e portata avanti fino ad oggi attraverso Elena (La frantumaglia), Delia (L’amore molesto), Olga (I giorni dell’abbandono), Leda (La figlia oscura), Lenù e Lila (L’amica geniale); sì madri, figlie, amiche, spose, amanti, ma prima di tutto donne. Donne fragili, testarde, dirette e determinate, che parlano di sé con dignità e senza ipocrisia a chi vuole e si pone in ascolto di storie che, anche tra mille contraddizioni, hanno tutte una loro preziosa umanità, alla quale noi lettori siamo chiamati fin dal momento in cui ne veniamo in contatto, pronti a difendere se una volta finito il libro ne restiamo coinvolti.
Ed è proprio in qualità di lettore, alla ricerca della “fisionomia nuda che resta in ogni parola efficace”, che mi rivolto e mi rivolgo a tutti coloro che si arrovellano su questioni di ‘identità’, spacciando per inchiesta una pietosa manipolazione per chiedere: “Perché non fare una inchiesta autentica che, partendo proprio da dati statistici alla mano, indaghi sul perché oggi l’editoria indipendente quasi non esiste più o, se esiste, viene messa alla gogna piuttosto che riconosciuta per il suo coraggio e per la vividezza della sua ricerca etica?”. Non credete “che sarebbe bella un’iniziativa giornalistica che azzerasse tutto e dicesse al pubblico: leggetevi i libri, guardatevi i film, andate a teatro, ascoltate musica e costruitevi le vostre preferenze sulla base delle opere e non della messinscena redazionale dei quotidiani, dei rotocalchi, delle tv?” . Ma soprattutto, ora che la caccia alla strega si è compiuta, “mentre la vecchia politica si rifà il trucco e il nuovo che dovremmo sostenere non si capisce dov’è”, vogliamo poter sentire cosa accade quando l’identità di una donna - di “una donna che scrive quando ne ha voglia e pubblica quando non si vergogna troppo del risultato” - incanta tanto da far bruciare e dare forma ad un corpo vivo, sano, forte, bello, che coinvolge e stravolge, forse ossessiona, ma di certo non toglie. Equivarrebbe a mettere in crisi il vecchio sistema, seppur decoroso e funzionante, e offrirgli le basi per un possibile futuro. Sarebbe restituire centralità alla pagina scritta - lasciando fuori chiacchiere e strategie espressive a scopo promozionale - che dal luogo intimo del sentire comunica con il mondo essendo “con il proprio linguaggio e per il proprio linguaggio”.
È vero, non è semplice sostenere la distanza che spesso separa le differenziazioni, ma quante cose preziose accadono durante e in quella distanza, tanto che quando ci mettiamo a misurarla perdiamo di vista la scrittura delle emozioni, la sonorità del respiro, il nostro volto, quello dell’altro, e la possibilità di restituire densità e spessore a ciò che, dapprima, sentiamo come trasparenza e poi tocchiamo come corpo vivo. Corpo… il solo che può muovere alla scrittura, non per dimostrare un’idea che già abbiamo, ma per permettere a qualcosa di sconosciuto di prendere forma nello spazio bianco dal quale muoviamo, nel quale è necessario perdersi, rischiando di divenire noi stessi opera. E allora, a tutti coloro che hanno trovato ‘usuale’ e ‘affascinante’ questa inchiesta, a tutti coloro che si sono abituati e arresi a questa forma di giornalismo impotente e sterile, astratto dal contesto umano dei diritti, delle libertà e dei principi, e che per questo ha di sua costituzione ridotte aspirazioni etiche e maggiori richiami al gossip, ora chiedo di tacere.
Milan Kundera direbbe: “È una vecchia utopia rivoluzionaria, fascista o comunista, quella di una vita senza segreti”. Nel 1964 Italo Calvino, nella lettera a Germana Pescio Bottino, una studiosa che chiedeva informazioni personali scriveva: “Dati biografici: io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere. (Quando contano, naturalmente.) Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all’altra. Mi chieda pure quello che vuol sapere e glielo dirò. Ma non Le dirò mai la verità, di questo può star sicura”. Oggi, ad un giornalista che le chiede, “Insomma, si può sapere lei chi è?”, Elena risponde: “Elena Ferrante. Ho pubblicato sei libri in venti anni. Non è sufficiente?”.
SITI CONSULTATI
www.corriere.it; www.diregiovani.it; www.ilpost.it; www.ilsole24ore.it; www.lastampa.it; www.lemonde.fr; www.repubblica.it; www.rivistastudio.com; www.salon.com; www.theguardian.com
Lo scorso 2 ottobre 2016, Il Sole 24 ORE ha pubblicato un articolo firmato Claudio Gatti e intitolato “Ecco la vera identità di Elena Ferrante” in cui, spacciando per inchiesta “evidenze documentali che danno un contributo senza precedenti all’opera d’identificazione della misteriosa scrittrice”, ha agito una vera e propria aggressione nei confronti di una donna colpevole di versare nelle parole l’intero suo corpo, di non scegliere la via autobiografica per raccontarsi, ma di utilizzare le proprie esperienze di vita per nutrire di verità l’invenzione letteraria e, per questo, incantare.
Movimento, quello del corpo, ed espressione, quella delle parole, talmente in armonia col proprio sentire, in linea con il tempo del divenire, che con il loro incedere sonoro ed elegante non potevano passare inosservati alle sfingi che da sempre tentano di incenerire tutto ciò che non è razionale - Ah, la razionalità con i suoi numerosi limiti! Ah, l’irrazionale con le sue continue pretese! -
Aggressione, dunque, all’identità e alla fantasia di chi scrive e di chi legge, al rapporto intimo, potente e spudoratamente invisibile tra i due, aggressione alla “ricerca dell’umano che avviene proprio attraverso il linguaggio”. E allora sì che per coloro che sono inchiodati ad un nome e un volto, dati in pasto ad una cultura approssimativa e vorace, che vuole appropriarsi della grandezza dell’altro mangiandoselo, Elena Ferrante non è chi dice di essere. Figlia di una sarta napoletana o di una donna ebrea sfuggita all’Olocausto? Donna indipendente e creativa o moglie di un noto scrittore? Scrittrice di valore o prodotto editoriale dalle uova d’oro, perché avvolta nel mistero? Per fortuna, colei che qui scrive non vuole restare ferma alla denuncia “e/o” rimanere legata ad un linguaggio che rinuncia al primo vagito: la diversità. Allo stesso modo di chi legge, che accogliendo tale richiesta, risponderà certamente a questa esigenza di vita, un giorno forse esigenza di identità. Per fortuna c’è Elena Ferrante, che ha imparato presto ad avere la massima concentrazione nel massimo disturbo. E per fortuna c’è L’amica geniale a ricordare che guardare non equivale a vedere: si può rimanere paralizzati senza trovare altre strade che mettano in contatto con la propria curiosità di bambini, oppure fare come l’eroe della Mancha tenendosi sempre pronti “per un tempo nuovo, per un fare diverso, per il prossimo amore”.
Davanti all’accecante luminosità dell’inchiesta condotta da Gatti, per la quale è stato utilizzato il metodo che gli americani chiamano follow the money (segui i soldi) - e pertanto condotta con l’analisi dei bilanci di edizioni e/o ovvero l’analisi dei redditi della presunta Ferrante durante gli anni di pubblicazione della tetralogia de L’amica geniale, l’analisi dei compensi versati dalla casa editrice alla scrittrice - la domanda è: perché questa caccia all’identità condotta come caccia alla strega? E perché proprio adesso questa inchiesta che tra l’altro ha sollevato questioni che riguardano anche l’informazione, il modo di fare giornalismo, la percezione, l’essenza e, in questo caso, l’assenza di professionalità e correttezza? Con giochi di parole brillanti, l’articolo è stato fatto passare come un dovere compiuto verso il cittadino - ignaro lettore – nello smascherare le carte (supposte) false della scrittrice. Chi ha mai detto che L’amica geniale è un’autobiografia? È falsa colei che, attraverso una fantasia interna, ha tutto il diritto di raccontarsi come meglio crede, e nel fare questo generare fermento, alimentare immagini belle della nostra infanzia e adolescenza, mostrare quando scrivere e leggere sono una prestazione e quando, trasformandosi in musica, alimentano nuovi modi di essere? Oppure il falso è colui che, sordo a quella matematica degli affetti, non sapendo fare la differenza tra realtà interna e realtà materiale, sacrifica la fantasia alla concretezza ideologica dei ragionamenti che divora e uccide quelle immagini, unicamente perché non è in grado di comprenderle?
Allora sì che, in questa ottica distorta Elena Ferrante è una strega e occorre stanarla; non è chi dice di essere, è una bugiarda e occorre punirla; ha sedotto i lettori con bugie sulla sua identità, occorre cercare il maligno e cacciarlo dal suo corpo: vecchia storia, questa, che si ripresenta puntuale ogni volta che una donna con la propria realtà umana mette in crisi e infuoca, costringendo “saldamente l’Uomo ad una prassi, cioè ad un movimento in armonia col proprio sentire, in cui forte è il rapporto con il tempo”?!
Sono stati molti i quotidiani europei e di oltreoceano che, di fronte a tale stortura mentale, a tale abuso, hanno espresso la loro vicinanza umana ed etica alla scrittrice con lettere e articoli sulle rispettive prime pagine. Da San Francisco, SALON: “La rivelazione del nome dell’enigmatica scrittrice italiana Elena Ferrante ha lasciato molte persone con un senso di nausea, me incluso”. Da Parigi, Le Monde: “Non ha mai giocato con il suo ritiro volontario né mentito sulla sua identità”. Da Londra, The Guardian: “Dire genio non è abbastanza. Se scoprissi oggi che lei è in realtà un lui, direi la stessa cosa, per questa scrittrice che ci ha dato un tale universo di parole. Spero solo che questo tentativo di annullarla con una sporca inchiesta sia solo una brutta sotto-trama. Resta però una cosa: se vuoi sapere chi sia Elena Ferrante, c’è un modo molto semplice per scoprirlo. Leggi i suoi libri”.
Allora perché un quotidiano italiano come Il sole 24 ORE ha scelto di condurre questa caccia, proprio in casa nostra, piuttosto che un’inchiesta sul perché Elena Ferrante - nonostante nel 2015 avesse tutte le caratteristiche per vincerlo il Premio Strega e assestare finalmente un colpo all’ancien régime - è arrivata terza dietro Mondadori e Giunti, portando Sandro Veronesi a minacciare addirittura di dimettersi come giurato, in caso di vittoria di Storia della bambina perduta? - “Se decidi di non esistere allora non vai allo Strega” - Eppure, il New York Times qualche giorno dopo la vittoria di Nicola Lagioia (La ferocia, edito da Mondadori) ha recensito la Ferrante entusiasticamente inserendola tra le cento personalità più influenti nel mondo, unendosi al sostegno de la Repubblica: “Se si premiasse il valore, non ci sarebbe dubbio”.
Scrivere della verità - cercando la stessa nel divenire di una storia, dei suoi interpreti, nei luoghi in cui nascono, crescono, si evolvono, come fa la Ferrante nelle sue infinite variazioni di tempi e di toni - non è cosa di poco conto soprattutto se parte da una donna che reclama a viva voce un’appartenenza umana, il fluire di un tempo interno vissuto dal corpo nel rapporto con il mondo; ecco che chi vive in preda al dubbio attacca quel corpo femminile dal movimento fiero, quel corpo dove ciò che viene tacciato come maligno altro non è che forza e contrazione in grado di suscitare desiderio e movimento.
E se al Premio Strega hanno sempre vinto i grandi gruppi, edizioni e/o continua la sua traversata di casa editrice indipendente che non si presta a fare da stampella nel clima di torpore che si respira tra le pagine dei colossi. Tanto che anche in questa occasione è scesa in campo a difendere l’identità dell’autrice de L’amica geniale, e tutti coloro che l’hanno amata e per questo attesa, la storia e la donna, libro dopo libro. Sandro Ferri e Sandra Ozzola, editori di e/o, hanno immediatamente replicato: “Questo tipo di giornalismo è disgustoso. Indaga nella privacy e tratta le scrittrici come camorriste. Adesso si finisce anche per guardare nei conti. È un assedio senza tregua, una mancanza di rispetto nei confronti di una persona che non vuole apparire. Ai lettori, alla nostra autrice e a tutti coloro che le hanno espresso solidarietà, va tutto il nostro impegno quotidiano e la nostra gratitudine”.
Difesa che non si è espressa attraverso vie legali e oratoria ben confezionata, bensì attraverso le voci di Nino, Rino, Stefano Carracci, i fratelli Solara, Carmela, Enzo Scanno, Gigliola, Marisa, Pasquale, Antonio, la Galiani, tutti personaggi nati dalla penna di Elena Ferrante, amati e temuti per il loro essere diretti, con qualità umane tutt’altro che anonime. Anonimato che se per Roberto Saviano equivale ad un obbligo, “non metterci la faccia e il corpo per potere scrivere di verità difficili (...) perché le cose dette sono talmente personali che aggiungere carne e sangue vorrebbe dire rinunciare all’autenticità del racconto o morirne”, per Elena - quella dello pseudonimo e di non apparire in pubblico - equivale ad una scelta tutt’altro che anonima, per ribadire in modo forte e chiaro che “il protagonismo nasconde, non svela, trucca la prassi democratica. Sarebbe bello invece che, non tra qualche mese o anno, ma ora potessimo valutare con chiarezza cosa ci viene apparecchiato ed evitare disastri. Invece abbiamo non opere da esaminare ma facce, che fuori dal clamore televisivo sono per loro natura tutte come quella dello Shakespeare di Frye, sia che abbiano scritto Re Lear, sia che ci abbiano imbonito il Jobs Act. Io, successo o no, della mia so abbastanza per decidere di tenermela per me”. Una scelta coraggiosa che tutela la scrittura garantendole uno spazio autonomo, lontano dalle logiche dei media come del mercato, e in cui dimora una visione della vita in cui al pensiero della differenza si aggiunge la buona riuscita di sé, che mai è misurata furbescamente sulla buona riuscita della pagina scritta.
Ha mai fatto la differenza sapere se Italo Svevo, Pablo Neruda o Stendhal fossero i loro veri nomi oppure no? Italo Svevo scelse questo pseudonimo come omaggio alla sua storia e alle sue radici che erano sia italiane che tedesche; Pablo Neruda scelse il suo per omaggiare il poeta cecoslovacco Jan Neruda; lo stesso dicasi per lo scrittore francese Stendhal, il cui nome di battesimo era Marie-Henri Beyle. “Non è il colore delle calze di Leopardi e nemmeno il suo conflitto con l’immagine paterna che ci aiuta a comprendere la potenza dei suoi versi. La via biografica non porta al genio di un’opera, è solo una microstoria di contorno. O, per dirla al modo di Northrop Frye, la dirompente energia immaginativa del Re Lear non è minimamente scalfita dal fatto che di Shakespeare ci restano solo un paio di firme, un testamento, un certificato di battesimo e il ritratto di un tale con l’aspetto dell’imbecille. Il corpo vivo di Shakespeare (immaginazione, creatività, pulsioni, ansie, ma anche direi fonazione, umori, reattività nervosa) agirà per sempre da dentro Re Lear. Il resto è curiosità, pubblicazioni per gerarchie accademiche, guerre e guerricciole per la visibilità sul mercato della cultura ”.
Mercato della cultura, come oggi è diventato per esempio il Premio Strega, del quale e nel quale il parolaio, o “Amico della domenica”, rimane prigioniero, talmente è in cerca di conforti, imbonimenti, padrini, mostri da sbattere in prima pagina, che dimentica quanto la lingua possa essere ricca e appassionata, coinvolgere e far volgere lo sguardo verso un’azione formativa e liberatrice, secondo il pensiero che “il vagito di civiltà è l’intuizione della propria dignità, che si accompagna sempre al bisogno di cambiare”. E allora, in questa visione, il cambiamento è un trucco retorico o potrebbe essere una vera e propria rivoluzione politica e culturale?
A tal proposito, sovviene la lettera di Saviano a Elena Ferrante in occasione delle candidature al Premio Strega 2015; un’esortazione a partecipare affinché questo premio, tutto italiano, torni ad essere autentico e non solo uno scambio di voti e favori. “Non mi illudo che la tua partecipazione cambi le regole di punto in bianco, ma potrebbe iniziare a rompere degli equilibri, anche per il dibattito che attorno a te nascerebbe. La tua presenza farebbe entrare acqua fresca in un pozzo a lungo stagnante. (...) È ora di creare attenzione e dibattito sui libri, che si provi a dare centralità a qualcosa che può vincere solo se torna a nutrire entusiasmi. È il momento, Elena. Possiamo provare a sparigliare (...) e rendere il risultato imprevedibile. Da Amico della domenica, ossia da votante del Premio Strega, ti presenterò volentieri, ma posso farlo solo a due condizioni: il tuo consenso e un altro Amico della domenica disposto a presentarti con me, perché per regolamento dobbiamo essere in due. Io ci sono e attendo”.
Ma si sa che un conto è invitare qualcuno a partecipare, vivere con noi un’esperienza lieta e gradita, a scopo di ricerca, un conto è esortarlo a ‘sparigliare’, fare rissa dentro una gabbia in cui regna sovrana l’impotenza di coloro che sono sempre pronti a scatenare un’aggressione al bello, pur di “imporre il proprio salvifico eterno salvagente e fare a pezzi quello degli altri”. Risposta, e non cedimento, quella della Ferrante che, in merito al consenso per la candidatura, ribadisce quanto proporla sia un diritto del lettore e quanto i suoi libri non siano mai rimasti una questione privata ma, anzi, dal momento in cui sono stati pubblicati, li ha sempre ritenuti liberi di andare dovunque li volessero i lettori. “L’essenziale è che io non debba andare con loro. Non li porto al guinzaglio, e al guinzaglio non mi lascio portare. Ci siamo separati definitivamente con la pubblicazione. Il principio a cui mi affido da ventitré anni è che, tra avventure e disavventure, cortesie e villanie, essi devono cercarsi da soli una loro strada. Vadano intanto a tutti i premi d’Italia, non ho preclusioni e nemmeno ansie, sono candidati loro, io sicuramente no. Questo per dire che stimo te e i tuoi libri, sono contenta che tu abbia letto uno dei miei e che voglia schierarlo in una minuscola battaglia culturale, ma è inutile chiedermi il permesso. Nessun lettore scrive per avere il mio consenso, se deve usare L’amica geniale per tenere in piedi un tavolo cui s’è spezzata una gamba. Il puro e semplice fatto che il libro sia finito in casa sua, a portata di mano, e che ora gli appartenga lo autorizza a farne ciò che gli pare”.
Tavolo che la Ferrante equipara al Premio Strega, con gambe divorate dai tarli, su cui i giochi sono fatti sempre più spesso con un anno o due di anticipo dai tanti “Amici della domenica” per i quali la qualità dei singoli libri in gara conta assai meno della loro etichetta editoriale e delle buone relazioni di chi li firma. Tavolo di vincitori e vinti ‘di’ e ‘da’ quelle parole che scappano e, offrendosi al pubblico nella forma migliore, con pensieri adeguati al ruolo di fard e foulard, finiscono per apparire sepolcri vuoti.
“Ma allora, se le cose stanno così, perché vuoi candidare L’amica geniale? La sua casa editrice non è potente e quindi non organizzerà alcun party né raccatterà voti porta a porta, numero di telefono per numero di telefono. Quanto a me, non figurerò a feste di nessun genere, non intratterrò anche nei giorni feriali Amici e Amiche della domenica, non sfoggerò un marito o fidanzato potente, non mi guadagnerò in abiti sobri o estrosi un servizio fotografico e la copertina di qualche magazine. Per di più in concorso finirà il quarto volume dell’Amica geniale, che risulterà di ardua lettura persino agli Amici più volenterosi, se non leggeranno anche i tre volumi precedenti, cioè una storia lunga ben millesettecento pagine. Che possibilità ha dunque L’amica di entrare in cinquina? Che possibilità ha di vincere?
Ma tu giustamente non parli né di cinquina né di vittoria, ma di ‘sparigliare le carte’, espressione da tavolo da gioco che mi attrae. Per te, mi pare, candidare L’amica geniale significa nella sostanza non tanto vincere o perdere, quanto disfare lo schema solito del premio, irrompere nel rito di una gara sempre più finta, mettere su un happening che scompagini e scompagni. Se infatti una parte non irrilevante di Amici a disagio arriverà a dare il premio al quarto volume dell’Amica, bene, si potrà dire che i libri sono stati una volta tanto sottratti ai giochi già fatti, o che almeno, a partire dall’anno venturo, anche la piccola editoria potrà considerarsi cooptata nella turnazione della grande, questo specialmente se la vecchia conflittualità tra i marchi che contano scemerà in seno al colosso Mondadori-Rizzoli e i turni potranno essere imposti con funeraria disciplina monopolistica. Se invece l’Amica, secondo la prassi consueta, non entrerà nemmeno in cinquina, benissimo, si potrà dire definitivamente, senza ombra di dubbio, che lo Strega così com’è è irriformabile e che quindi va buttato per aria. In entrambi i casi l’uso del mio libro consisterà nel tenere in piedi per un altro anno un tavolo tarlato, in attesa di vedere se restaurarlo o buttarlo.
Consento con questo ruolo, voglio contribuire a sparigliare? Devo dire, in tutta onestà, che non avevo messo in conto, mentre scrivevo, che il quarto volume dell’Amica geniale potesse avere una funzione di questo tipo, ma tutto sommato non mi dispiace. D’altra parte se anche mi dispiacesse, il mio dispiacere, come ho cercato di dire, conterebbe zero. Il libro è fuori da tempo, da tempo ha un pubblico e da tempo quindi, per quel che mi riguarda, tutti i suoi possibili usi sono consentiti. Anche se, più di ogni altro, preferisco l’uso per cui è nato. È giusto e urgente, a volte, sparigliare le carte, ma le carte è ancora più giusto leggerle e farle leggere. La mia piccola polemica che dura da vent’anni tende soprattutto a questo. Grazie per questa chiacchierata scritta. Con affetto, Elena”.
Parole, quelle di Elena, che attraversano chi ‘sa’ e ‘vuole’ ascoltare per conoscere e sapere. Parole che raccontano la differenza tra chi scrive per denunciare e, in qualità di testimone, operare dentro un sistema fatto di rapporti con chiese di appartenenza, e chi, non avendo alcuna intenzione di irrompere in tale fiera, pena mistificare la cultura con la denuncia da vendere, scrive per portare fuori. Un dono, la lettera di Elena, che ha soltanto la scrittura delle persone limpide, le “nuove sarte sempre pronte a combattere l’errore dell’informe”. Affetto, quello di Elena, che mostra come il caso può trasformarsi in necessità interiore, scrittura, estasi, che “non è sentire il soffio della parola che si libera della carne, ma la carne che fa tutt’uno col soffio delle parole”. E se ‘sparigliare’ fa parte di quell’ammasso di parole calzate per nascondere l’angoscia davanti al diverso, rende prigionieri tanto quanto vuole imprigionare l’altro, leggerle e farle leggere, le carte, vuol dire fare ricerca e vivere quel rito in cui, scegliendo di buttare via la bella copia per salvare la brutta, se questa assicura maggiore autenticità, da lettore ci si scopre “spettattore”.
E allora ben venga la scelta di rappresentarsi attraverso uno pseudonimo, di scegliere di non apparire in pubblico, se lo scrivere tocca ogni punto del corpo e il leggere, non “con l’urgenza di rintracciare un passo da citare”, conduce a cercare l’autore nelle pagine che ne portano la firma. Si è così spesso abituati a ricavare dalla vita privata dell’autore la coerenza delle opere, che tornare a considerare la qualità di un libro dalla storia che propone può rappresentare l’occasione onesta di re-imparare a leggere, appassionarsi all’odore della carta, all’energia delle parole: movimento non solo degli occhi che scorrono le pagine ma di tutto il corpo che apprende dalle opere la coerenza del loro autore.
“Oggi la cosa che temo di più è la perdita dello spazio creativo del tutto anomalo che mi pare di aver scoperto. Non è poco scrivere sapendo di poter orchestrare per i lettori non solo una storia, personaggi, sentimenti, paesaggi, ma la propria figura di autrice, la più vera perché fatta di sola scrittura, di pura esplorazione tecnica di una possibilità. Ecco perché o resto Ferrante o non pubblico più”. E dunque, alcuna presentazione e alcun dibattito o cerimonie per ritirare premi: se il libro vale qualcosa è sufficiente. Una scelta fatta nel 1991 e portata avanti fino ad oggi attraverso Elena (La frantumaglia), Delia (L’amore molesto), Olga (I giorni dell’abbandono), Leda (La figlia oscura), Lenù e Lila (L’amica geniale); sì madri, figlie, amiche, spose, amanti, ma prima di tutto donne. Donne fragili, testarde, dirette e determinate, che parlano di sé con dignità e senza ipocrisia a chi vuole e si pone in ascolto di storie che, anche tra mille contraddizioni, hanno tutte una loro preziosa umanità, alla quale noi lettori siamo chiamati fin dal momento in cui ne veniamo in contatto, pronti a difendere se una volta finito il libro ne restiamo coinvolti.
Ed è proprio in qualità di lettore, alla ricerca della “fisionomia nuda che resta in ogni parola efficace”, che mi rivolto e mi rivolgo a tutti coloro che si arrovellano su questioni di ‘identità’, spacciando per inchiesta una pietosa manipolazione per chiedere: “Perché non fare una inchiesta autentica che, partendo proprio da dati statistici alla mano, indaghi sul perché oggi l’editoria indipendente quasi non esiste più o, se esiste, viene messa alla gogna piuttosto che riconosciuta per il suo coraggio e per la vividezza della sua ricerca etica?”. Non credete “che sarebbe bella un’iniziativa giornalistica che azzerasse tutto e dicesse al pubblico: leggetevi i libri, guardatevi i film, andate a teatro, ascoltate musica e costruitevi le vostre preferenze sulla base delle opere e non della messinscena redazionale dei quotidiani, dei rotocalchi, delle tv?” . Ma soprattutto, ora che la caccia alla strega si è compiuta, “mentre la vecchia politica si rifà il trucco e il nuovo che dovremmo sostenere non si capisce dov’è”, vogliamo poter sentire cosa accade quando l’identità di una donna - di “una donna che scrive quando ne ha voglia e pubblica quando non si vergogna troppo del risultato” - incanta tanto da far bruciare e dare forma ad un corpo vivo, sano, forte, bello, che coinvolge e stravolge, forse ossessiona, ma di certo non toglie. Equivarrebbe a mettere in crisi il vecchio sistema, seppur decoroso e funzionante, e offrirgli le basi per un possibile futuro. Sarebbe restituire centralità alla pagina scritta - lasciando fuori chiacchiere e strategie espressive a scopo promozionale - che dal luogo intimo del sentire comunica con il mondo essendo “con il proprio linguaggio e per il proprio linguaggio”.
È vero, non è semplice sostenere la distanza che spesso separa le differenziazioni, ma quante cose preziose accadono durante e in quella distanza, tanto che quando ci mettiamo a misurarla perdiamo di vista la scrittura delle emozioni, la sonorità del respiro, il nostro volto, quello dell’altro, e la possibilità di restituire densità e spessore a ciò che, dapprima, sentiamo come trasparenza e poi tocchiamo come corpo vivo. Corpo… il solo che può muovere alla scrittura, non per dimostrare un’idea che già abbiamo, ma per permettere a qualcosa di sconosciuto di prendere forma nello spazio bianco dal quale muoviamo, nel quale è necessario perdersi, rischiando di divenire noi stessi opera. E allora, a tutti coloro che hanno trovato ‘usuale’ e ‘affascinante’ questa inchiesta, a tutti coloro che si sono abituati e arresi a questa forma di giornalismo impotente e sterile, astratto dal contesto umano dei diritti, delle libertà e dei principi, e che per questo ha di sua costituzione ridotte aspirazioni etiche e maggiori richiami al gossip, ora chiedo di tacere.
Milan Kundera direbbe: “È una vecchia utopia rivoluzionaria, fascista o comunista, quella di una vita senza segreti”. Nel 1964 Italo Calvino, nella lettera a Germana Pescio Bottino, una studiosa che chiedeva informazioni personali scriveva: “Dati biografici: io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere. (Quando contano, naturalmente.) Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all’altra. Mi chieda pure quello che vuol sapere e glielo dirò. Ma non Le dirò mai la verità, di questo può star sicura”. Oggi, ad un giornalista che le chiede, “Insomma, si può sapere lei chi è?”, Elena risponde: “Elena Ferrante. Ho pubblicato sei libri in venti anni. Non è sufficiente?”.
SITI CONSULTATI
www.corriere.it; www.diregiovani.it; www.ilpost.it; www.ilsole24ore.it; www.lastampa.it; www.lemonde.fr; www.repubblica.it; www.rivistastudio.com; www.salon.com; www.theguardian.com
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POPULISMO OVVERO L’ANNULLAMENTO DELLE DIFFERENZE. L’Equipaggio. Anno 2017
POPULISMO OVVERO L’ANNULLAMENTO DELLE DIFFERENZE
L’Equipaggio
Nulla è cambiato o meglio… il nulla ha affondato la possibilità che l’Italia avrebbe avuto di cambiare ora.
L’esito del giorno dopo conferma che sia Camera che Senato continueranno a discutere lungamente e (forse) ad approvare qua e là delle leggi; sia Camera che Senato dovranno insieme concedere la loro fiducia al Governo; fior di stipendi saranno, ancora per lunghi anni, elargiti a circa 950 parlamentari, tra deputati e senatori che lavorano non più di quattro giorni a settimana, se va bene; le spese dello Stato continueranno ad essere quelle che sono sempre state, il misterioso CNEL compreso; le proposte di legge di iniziativa popolare continueranno ad essere ignorate; il quorum del referendum abrogativo resterà lo stesso; il Presidente della Repubblica verrà eletto con i tempi di sempre; Stato e Regioni continueranno a far proliferare interminabili e numerosissimi contenziosi al cospetto della Corte Costituzionale nella soddisfazione di tutti; per la loro gioia, i guadagni dei consiglieri regionali rimarranno invariati.
Nulla è cambiato, anche nel perdere l’ennesima occasione. E questo, in nome della Costituzione? Ci dicono abbia vinto la Democrazia e che il popolo abbia espresso grande partecipazione. Sarà… ma allora perché c’è tanta preoccupazione intorno a noi?
Sentiamo dire che la preoccupazione riguarda la crescita del Paese, la sua partecipazione in ambito Europeo, gli investimenti dall’estero, la stabilità tanto necessaria affinché si esca dalla stagnazione. Da parte nostra noi ci sentiamo preoccupati perché è dura disimpantanarsi quando le operazioni volte a rabboccare il fango hanno la meglio. Ci preoccupa in particolare che l’81 per cento dei giovani, secondo i dati di Quorum per Sky TG24, compresi tra i 18 e i 34 anni, abbia votato No e, sempre nella stessa fascia di età, che si sia registrato il più alto livello di astensionismo (38 per cento, contro il dato complessivo del 32 per cento). Cosa vuol dire questo dato? Forse che i nostri giovani sono talmente vinti nei loro sogni e nelle loro speranze da rottamare ciecamente chi della rottamazione di un certo sistema ha fatto il suo vessillo? In linea con quanto rilevato dai ricercatori dell’Istituto Cattaneo che hanno parlato più di un voto sociale che politico, dobbiamo forse ritenere che i sogni di questi ragazzi si siano persi nel populismo più becero che non prevede il diritto di sognare e men che meno il dovere di realizzare i propri sogni? L’arretramento personale e politico dei nostri ragazzi è dimostrato dal fatto che nella tragica ondata di populismo presente nel mondo - di cui l’elezione di Trump e la Brexit ne sono gli esempi più evidenti - i giovani di quei paesi hanno votato contro queste forme di populismo, e non a favore come è capitato nel referendum costituzionale del 4 Dicembre in Italia!
Cercheremo di spiegarvi perché noi leggiamo questi dati in questo modo. Di cosa si nutre il populismo? A questo proposito vale la pena ripercorrerne brevemente le origini.
Il Populismo nasce “come movimento culturale e politico in Russia tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, che si proponeva di raggiungere, attraverso l’attività di propaganda e proselitismo svolta dagli intellettuali presso il popolo e con una diretta azione rivoluzionaria (culminata nel 1881 con l’uccisione dello zar Alessandro II), un miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate, specialmente dei contadini e dei servi della gleba, e la realizzazione di una specie di socialismo rurale basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale”. Il termine è stato usato estensivamente per “designare tendenze o movimenti politici sviluppatisi in differenti aree e contesti nel corso del XX secolo. Tali movimenti presentano alcuni tratti comuni, almeno in parte riconducibili a una rappresentazione idealizzata del ‘popolo’ e a un’esaltazione di quest’ultimo, come portatore di istanze e valori positivi (prevalentemente tradizionali), in contrasto con i difetti e la corruzione delle élite” .
Determinante nella formazione del substrato preparatorio di ogni ondata di populismo è il processo di “banalizzazione della cultura”: con la complicità dei mass media prima e del web dopo, abbiamo assistito allo scadimento di gran parte della letteratura a puro intrattenimento, all’inaridirsi della cultura storica sempre meno capace di spiegare il presente e prospettarsi un futuro, al decadere del giornalismo di inchiesta, allo svilimento salottiero della psicologia e della sociologia in cui le opinioni prive di contenuto imperano. Di pari passo abbiamo assistito ad un disfacimento del linguaggio della politica che sempre più si è orientato verso un semplicismo rissaiolo e non verso una semplificazione: d’accordo portare “la casalinga di Voghera e il barista di Trani” a comprendere le questioni politiche, ma senza per questo dover sacrificare la complessità della questione stessa. Quando non c’è contenuto e le parole servono solo per confondere, la prima ad essere sacrificata è la complessità e tutto viene ricondotto ad una bieca materialità che affligge la nostra vita quotidiana, dall’immigrato all’inceneritore sotto casa. In fondo “la classe politica della Prima Repubblica aveva - nel bene e nel male - condotto un’opera di alfabetizzazione politica delle classi popolari, socializzandole alla democrazia”; di contro “quella della Seconda (Repubblica) ha fatto una sorta di sistematica ‘anti pedagogia politica’ che ha prodotto una spoliticizzazione di massa”.
Portando l’attenzione sugli attuali movimenti “populisti” nel mondo, troviamo degli elementi comuni:
- mostrano una forte carenza di cultura politica che si estende sempre più spesso alla classe dominante;
- pur essendo in gran parte movimenti di natura elettorale, sono spesso caratterizzati da una accentuata spinta antiparlamentare;
- non si pongono come alternativa reale al sistema e d’altra parte questo non stupisce, vista la mancanza degli strumenti culturali necessari per progettare un diverso sistema sociale, politico ed economico; del resto le soluzioni semplicistiche prodotte hanno un significato esclusivamente propagandistico e rifiutano il confronto con la complessità dei problemi in atto;
- mostrano una repulsione viscerale nei confronti di ogni forma di dialettica sia interna che esterna al movimento. Di conseguenza vi è un atteggiamento sostanzialmente fondamentalista che rigetta qualsiasi ipotesi di alleanza, vissuta come snaturante;
- si tratta per lo più di movimenti poco formalizzati e tenuti insieme da una qualche leadership carismatica;
- i movimenti populisti aspirano a presentarsi come portavoce del “popolo”, di tutto il popolo non frazionato da enti intermedi fra Stato e società. Per questa ragione non apprezzano l’articolazione pluralistica e cercano soluzioni plebiscitarie (referendum, elezione diretta del capo dello Stato, elezione diretta dei governatori locali ecc.).
I movimenti populisti si fanno vanto di non avere una ideologia di riferimento, ma se prendiamo le origini di questo termine, comparso per la prima volta nell’opera Mémoire sur la faculté de penser del 1796 di Antoine-Louis-Claude Destutt de Tracy, con il significato di “scienza delle idee e delle sensazioni”, possiamo dire che se manca l’ideologia manca la cultura politica, e se non vi è cultura politica “altra” anche l’unica rimasta in campo deperisce e muore per quella mancanza di differenziazione da cui le idee traggono nutrimento.
In questo panorama siffatto il populismo diventa una tecnica di raccolta del consenso usata da élite politiche in ascesa ed in cerca di una base di riferimento, ma con progetti antagonisti alla democrazia e sostanzialmente autoritari. Forse sulla base di questo alcuni esponenti politici hanno accusato Renzi di una forma di “populismo dall’alto”: probabilmente è vero che il leader PD ha cercato una base di riferimento più ampia e solida, tenuto conto che lo hanno accusato di non essere stato eletto (ma eletto da chi, visto che siamo in una democrazia parlamentare?); tuttavia noi riteniamo che i progetti del suo governo non siano stati antagonisti alla democrazia e men che meno crediamo in una deriva autoritaria. Noi cerchiamo di operare un discernimento politico sulla base di una differenziazione dei vari punti proprio perché il movimento del No ha catalizzato una diffusa e indifferenziata avversione di buona parte della popolazione italiana nei confronti del Governo Renzi, che niente aveva a che fare con il cambiamento strutturale proposto dal quesito referendario.
Ancora una volta la manipolazione e l’indottrinamento delle masse da parte di pseudo intellettuali, capipopolo e capipartito hanno avuto la funzione di rovesciare il governo e la sua azione politica: nulla di nuovo, visto che questo metodo è già stato ampiamente collaudato. C’è chi sostiene la necessità di arrivare ad una archiviazione aprioristica del mito della leadership, ma questa posizione non ci convince perché per arrivare a questo occorrerebbe una crescita politica delle masse in questo momento al di là da venire. Conferire al popolo in modo acritico una capacità di discriminazione e di scelta non è forse la pregiudiziale tipica del populismo? Noi siamo per la cooperazione nella pluralità delle differenze.
Per quello che abbiamo avuto modo di leggere e di vedere, esiste una fioritura populista che attraversa trasversalmente il nostro sistema politico da anni e, se è facile identificare in alcuni movimenti questa fioritura, tuttavia la più insidiosa è quella presente all’interno di partiti ben più strutturati che, pur rivendicando un’ideologia politica, si sono rassegnati all’analfabetismo politico dei loro sostenitori. Non dimentichiamo che un tempo la democrazia era fondata sul principio di responsabilità politica cui il popolo doveva essere educato. Polibio definì “oclocrazia” il governo della feccia priva di cultura e senso della Polis.
L’esito del giorno dopo conferma che sia Camera che Senato continueranno a discutere lungamente e (forse) ad approvare qua e là delle leggi; sia Camera che Senato dovranno insieme concedere la loro fiducia al Governo; fior di stipendi saranno, ancora per lunghi anni, elargiti a circa 950 parlamentari, tra deputati e senatori che lavorano non più di quattro giorni a settimana, se va bene; le spese dello Stato continueranno ad essere quelle che sono sempre state, il misterioso CNEL compreso; le proposte di legge di iniziativa popolare continueranno ad essere ignorate; il quorum del referendum abrogativo resterà lo stesso; il Presidente della Repubblica verrà eletto con i tempi di sempre; Stato e Regioni continueranno a far proliferare interminabili e numerosissimi contenziosi al cospetto della Corte Costituzionale nella soddisfazione di tutti; per la loro gioia, i guadagni dei consiglieri regionali rimarranno invariati.
Nulla è cambiato, anche nel perdere l’ennesima occasione. E questo, in nome della Costituzione? Ci dicono abbia vinto la Democrazia e che il popolo abbia espresso grande partecipazione. Sarà… ma allora perché c’è tanta preoccupazione intorno a noi?
Sentiamo dire che la preoccupazione riguarda la crescita del Paese, la sua partecipazione in ambito Europeo, gli investimenti dall’estero, la stabilità tanto necessaria affinché si esca dalla stagnazione. Da parte nostra noi ci sentiamo preoccupati perché è dura disimpantanarsi quando le operazioni volte a rabboccare il fango hanno la meglio. Ci preoccupa in particolare che l’81 per cento dei giovani, secondo i dati di Quorum per Sky TG24, compresi tra i 18 e i 34 anni, abbia votato No e, sempre nella stessa fascia di età, che si sia registrato il più alto livello di astensionismo (38 per cento, contro il dato complessivo del 32 per cento). Cosa vuol dire questo dato? Forse che i nostri giovani sono talmente vinti nei loro sogni e nelle loro speranze da rottamare ciecamente chi della rottamazione di un certo sistema ha fatto il suo vessillo? In linea con quanto rilevato dai ricercatori dell’Istituto Cattaneo che hanno parlato più di un voto sociale che politico, dobbiamo forse ritenere che i sogni di questi ragazzi si siano persi nel populismo più becero che non prevede il diritto di sognare e men che meno il dovere di realizzare i propri sogni? L’arretramento personale e politico dei nostri ragazzi è dimostrato dal fatto che nella tragica ondata di populismo presente nel mondo - di cui l’elezione di Trump e la Brexit ne sono gli esempi più evidenti - i giovani di quei paesi hanno votato contro queste forme di populismo, e non a favore come è capitato nel referendum costituzionale del 4 Dicembre in Italia!
Cercheremo di spiegarvi perché noi leggiamo questi dati in questo modo. Di cosa si nutre il populismo? A questo proposito vale la pena ripercorrerne brevemente le origini.
Il Populismo nasce “come movimento culturale e politico in Russia tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, che si proponeva di raggiungere, attraverso l’attività di propaganda e proselitismo svolta dagli intellettuali presso il popolo e con una diretta azione rivoluzionaria (culminata nel 1881 con l’uccisione dello zar Alessandro II), un miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate, specialmente dei contadini e dei servi della gleba, e la realizzazione di una specie di socialismo rurale basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale”. Il termine è stato usato estensivamente per “designare tendenze o movimenti politici sviluppatisi in differenti aree e contesti nel corso del XX secolo. Tali movimenti presentano alcuni tratti comuni, almeno in parte riconducibili a una rappresentazione idealizzata del ‘popolo’ e a un’esaltazione di quest’ultimo, come portatore di istanze e valori positivi (prevalentemente tradizionali), in contrasto con i difetti e la corruzione delle élite” .
Determinante nella formazione del substrato preparatorio di ogni ondata di populismo è il processo di “banalizzazione della cultura”: con la complicità dei mass media prima e del web dopo, abbiamo assistito allo scadimento di gran parte della letteratura a puro intrattenimento, all’inaridirsi della cultura storica sempre meno capace di spiegare il presente e prospettarsi un futuro, al decadere del giornalismo di inchiesta, allo svilimento salottiero della psicologia e della sociologia in cui le opinioni prive di contenuto imperano. Di pari passo abbiamo assistito ad un disfacimento del linguaggio della politica che sempre più si è orientato verso un semplicismo rissaiolo e non verso una semplificazione: d’accordo portare “la casalinga di Voghera e il barista di Trani” a comprendere le questioni politiche, ma senza per questo dover sacrificare la complessità della questione stessa. Quando non c’è contenuto e le parole servono solo per confondere, la prima ad essere sacrificata è la complessità e tutto viene ricondotto ad una bieca materialità che affligge la nostra vita quotidiana, dall’immigrato all’inceneritore sotto casa. In fondo “la classe politica della Prima Repubblica aveva - nel bene e nel male - condotto un’opera di alfabetizzazione politica delle classi popolari, socializzandole alla democrazia”; di contro “quella della Seconda (Repubblica) ha fatto una sorta di sistematica ‘anti pedagogia politica’ che ha prodotto una spoliticizzazione di massa”.
Portando l’attenzione sugli attuali movimenti “populisti” nel mondo, troviamo degli elementi comuni:
- mostrano una forte carenza di cultura politica che si estende sempre più spesso alla classe dominante;
- pur essendo in gran parte movimenti di natura elettorale, sono spesso caratterizzati da una accentuata spinta antiparlamentare;
- non si pongono come alternativa reale al sistema e d’altra parte questo non stupisce, vista la mancanza degli strumenti culturali necessari per progettare un diverso sistema sociale, politico ed economico; del resto le soluzioni semplicistiche prodotte hanno un significato esclusivamente propagandistico e rifiutano il confronto con la complessità dei problemi in atto;
- mostrano una repulsione viscerale nei confronti di ogni forma di dialettica sia interna che esterna al movimento. Di conseguenza vi è un atteggiamento sostanzialmente fondamentalista che rigetta qualsiasi ipotesi di alleanza, vissuta come snaturante;
- si tratta per lo più di movimenti poco formalizzati e tenuti insieme da una qualche leadership carismatica;
- i movimenti populisti aspirano a presentarsi come portavoce del “popolo”, di tutto il popolo non frazionato da enti intermedi fra Stato e società. Per questa ragione non apprezzano l’articolazione pluralistica e cercano soluzioni plebiscitarie (referendum, elezione diretta del capo dello Stato, elezione diretta dei governatori locali ecc.).
I movimenti populisti si fanno vanto di non avere una ideologia di riferimento, ma se prendiamo le origini di questo termine, comparso per la prima volta nell’opera Mémoire sur la faculté de penser del 1796 di Antoine-Louis-Claude Destutt de Tracy, con il significato di “scienza delle idee e delle sensazioni”, possiamo dire che se manca l’ideologia manca la cultura politica, e se non vi è cultura politica “altra” anche l’unica rimasta in campo deperisce e muore per quella mancanza di differenziazione da cui le idee traggono nutrimento.
In questo panorama siffatto il populismo diventa una tecnica di raccolta del consenso usata da élite politiche in ascesa ed in cerca di una base di riferimento, ma con progetti antagonisti alla democrazia e sostanzialmente autoritari. Forse sulla base di questo alcuni esponenti politici hanno accusato Renzi di una forma di “populismo dall’alto”: probabilmente è vero che il leader PD ha cercato una base di riferimento più ampia e solida, tenuto conto che lo hanno accusato di non essere stato eletto (ma eletto da chi, visto che siamo in una democrazia parlamentare?); tuttavia noi riteniamo che i progetti del suo governo non siano stati antagonisti alla democrazia e men che meno crediamo in una deriva autoritaria. Noi cerchiamo di operare un discernimento politico sulla base di una differenziazione dei vari punti proprio perché il movimento del No ha catalizzato una diffusa e indifferenziata avversione di buona parte della popolazione italiana nei confronti del Governo Renzi, che niente aveva a che fare con il cambiamento strutturale proposto dal quesito referendario.
Ancora una volta la manipolazione e l’indottrinamento delle masse da parte di pseudo intellettuali, capipopolo e capipartito hanno avuto la funzione di rovesciare il governo e la sua azione politica: nulla di nuovo, visto che questo metodo è già stato ampiamente collaudato. C’è chi sostiene la necessità di arrivare ad una archiviazione aprioristica del mito della leadership, ma questa posizione non ci convince perché per arrivare a questo occorrerebbe una crescita politica delle masse in questo momento al di là da venire. Conferire al popolo in modo acritico una capacità di discriminazione e di scelta non è forse la pregiudiziale tipica del populismo? Noi siamo per la cooperazione nella pluralità delle differenze.
Per quello che abbiamo avuto modo di leggere e di vedere, esiste una fioritura populista che attraversa trasversalmente il nostro sistema politico da anni e, se è facile identificare in alcuni movimenti questa fioritura, tuttavia la più insidiosa è quella presente all’interno di partiti ben più strutturati che, pur rivendicando un’ideologia politica, si sono rassegnati all’analfabetismo politico dei loro sostenitori. Non dimentichiamo che un tempo la democrazia era fondata sul principio di responsabilità politica cui il popolo doveva essere educato. Polibio definì “oclocrazia” il governo della feccia priva di cultura e senso della Polis.
Onda a colori di Valeria Amato
Caro Equipaggio,
ho appena letto la lettera che Matteo Renzi ha pubblicato su Facebook. Mi ha risuonato molto una piccola frase verso la fine: “Ci sono migliaia di luci che brillano nella notte italiana”.
Vi mando la lettera di seguito e insieme un disegno che, seppur fatto qualche anno fa, rappresenta ancora oggi la mia speranza per questo Paese, da tenere accesa.
Valeria Amato
“Torno a Pontassieve, come tutti i fine settimana. Entro in casa, dormono tutti. Il gesto dolce e automatico di rimboccare le coperte ai figli, un’occhiata alla posta cartacea arrivata in settimana tanto ormai con internet sono solo bollette, il silenzio della famiglia che riposa.
Tutto come sempre, insomma.
Solo che stavolta è diverso.
Con me arrivano scatoloni, libri, vestiti, appunti.
Ho chiuso l’alloggio del terzo piano di Palazzo Chigi.
Torno a casa davvero.
Sono stati mille giorni di governo fantastici. Qualche commentatore maramaldo di queste ore finge di non vedere l’elenco impressionante delle riforme che abbiamo realizzato, dal lavoro ai diritti, dal sociale alle tasse, dall’innovazione alle infrastrutture, dalla cultura alla giustizia. Certo c’è l’amaro in bocca per ciò che non ha funzionato. E soprattutto tanta delusione per la riforma costituzionale. Un giorno sarà chiaro che quella riforma serviva all’Italia, non al Governo e che non c’era nessuna deriva autoritaria ma solo l’occasione per risparmiare tempo e denaro evitando conflitti istituzionali.
Ma quando il popolo parla, punto. Si ascolta e si prende atto. Gli italiani hanno deciso, viva l’Italia.
Io però mi sono dimesso. Sul serio. Non per finta. Lo avevo detto, l’ho fatto.
Di solito si lascia Palazzo Chigi perché il Parlamento ti toglie la fiducia. Noi no. Noi abbiamo ottenuto l’ultima fiducia mercoledì, con oltre 170 voti al Senato. Ma la dignità, la coerenza, la faccia valgono più di tutto. In un Paese in cui le dimissioni si annunciano, io le ho date. Ho mantenuto l’impegno, come per gli 80 euro o per l’Imu. Solo che stavolta mi è piaciuto meno:-)
Torno semplice cittadino. Non ho paracadute. Non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l’immunità.
Riparto da capo, come è giusto che sia. La politica per me è servire il Paese, non servirsene.
A chi verrà a Chigi dopo di me, lascio il mio più grande augurio di buon lavoro e tutto il mio tifo: noi siamo per l’Italia, non contro gli altri.
Nei prossimi giorni sarò impegnato in dure trattative coi miei figli per strappare l’utilizzo non esclusivo della taverna di casa: più complicato di gestire la maggioranza.
Ho sofferto a chiudere gli scatoloni ieri notte, non me ne vergogno: non sono un robot. Ma so anche che l’esperienza scout ti insegna che non si arriva se non per ripartire. E che è nei momenti in cui la strada è più dura che si vedono gli amici veri, l’affetto sincero. Grazie a chi si è fatto vivo, è stato importante per me.
Ai milioni di italiani che vogliono un futuro di idee e speranze per il nostro Paese dico che non ci stancheremo di riprovare e ripartire. Ci sono migliaia di luci che brillano nella notte italiana. Proveremo di nuovo a riunirle. Facendo tesoro degli errori che abbiamo fatto ma senza smettere di rischiare: solo chi cambia aiuta un Paese bello e difficile come l’Italia.
Noi siamo quelli che ci provano davvero. Che quando perdono non danno la colpa agli altri. Che pensano che odiare sia meno utile di costruire. E che quando la sera rimboccano le coperte ai figli pensano che sì, ne valeva la pena. Sì, ne varrà la pena. Insieme.
Ci sentiamo presto, amici.
Buona notte, da Pontassieve”.
Matteo Renzi
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REFERENDUM COSTITUZIONALE DEL 4 DICEMBRE
LE NOSTRE RAGIONI PER VOTARE “Sì”. L’Equipaggio. Anno 2016
LE NOSTRE RAGIONI PER VOTARE “Sì”
L’Equipaggio
L’Equipaggio
Si parla tanto in quest’ultimo periodo del rischio di deriva autoritaria e della confusione insita nella nuova riforma costituzionale che verrà sottoposta al vaglio dei cittadini il prossimo 4 Dicembre. Noi abbiamo sentito l’esigenza di documentarci e di arrivare ad una necessaria semplificazione per non rimanere imbrigliati all'interno di speculazioni storico-filosofiche spesso utilizzate, a nostro avviso, a scopo politico-manipolativo per indirizzare le scelte dei votanti. Abbiamo un grande rispetto di chi pone questioni complesse come la rappresentanza parlamentare, la partecipazione democratica, la tutela dello stato di diritto da forme di deriva autoritaria; tuttavia semplificare vuol dire potere affrontare in modo semplice i vari elementi della complessità senza cadere nel semplicismo.
Abbiamo ben presente che la nostra Costituzione è stata scritta con il sangue di chi ha lottato per liberare il nostro Paese e l’Europa intera dalla dittatura nazi-fascista; e riteniamo che essa stia assolvendo al suo compito di tendere verso una maturità democratica. Viviamo in un momento storico diverso dagli anni ’50, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con il tempo: ad esempio il bicameralismo perfetto con i relativi tempi legislativi erano adeguati al modo di vivere il tempo di quegli anni, dove l’informazione viaggiava prevalentemente attraverso la radio e la carta stampata. In questi 68 anni molte cose sono cambiate e soprattutto il modo e i tempi dello scambio di informazioni: internet ha fatto la differenza e ci ha portato più rapidamente in un tempo condiviso a livello globale. Noi riteniamo che è proprio rispetto a questo cambio di passo che la nostra Costituzione abbia il dovere di tradurre questo nuovo tempo e il diritto di accedervi.
Cercheremo punto per punto di orientarci all'interno delle modifiche costituzionali che sono tema di materia referendaria, tenendo ben presente che i principi fondamentali sanciti nella prima parte della nostra splendida Costituzione non solo non vengono modificati ma potrebbero essere attualizzati grazie proprio ad alcune modifiche costituzionali proposte.
Abbiamo ben presente che la nostra Costituzione è stata scritta con il sangue di chi ha lottato per liberare il nostro Paese e l’Europa intera dalla dittatura nazi-fascista; e riteniamo che essa stia assolvendo al suo compito di tendere verso una maturità democratica. Viviamo in un momento storico diverso dagli anni ’50, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con il tempo: ad esempio il bicameralismo perfetto con i relativi tempi legislativi erano adeguati al modo di vivere il tempo di quegli anni, dove l’informazione viaggiava prevalentemente attraverso la radio e la carta stampata. In questi 68 anni molte cose sono cambiate e soprattutto il modo e i tempi dello scambio di informazioni: internet ha fatto la differenza e ci ha portato più rapidamente in un tempo condiviso a livello globale. Noi riteniamo che è proprio rispetto a questo cambio di passo che la nostra Costituzione abbia il dovere di tradurre questo nuovo tempo e il diritto di accedervi.
Cercheremo punto per punto di orientarci all'interno delle modifiche costituzionali che sono tema di materia referendaria, tenendo ben presente che i principi fondamentali sanciti nella prima parte della nostra splendida Costituzione non solo non vengono modificati ma potrebbero essere attualizzati grazie proprio ad alcune modifiche costituzionali proposte.
1) La fine del bicameralismo perfetto
La Camera dei deputati diventerà l’unica assemblea legislativa e manterrà da sola il potere di votare la fiducia al governo. Si tratta di un aspetto controverso che, se da un lato porterebbe a velocizzare il processo legislativo, dall'altro potrebbe assegnare troppi poteri ai futuri governi.
A nostro parere le forme di controllo previste sono sufficienti per scongiurare derive autoritarie.
2) Un nuovo Senato
Il numero dei senatori verrà ridotto da 315 a 100: 5 saranno scelti dal Presidente della Repubblica e 95 dalle Regioni “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. I senatori non riceveranno alcuna indennità aggiuntiva ma godranno dell’immunità parlamentare. Restano i senatori a vita: saranno gli ex presidenti della Repubblica che non verranno conteggiati nel numero dei senatori scelti dal Colle.
Il risparmio indicato dal ministro Boschi ammonta a circa 500 milioni di euro all'anno.
3) La funzione legislativa del Senato
I senatori avranno competenza legislativa per quanto riguarda le riforme costituzionali, le ratifiche dei trattati internazionali relative all'appartenenza dell’Italia all'Unione europea, le leggi elettorali degli enti locali e quelle sui referendum popolari. Inoltre ogni disegno di legge approvato dalla Camera verrà subito trasmesso al Senato che entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, potrà disporne l’esame.
Nei trenta giorni successivi il Senato potrà deliberare a maggioranza assoluta proposte di modifica del testo sulle quali, in seguito, la Camera si pronuncerà in via definitiva. Ai nuovi senatori spetterà anche il compito di esprimersi sulle leggi di bilancio, ma entro 15 giorni e con la maggioranza assoluta. Anche in questo caso, l’ultima parola spetterà sempre alla Camera. Infine, il governo potrà chiedere alla Camera che un provvedimento ritenuto fondamentale per l’attuazione del suo programma sia esaminato in via prioritaria e votato entro 70 giorni (con possibilità di proroga per altri 15).
Finalmente l’Italia terminerà di essere l’unico Paese con due Camere uguali, aventi gli stessi poteri e stessa composizione. La funzione del Senato sarà quella di raccordare l’Europa, i Comuni e le Regioni, con lo Stato: a noi sembra un passo importante per l’attuazione di un federalismo reale, sia a livello nazionale che a livello europeo.
Con questa riforma verrà semplificato il rapporto fra Regioni e Stato: eliminando le “competenze concorrenti” ogni livello di Governo avrà le proprie funzioni legislative evitando in tal modo la confusione e conseguente conflittualità fra Regioni e Stato, che nei passati 15 anni ha intasato il lavoro della Corte Costituzionale. Allo Stato spetteranno le competenze inerenti le reti di trasporto e di navigazione, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia, la formazione professionale. Alle Regioni spetteranno l’organizzazione sanitaria, il turismo e lo sviluppo economico locale; inoltre si potranno aggiungere altre competenze legislative il che renderà più evidente il merito delle Regioni più virtuose.
Il nuovo Senato consentirà di aumentare la rappresentanza degli Enti Locali in Parlamento e in Europa: Regioni e Comuni potranno intervenire quindi in modo diretto nel procedimento legislativo attraverso i Sindaci e i Consiglieri che faranno parte del Senato, evitando quindi lungaggini e contenziosi di vario tipo. Una delle funzioni del nuovo Senato sarà quella di prendere parte alla formazione e all'attuazione delle norme e delle politiche dell’Unione Europea verificandone l’impatto sui territori.
A noi pare che questo progetto sia in linea con il Manifesto di Ventotene intitolato “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un Manifesto” di Altiero Spinelli.
4) L’elezione del Presidente della Repubblica
Il capo dello Stato sarà eletto dai 630 deputati e dai 100 senatori. Per i primi tre scrutini occorrono i due terzi dei componenti, poi dal quarto si scende ai tre quinti dei componenti, mentre dal settimo scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.
5) Referendum e leggi di iniziativa popolare
La riforma introduce un nuovo quorum per la validità del referendum: la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera nel caso in cui la richiesta di referendum sia stata avanzata da 800mila elettori. Nel caso in cui la richiesta provenga da un numero di elettori compreso tra 500mila e 800mila resta fermo il quorum attualmente previsto, ossia la maggioranza degli aventi diritto al voto (la metà più uno).
Per quanto riguarda invece la presentazione di progetti di legge di iniziativa popolare, il numero di firme necessarie passa da 50mila a 150mila e viene introdotto al contempo il principio in base al quale ne deve essere garantito l’esame e la votazione finale nei modi e nei tempi definiti dai regolamenti parlamentari. Vengono anche introdotti in Costituzione i referendum popolari propositivi e di indirizzo al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche.
A noi pare importantissima quest’ultima questione perché potrebbe incidere positivamente nella possibilità di riavvicinare veramente i cittadini alla politica.
6) Le nomine dei giudici della Consulta
I 5 giudici della Consulta non saranno più eletti dal Parlamento riunito in seduta comune ma verranno scelti separatamente dalle due Camere. Al Senato ne spetteranno due e alla Camera tre.
Per la loro elezione è richiesta la maggioranza dei due terzi dei componenti per i primi due scrutini, mentre dagli scrutini successivi è sufficiente la maggioranza dei tre quinti.
7) L’abolizione di Cnel e Province
La riforma costituzionale prevede l’abrogazione totale dell’articolo 99 della Costituzione: il Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) scomparirà; il personale sarà ricollocato presso la Corte dei Conti.
Le Province saranno eliminate dalla Costituzione favorendo il processo di cambiamento già in atto. Saranno previste delle premialità per le Regioni “virtuose”, quelle cioè con i conti in regola.
8) Disposizioni per Regioni ed enti locali
Vengono introdotti indicatori di costi e fabbisogni per rendere più efficienti le funzioni pubbliche dei comuni, delle città metropolitane e delle Regioni. In caso di accertato stato di dissesto degli enti territoriali gli amministratori regionali e locali vengono allontanati dall'incarico. Infine si pone un limite al compenso dei dirigenti di organi regionali, che non sarà superiore a quello dei sindaci dei capoluoghi di Regione.
Nel corso del 2014 la trasformazione delle Province in enti territoriali di area vasta ha generato un risparmio stimato in circa 110 milioni di euro l’anno. Anche non sommando questo risparmio a quelli che si genererebbero dalla nuova riforma costituzionale, un articolo di Roberto Perotti su Lavoce.info stima a regime un risparmio annuo di circa 160 milioni di euro. Scusate se è poco!!!
9) La legge elettorale: ricorso preventivo alla Consulta
Prima della loro promulgazione le leggi che disciplinano l’elezione dei parlamentari potranno essere sottoposte al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte Costituzionale.
Il ricorso motivato dovrà essere presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera o almeno un terzo dei componenti del Senato entro 10 giorni dall'approvazione della norma. La Consulta si pronuncerà entro 30 giorni e, in caso di dichiarazione di illegittimità, la legge non sarà promulgata.
Lo stato di guerra è deliberato dalla Camera a maggioranza assoluta.
10) L’equilibrio di genere nella rappresentanza
Nell'articolo 55 della Costituzione entra un nuovo comma, il secondo, che noi riteniamo di fondamentale importanza: “Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza”.
Viene così rafforzato il principio della parità di accesso alle cariche elettive. L’equilibrio di genere tra donne e uomini nella rappresentanza è previsto anche negli organi regionali in base a principi fondamentali stabiliti dalla legge statale.
Ci sono voluti settanta anni per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (dall'Art. 3 della Costituzione che ribadisce nel primo comma che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”).
Strano a dirsi ma nessuno sottolinea questa variazione sostanziale e sostanziosa della Costituzione: dobbiamo forse ritenere che per i più questa novità sia di difficile digeribilità? E se così è, quanto il nostro Paese sta virando pericolosamente verso destra, indipendentemente dall'orientamento politico dichiarato? A questo proposito ci sembra importante ricordare che il governo Renzi (in continuità con quello Letta) ha realizzato la parità di genere tra i ministri.
La Camera dei deputati diventerà l’unica assemblea legislativa e manterrà da sola il potere di votare la fiducia al governo. Si tratta di un aspetto controverso che, se da un lato porterebbe a velocizzare il processo legislativo, dall'altro potrebbe assegnare troppi poteri ai futuri governi.
A nostro parere le forme di controllo previste sono sufficienti per scongiurare derive autoritarie.
2) Un nuovo Senato
Il numero dei senatori verrà ridotto da 315 a 100: 5 saranno scelti dal Presidente della Repubblica e 95 dalle Regioni “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. I senatori non riceveranno alcuna indennità aggiuntiva ma godranno dell’immunità parlamentare. Restano i senatori a vita: saranno gli ex presidenti della Repubblica che non verranno conteggiati nel numero dei senatori scelti dal Colle.
Il risparmio indicato dal ministro Boschi ammonta a circa 500 milioni di euro all'anno.
3) La funzione legislativa del Senato
I senatori avranno competenza legislativa per quanto riguarda le riforme costituzionali, le ratifiche dei trattati internazionali relative all'appartenenza dell’Italia all'Unione europea, le leggi elettorali degli enti locali e quelle sui referendum popolari. Inoltre ogni disegno di legge approvato dalla Camera verrà subito trasmesso al Senato che entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, potrà disporne l’esame.
Nei trenta giorni successivi il Senato potrà deliberare a maggioranza assoluta proposte di modifica del testo sulle quali, in seguito, la Camera si pronuncerà in via definitiva. Ai nuovi senatori spetterà anche il compito di esprimersi sulle leggi di bilancio, ma entro 15 giorni e con la maggioranza assoluta. Anche in questo caso, l’ultima parola spetterà sempre alla Camera. Infine, il governo potrà chiedere alla Camera che un provvedimento ritenuto fondamentale per l’attuazione del suo programma sia esaminato in via prioritaria e votato entro 70 giorni (con possibilità di proroga per altri 15).
Finalmente l’Italia terminerà di essere l’unico Paese con due Camere uguali, aventi gli stessi poteri e stessa composizione. La funzione del Senato sarà quella di raccordare l’Europa, i Comuni e le Regioni, con lo Stato: a noi sembra un passo importante per l’attuazione di un federalismo reale, sia a livello nazionale che a livello europeo.
Con questa riforma verrà semplificato il rapporto fra Regioni e Stato: eliminando le “competenze concorrenti” ogni livello di Governo avrà le proprie funzioni legislative evitando in tal modo la confusione e conseguente conflittualità fra Regioni e Stato, che nei passati 15 anni ha intasato il lavoro della Corte Costituzionale. Allo Stato spetteranno le competenze inerenti le reti di trasporto e di navigazione, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia, la formazione professionale. Alle Regioni spetteranno l’organizzazione sanitaria, il turismo e lo sviluppo economico locale; inoltre si potranno aggiungere altre competenze legislative il che renderà più evidente il merito delle Regioni più virtuose.
Il nuovo Senato consentirà di aumentare la rappresentanza degli Enti Locali in Parlamento e in Europa: Regioni e Comuni potranno intervenire quindi in modo diretto nel procedimento legislativo attraverso i Sindaci e i Consiglieri che faranno parte del Senato, evitando quindi lungaggini e contenziosi di vario tipo. Una delle funzioni del nuovo Senato sarà quella di prendere parte alla formazione e all'attuazione delle norme e delle politiche dell’Unione Europea verificandone l’impatto sui territori.
A noi pare che questo progetto sia in linea con il Manifesto di Ventotene intitolato “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un Manifesto” di Altiero Spinelli.
4) L’elezione del Presidente della Repubblica
Il capo dello Stato sarà eletto dai 630 deputati e dai 100 senatori. Per i primi tre scrutini occorrono i due terzi dei componenti, poi dal quarto si scende ai tre quinti dei componenti, mentre dal settimo scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.
5) Referendum e leggi di iniziativa popolare
La riforma introduce un nuovo quorum per la validità del referendum: la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera nel caso in cui la richiesta di referendum sia stata avanzata da 800mila elettori. Nel caso in cui la richiesta provenga da un numero di elettori compreso tra 500mila e 800mila resta fermo il quorum attualmente previsto, ossia la maggioranza degli aventi diritto al voto (la metà più uno).
Per quanto riguarda invece la presentazione di progetti di legge di iniziativa popolare, il numero di firme necessarie passa da 50mila a 150mila e viene introdotto al contempo il principio in base al quale ne deve essere garantito l’esame e la votazione finale nei modi e nei tempi definiti dai regolamenti parlamentari. Vengono anche introdotti in Costituzione i referendum popolari propositivi e di indirizzo al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche.
A noi pare importantissima quest’ultima questione perché potrebbe incidere positivamente nella possibilità di riavvicinare veramente i cittadini alla politica.
6) Le nomine dei giudici della Consulta
I 5 giudici della Consulta non saranno più eletti dal Parlamento riunito in seduta comune ma verranno scelti separatamente dalle due Camere. Al Senato ne spetteranno due e alla Camera tre.
Per la loro elezione è richiesta la maggioranza dei due terzi dei componenti per i primi due scrutini, mentre dagli scrutini successivi è sufficiente la maggioranza dei tre quinti.
7) L’abolizione di Cnel e Province
La riforma costituzionale prevede l’abrogazione totale dell’articolo 99 della Costituzione: il Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) scomparirà; il personale sarà ricollocato presso la Corte dei Conti.
Le Province saranno eliminate dalla Costituzione favorendo il processo di cambiamento già in atto. Saranno previste delle premialità per le Regioni “virtuose”, quelle cioè con i conti in regola.
8) Disposizioni per Regioni ed enti locali
Vengono introdotti indicatori di costi e fabbisogni per rendere più efficienti le funzioni pubbliche dei comuni, delle città metropolitane e delle Regioni. In caso di accertato stato di dissesto degli enti territoriali gli amministratori regionali e locali vengono allontanati dall'incarico. Infine si pone un limite al compenso dei dirigenti di organi regionali, che non sarà superiore a quello dei sindaci dei capoluoghi di Regione.
Nel corso del 2014 la trasformazione delle Province in enti territoriali di area vasta ha generato un risparmio stimato in circa 110 milioni di euro l’anno. Anche non sommando questo risparmio a quelli che si genererebbero dalla nuova riforma costituzionale, un articolo di Roberto Perotti su Lavoce.info stima a regime un risparmio annuo di circa 160 milioni di euro. Scusate se è poco!!!
9) La legge elettorale: ricorso preventivo alla Consulta
Prima della loro promulgazione le leggi che disciplinano l’elezione dei parlamentari potranno essere sottoposte al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte Costituzionale.
Il ricorso motivato dovrà essere presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera o almeno un terzo dei componenti del Senato entro 10 giorni dall'approvazione della norma. La Consulta si pronuncerà entro 30 giorni e, in caso di dichiarazione di illegittimità, la legge non sarà promulgata.
Lo stato di guerra è deliberato dalla Camera a maggioranza assoluta.
10) L’equilibrio di genere nella rappresentanza
Nell'articolo 55 della Costituzione entra un nuovo comma, il secondo, che noi riteniamo di fondamentale importanza: “Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza”.
Viene così rafforzato il principio della parità di accesso alle cariche elettive. L’equilibrio di genere tra donne e uomini nella rappresentanza è previsto anche negli organi regionali in base a principi fondamentali stabiliti dalla legge statale.
Ci sono voluti settanta anni per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (dall'Art. 3 della Costituzione che ribadisce nel primo comma che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”).
Strano a dirsi ma nessuno sottolinea questa variazione sostanziale e sostanziosa della Costituzione: dobbiamo forse ritenere che per i più questa novità sia di difficile digeribilità? E se così è, quanto il nostro Paese sta virando pericolosamente verso destra, indipendentemente dall'orientamento politico dichiarato? A questo proposito ci sembra importante ricordare che il governo Renzi (in continuità con quello Letta) ha realizzato la parità di genere tra i ministri.
www.forexinfo.it/Riforma-costituzionale-2016-cosa-cambia-novita-cosa-prevede-in-10-punti
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REFERENDUM COSTITUZIONALE DEL 4 DICEMBRE
C’E’ CHI CI HA SCRITTO. Anno 2016
Eccoci qua,
dopo mesi in cui rimandavo, come si fa con un compito gravoso, mi sono obbligata ogni sera a vedere dibattiti politici e trasmissioni di approfondimento sul referendum, nel tentativo di farmi un’opinione e arrivare al 4 Dicembre con un minimo di consapevolezza e qualche idea più chiara in testa.
Confesso che in un primo momento, prima dell’estate, pensavo tranquillamente di buttarla in “caciara”, come diciamo noi romani, affidandomi alla pancia e al fastidio che Renzi e questo governo, che non mi rappresenta, mi provocano. Del resto non ero stata io a toppare la via della “personalizzazione”, ma lui in un eccesso di “sé stesso” da cui pochi riescono a salvarlo.
Ma poi ho pensato: “Questo livello di qualunquismo non ti fa onore... puoi fare di meglio” e ne ho scelto uno più ponderato, più prestigioso... il qualunquismo dalla scelta “politica”, laddove la questione è tecnica.
I fautori di entrambi gli schieramenti sciorinano dati, analisi e considerazioni degne di nota che permettono ad ognuno di prendere una posizione.
Ho sentito amici e intellettuali, di cui ho stima, identificare i punti deboli o addirittura gli errori insiti in questa riforma e - non vi nascondo - che la pancia mi spingerebbe per un “no”… ma poi mi trovo con l’analisi di chi dice che la riforma non è perfetta: ed è vero, tuttavia è un primo tentativo concreto di cambiare dopo 30 anni di dibattiti. Sul carro del “no” - ahinoi! - è salita una tale accozzaglia di persone da creare un vero imbarazzo (e mi dispiace per chi quel NO lo difende con qualità e presenza); e poi abbiamo bisogno di dare un senso minimo di continuità e un segnale all’Europa che stiamo in piedi come sistema paese e abbiamo bisogno di una continuità.
Il falso giovanilismo di questo governo non mi convince, ma di certo preferisco dare loro un po’ di credito contro gli zombi che stanno avanzando... quindi voterò Sì.
Se poi voglio aggiungere qualche considerazione un po’ più seria, e molto personale, posso dire che il crollo del Muro di Berlino ha ufficializzato la fine di un moribondo: il modello economico comunista. Sul campo è rimasto indiscusso vincitore, ma per mancanza di alternative, il Capitalismo che si è rafforzato nella mancanza di dialettica in una spietata ondata neoliberista. É il modello vincente? Non credo, e aspetto e studio qualsiasi forma di resistenza che si ponga come alternativa... che si opponga a considerarci tutti “clienti” e non cittadini del mondo con diritti e doveri.
Le lobby economiche, le speculazioni finanziarie decidono anche della politica e l’Italia non è che un piccolo ingranaggio che cerca solo di alzare un po’ la voce per trovare posto tra quelli che hanno diritto alla parola in Europa; fatica anch’essa a ritrovare un senso e una direzione che faccia onore alle ragioni della sua nascita.
Il modello socialdemocratico che ha reso l’Europa un unicum nel mondo non regge più e l’effetto è visibile anche nel mondo politico con la nascita di movimenti che impropriamente sono definiti populisti.
La Sinistra non ha compreso, non ha reinventato, si è arroccata su vecchie posizioni, scollandosi dal paese reale.
Ha smesso di rappresentare il più debole e di costruire un modello alternativo, con una visione di medio periodo (il lungo periodo credo non appartenga più alla velocità dei tempi).
Quando vedo questa matrice (una delle tante) provo terrore... perché penso alla potenza economica che è capace di influenzare qualsiasi governo e lo fa... sotto infiniti aspetti...
E penso al fatto che non ci sono opinion leader che mostrino una visione, e non intendo un’ideologia, ma la pensabilità di un mondo diverso che si basi su logiche che non siano quelle dell’alta finanza e delle concentrazioni lobbistiche.
Ho fiducia, invece, nel collasso di un sistema che non è sostenibile, ho fiducia in tutte quelle iniziative che stanno partendo dal basso supportate anche dalla rete e dai social network, ho fiducia in tutte quelle persone che ogni giorno fanno una scelta che può fare la differenza, anche se è una goccia nel mare.
Ho fiducia che stia già emergendo una coscienza e una consapevolezza diverse, che quegli stessi strumenti di controllo il mercato o la rete possono subire anche loro il rinculo di un fucile (vd. Iniziative contro il TTIP).
Quindi passerà del tempo prima che possa entusiasmarmi di nuovo per qualche iniziativa politica o addirittura per un politico; nel frattempo mi guardo intorno e cerco di scegliere per il meglio. Qualche volta ci riuscirò e qualche volta no. Vedremo questa volta come andrà…
Grazie e ciao
Lettera firmata
dopo mesi in cui rimandavo, come si fa con un compito gravoso, mi sono obbligata ogni sera a vedere dibattiti politici e trasmissioni di approfondimento sul referendum, nel tentativo di farmi un’opinione e arrivare al 4 Dicembre con un minimo di consapevolezza e qualche idea più chiara in testa.
Confesso che in un primo momento, prima dell’estate, pensavo tranquillamente di buttarla in “caciara”, come diciamo noi romani, affidandomi alla pancia e al fastidio che Renzi e questo governo, che non mi rappresenta, mi provocano. Del resto non ero stata io a toppare la via della “personalizzazione”, ma lui in un eccesso di “sé stesso” da cui pochi riescono a salvarlo.
Ma poi ho pensato: “Questo livello di qualunquismo non ti fa onore... puoi fare di meglio” e ne ho scelto uno più ponderato, più prestigioso... il qualunquismo dalla scelta “politica”, laddove la questione è tecnica.
I fautori di entrambi gli schieramenti sciorinano dati, analisi e considerazioni degne di nota che permettono ad ognuno di prendere una posizione.
Ho sentito amici e intellettuali, di cui ho stima, identificare i punti deboli o addirittura gli errori insiti in questa riforma e - non vi nascondo - che la pancia mi spingerebbe per un “no”… ma poi mi trovo con l’analisi di chi dice che la riforma non è perfetta: ed è vero, tuttavia è un primo tentativo concreto di cambiare dopo 30 anni di dibattiti. Sul carro del “no” - ahinoi! - è salita una tale accozzaglia di persone da creare un vero imbarazzo (e mi dispiace per chi quel NO lo difende con qualità e presenza); e poi abbiamo bisogno di dare un senso minimo di continuità e un segnale all’Europa che stiamo in piedi come sistema paese e abbiamo bisogno di una continuità.
Il falso giovanilismo di questo governo non mi convince, ma di certo preferisco dare loro un po’ di credito contro gli zombi che stanno avanzando... quindi voterò Sì.
Se poi voglio aggiungere qualche considerazione un po’ più seria, e molto personale, posso dire che il crollo del Muro di Berlino ha ufficializzato la fine di un moribondo: il modello economico comunista. Sul campo è rimasto indiscusso vincitore, ma per mancanza di alternative, il Capitalismo che si è rafforzato nella mancanza di dialettica in una spietata ondata neoliberista. É il modello vincente? Non credo, e aspetto e studio qualsiasi forma di resistenza che si ponga come alternativa... che si opponga a considerarci tutti “clienti” e non cittadini del mondo con diritti e doveri.
Le lobby economiche, le speculazioni finanziarie decidono anche della politica e l’Italia non è che un piccolo ingranaggio che cerca solo di alzare un po’ la voce per trovare posto tra quelli che hanno diritto alla parola in Europa; fatica anch’essa a ritrovare un senso e una direzione che faccia onore alle ragioni della sua nascita.
Il modello socialdemocratico che ha reso l’Europa un unicum nel mondo non regge più e l’effetto è visibile anche nel mondo politico con la nascita di movimenti che impropriamente sono definiti populisti.
La Sinistra non ha compreso, non ha reinventato, si è arroccata su vecchie posizioni, scollandosi dal paese reale.
Ha smesso di rappresentare il più debole e di costruire un modello alternativo, con una visione di medio periodo (il lungo periodo credo non appartenga più alla velocità dei tempi).
Quando vedo questa matrice (una delle tante) provo terrore... perché penso alla potenza economica che è capace di influenzare qualsiasi governo e lo fa... sotto infiniti aspetti...
E penso al fatto che non ci sono opinion leader che mostrino una visione, e non intendo un’ideologia, ma la pensabilità di un mondo diverso che si basi su logiche che non siano quelle dell’alta finanza e delle concentrazioni lobbistiche.
Ho fiducia, invece, nel collasso di un sistema che non è sostenibile, ho fiducia in tutte quelle iniziative che stanno partendo dal basso supportate anche dalla rete e dai social network, ho fiducia in tutte quelle persone che ogni giorno fanno una scelta che può fare la differenza, anche se è una goccia nel mare.
Ho fiducia che stia già emergendo una coscienza e una consapevolezza diverse, che quegli stessi strumenti di controllo il mercato o la rete possono subire anche loro il rinculo di un fucile (vd. Iniziative contro il TTIP).
Quindi passerà del tempo prima che possa entusiasmarmi di nuovo per qualche iniziativa politica o addirittura per un politico; nel frattempo mi guardo intorno e cerco di scegliere per il meglio. Qualche volta ci riuscirò e qualche volta no. Vedremo questa volta come andrà…
Grazie e ciao
Lettera firmata
****************
Roma, 30.11.2016
Gentile Collaboratore,
poche volte mi è capitato di esprimere la mia opinione pubblicamente su situazioni politiche o elettorali. Come ben saprai il prossimo 4 dicembre tutti noi saremo chiamati ad esprimere, tramite un Sì oppure un No, la nostra opinione e la nostra volontà su una questione di primaria importanza nella vita civile del nostro paese, l’Italia. La Costituzione cosi come la conosciamo e la viviamo quotidianamente è stata scritta nel 1948 al termine del secondo conflitto mondiale. A distanza di quasi settanta anni dobbiamo ora scegliere se riformarla o lasciarla come è. Molto è cambiato in questi settanta anni.
Del mondo per come lo conoscevano i nostri padri e nonni nel 1948 poco è rimasto uguale. Viviamo oggi in un contesto globale dove si stanno affacciando prepotentemente i paesi dell’oriente e più in generale di buona parte di quei luoghi geografici che fino a qualche anno fa chiamavamo Terzo o Quarto mondo.
Tu conosci e conosciamo bene i problemi e le questioni che questa nuova realtà ci costringe ad affrontare, non c’è più solo l’Europa o l’America ma il Mondo intero che reclama condizioni di vita migliori. Di sicuro non è un mistero che chi prima e bene risponde al tempo nuovo che stiamo vivendo meglio può fare degli altri in una sfida globale. Il nostro lavoro non si confronta più solo con le aziende del nostro paese ma con il mondo intero. I lavoratori non sono più solo quelli europei ma quelli del mondo intero.
È mia opinione che per poter gareggiare e competere in questo nuovo contesto occorra pertanto avere non solo una azienda efficiente e persone motivate ma anche un paese diverso da quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi, moderno e veloce come il tempo che stiamo vivendo. Amo ed apprezzo la libertà che i nostri nonni e genitori ed altri prima di loro hanno conquistato con il sangue ed il sacrificio, per nulla al mondo me ne priverei. La modifica della Costituzione che siamo chiamati ad accettare o respingere non cambia le conquiste fondamentali che ci hanno regalato ma propone una nuova forma di Stato, più veloce e snella, per rispondere meglio alle sfide che il futuro ci riserva. Sia io che te sappiamo bene che chi fa può sbagliare e sicuramente questa riforma potrebbe essere ancora migliore di come ce la propongono ma tra chi dice No perché non fa e chi dice Si perché fa preferisco dire Si.
Quando dico che voterò Si il prossimo 4 dicembre e rivolgo un invito a te e ai tuoi familiari a votare Sì, lo faccio come amministratore della società nella quale lavoriamo e non come privato cittadino. Il motivo? Sta nel fatto che la decisione che l’Italia prenderà avrà comunque un peso nella nostra vita di privati cittadini e soprattutto di noi, gente che lavora. Credo che con il Sì alla riforma il nostro paese lancerà un messaggio forte al mondo intero, un segnale che sappiamo cambiare e non rimaniamo intrappolati nei continui rimandi e nelle eterne riforme che mai vengono portate a termine, siamo un paese nel quale forse vale la pena investire.
Vorrei ricordare in ultimo che il prezzo più alto dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea lo stanno pagando le imprese ed i lavoratori; il giorno dopo la vittoria del No i capi del movimento per il No all’Europa si sono prontamente dimessi, lasciando l’intero loro paese a pagare il prezzo di una scelta che ha visto ridurre immediatamente gli investimenti esteri. Ecco, temo sostanzialmente che dietro il No alla riforma della Costituzione vi sia la totale mancanza di un progetto di sviluppo per il nostro Paese; ho sentito molte persone parlare di cosa potremmo perdere o del perché una tale riforma è una presa in giro, l’ennesima a detta loro; ma da loro ho anche sentito molto poco o nulla di cosa potremmo fare dal giorno dopo per il nostro futuro. Ecco perché voterò Si alla riforma della Costituzione.
Con stima
Claudio Malizia
poche volte mi è capitato di esprimere la mia opinione pubblicamente su situazioni politiche o elettorali. Come ben saprai il prossimo 4 dicembre tutti noi saremo chiamati ad esprimere, tramite un Sì oppure un No, la nostra opinione e la nostra volontà su una questione di primaria importanza nella vita civile del nostro paese, l’Italia. La Costituzione cosi come la conosciamo e la viviamo quotidianamente è stata scritta nel 1948 al termine del secondo conflitto mondiale. A distanza di quasi settanta anni dobbiamo ora scegliere se riformarla o lasciarla come è. Molto è cambiato in questi settanta anni.
Del mondo per come lo conoscevano i nostri padri e nonni nel 1948 poco è rimasto uguale. Viviamo oggi in un contesto globale dove si stanno affacciando prepotentemente i paesi dell’oriente e più in generale di buona parte di quei luoghi geografici che fino a qualche anno fa chiamavamo Terzo o Quarto mondo.
Tu conosci e conosciamo bene i problemi e le questioni che questa nuova realtà ci costringe ad affrontare, non c’è più solo l’Europa o l’America ma il Mondo intero che reclama condizioni di vita migliori. Di sicuro non è un mistero che chi prima e bene risponde al tempo nuovo che stiamo vivendo meglio può fare degli altri in una sfida globale. Il nostro lavoro non si confronta più solo con le aziende del nostro paese ma con il mondo intero. I lavoratori non sono più solo quelli europei ma quelli del mondo intero.
È mia opinione che per poter gareggiare e competere in questo nuovo contesto occorra pertanto avere non solo una azienda efficiente e persone motivate ma anche un paese diverso da quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi, moderno e veloce come il tempo che stiamo vivendo. Amo ed apprezzo la libertà che i nostri nonni e genitori ed altri prima di loro hanno conquistato con il sangue ed il sacrificio, per nulla al mondo me ne priverei. La modifica della Costituzione che siamo chiamati ad accettare o respingere non cambia le conquiste fondamentali che ci hanno regalato ma propone una nuova forma di Stato, più veloce e snella, per rispondere meglio alle sfide che il futuro ci riserva. Sia io che te sappiamo bene che chi fa può sbagliare e sicuramente questa riforma potrebbe essere ancora migliore di come ce la propongono ma tra chi dice No perché non fa e chi dice Si perché fa preferisco dire Si.
Quando dico che voterò Si il prossimo 4 dicembre e rivolgo un invito a te e ai tuoi familiari a votare Sì, lo faccio come amministratore della società nella quale lavoriamo e non come privato cittadino. Il motivo? Sta nel fatto che la decisione che l’Italia prenderà avrà comunque un peso nella nostra vita di privati cittadini e soprattutto di noi, gente che lavora. Credo che con il Sì alla riforma il nostro paese lancerà un messaggio forte al mondo intero, un segnale che sappiamo cambiare e non rimaniamo intrappolati nei continui rimandi e nelle eterne riforme che mai vengono portate a termine, siamo un paese nel quale forse vale la pena investire.
Vorrei ricordare in ultimo che il prezzo più alto dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea lo stanno pagando le imprese ed i lavoratori; il giorno dopo la vittoria del No i capi del movimento per il No all’Europa si sono prontamente dimessi, lasciando l’intero loro paese a pagare il prezzo di una scelta che ha visto ridurre immediatamente gli investimenti esteri. Ecco, temo sostanzialmente che dietro il No alla riforma della Costituzione vi sia la totale mancanza di un progetto di sviluppo per il nostro Paese; ho sentito molte persone parlare di cosa potremmo perdere o del perché una tale riforma è una presa in giro, l’ennesima a detta loro; ma da loro ho anche sentito molto poco o nulla di cosa potremmo fare dal giorno dopo per il nostro futuro. Ecco perché voterò Si alla riforma della Costituzione.
Con stima
Claudio Malizia
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Camminando con mio padre ripercorriamo vie importanti che ci hanno segnato profondamente. A volte il parlare ripercorre sempre le stesse strade e sembra inceppato in un circuito chiuso. Qua e là mando degli input per cercare di trovare nuove vie, poco battute e perigliose, che portano fuori dal circuito inceppato. Ora il discorso va sulla politica e le discordie si fanno più marcate e anche io mi arrocco in siti conosciuti. Improvvisamente qualcosa cambia, forse ci può essere un vero confronto-scontro dove, seppure ognuno rimane con le proprie convinzioni, i confini si fanno netti e decisi. È con questa chiarezza che possiamo parlare dei No di mio padre che proprio non riesce a lasciare il passato lì dove si trova e lo attualizza con parole vecchie. Io propongo il mio Sì: netto e chiaro, senza se e senza ma; quel Sì che forse mio padre non ha avuto il coraggio di percorrere, ma che ha instillato in me con i suoi No perché sono stati il punto di partenza per potere esprimere dei Sì che sanno di scelta.
Giampietro Marcheggiani
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Giampietro Marcheggiani
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ANNO 2016, IL MEDIOEVO PER LA DONNA, di Shelly Bisirri. Anno 2016
ANNO 2016, IL MEDIOEVO PER LA DONNA
Shelly Bisirri
Edouard Manet, La colazione sull'erba, 1863.
Abbiamo salutato il 2015 con lo stupro di massa a Colonia, un fatto di cronaca con un significato importante nella storia della violenza sulle donne. Le prime notizie raccontano di un migliaio di uomini che hanno stuprato, palpeggiato e derubato circa 90 donne; ma la conta sale di giorno in giorno. Tra l’altro non si è trattato di un episodio isolato, ma con caratteristiche simili il misfatto si è ripetuto in Austria, Svizzera e Finlandia: questo è il paradigma degli stupri che accadono ogni giorno sia in Italia che nel resto del mondo. Si tratta di un fenomeno crescente che non ha età: vengono stuprate donne settantenni e bambine di quattro anni da uomini e ragazzi di qualsiasi età ed etnia.
Storicamente lo stupro ha avuto il significato di un atto di proprietà e di conquista da parte dell’uomo e sin dagli antichi greci la violenza carnale verso una donna era un comportamento accettato dalle leggi belliche. Nel Medioevo la legislazione considerava la donna un genere inferiore rispetto all’uomo e solo alla fine del ‘700, con il “Trattato per l’Amicizia e il Commercio”, si comincia a parlare del dovere di proteggere le donne e i bambini durante le guerre. In quest’ultimo documento viene specificato che in caso di guerra “donne e bambini (…) non saranno molestate nelle loro persone”; ma bisognerà attendere il 1949 con l’Art. 27 della Quarta Convenzione di Ginevra per ottenere l’esplicito divieto dello stupro nei confronti dei prigionieri. E ancora solo nel 1977 si avrà un’estensione del suddetto articolo di legge a tutte le donne che si trovano nell’area di un conflitto. Per la prima volta nel 1998, durante la “rivoluzione sociale” in Ruanda tra le tribù Tutsi e Hutu, il Tribunale Penale Internazionale dell’ONU definisce la violenza sessuale come “genocidio”. Questo principio verrà rinforzato con lo Statuto di Roma ove si riconoscono lo stupro, lo schiavismo sessuale e la prostituzione forzata come crimini contro l’umanità se queste azioni sono parte di una diffusa o sistematica pratica.
Se osserviamo attentamente quanti stupri vengono perpetrati sulle donne ogni giorno e in ogni parte del mondo possiamo solo asserire che siamo in guerra. Lo scrittore algerino Kamel Daoud racconta alla stampa che nel mondo arabo: “La donna è la posta in gioco senza volerlo. Sacralità, senza rispetto della propria persona. Onore per tutti, ad eccezione del proprio. Desiderio di tutti, senza un desiderio proprio. Il suo corpo è il luogo in cui tutti si incontrano, escludendola. Il passaggio alla vita che impedisce a lei stessa di vivere”. Si tratta di una guerra quotidiana nei confronti della quale l’uomo e la giustizia non assumono una posizione definita. Lo dimostrano tutte le sentenze assurde che non condannano lo stupro o ne riducono la pena con una qualsiasi banale motivazione. A tale proposito ricordo i fatti giuridici relativi allo stupro avvenuto nel 2008 presso la Fortezza da Basso a Firenze: in una prima sentenza del 2013 vengono condannati sei dei sette accusati a quattro anni e sei mesi di reclusione per violenza sessuale, aggravata dalle condizioni di inferiorità psicofisica della donna dato che era in stato di ubriachezza. Gli imputati ricorrono in appello e la sentenza viene completamente ribaltata. I sei uomini vengono assolti con formula piena perché… il fatto non sussiste!! La Procura generale di Firenze non ha presentato ricorso in Cassazione entro i termini, rendendo così quest’ultima sentenza definitiva. I giudici della Corte d’Appello hanno dubitato dell’attendibilità della giovane donna basandosi sulle contraddizioni evidenziate nella ricostruzione della vita privata e delle abitudini sessuali della stessa. Nelle quattro pagine del verdetto, la vittima viene così descritta: “Un soggetto femminile fragile, ma al tempo stesso disinibito, creativo, in grado di gestire la propria (bi)sessualità, di avere rapporti fisici occasionali, di cui nel contempo non era convinta”. Secondo i giudici con la denuncia la ragazza voleva “rimuovere” quello che considerava un suo “discutibile momento di debolezza e fragilità”, infatti non ha ostacolato l’iniziativa del gruppo. Come se una donna in balìa di sette uomini, seppur sobria, potesse essere in grado di fermarli! Appunto… i fatti di Colonia.
In Inghilterra nel 2014 un ricco magnate saudita abusa sessualmente di una diciottenne. Dopo aver trascorso la serata con lei e una sua amica ventiquattrenne presso un club, porta entrambe le ragazze a casa sua e durante la notte abusa della diciottenne dopo aver avuto rapporti con l’amica. L’uomo si giustifica dicendo che non l’ha stuprata, ma le è caduto addosso penetrandola e i giudici gli credono!! L’uomo è stato assolto.
In India nella capitale New Delhi lo scorso anno sono state stuprate due bimbe, una di cinque e una di soli due anni. La presidente della Commissione per la donna di Delhi, Swati Maliwal, parla di un fenomeno che sta assumendo proporzioni endemiche nella capitale e mette in evidenza che nel 2014 solo nove persone sono state condannate per stupro ed è per questo che nessuno ha paura di commettere violenze simili.
È una indefinitezza della politica, della legislazione e dell’uomo ad avallare lo stupro come strumento di odio profondo che negli ultimi anni sembra essere in crescita. Risuonano ancora una volta importanti le parole dello scrittore Kamel Daoud: “Nel mondo di Allah la donna è l’incarnazione di un desiderio necessario, e per questo ritenuta colpevole di un crimine orribile: la vita. Il corpo della donna è il luogo pubblico della cultura: appartiene a tutti, ma non a lei. (…) Il rapporto con la donna rappresenta il nodo gordiano nel mondo di Allah. La donna è negata, uccisa, velata, rinchiusa o posseduta. (…) Poiché la donna è donatrice di vita e la vita è una perdita di tempo, la donna è assimilabile alla perdita dell’anima”. L’odio di cui si parla ha tutte le caratteristiche di uno tsunami nei confronti della vita stessa e delle sue possibilità evolutive. Come a dire che la necessità di terrorizzare la donna libera e capace di trovare una forma espressiva al di fuori di ruoli prestabiliti è legata all’odio e al terrore verso una possibile evoluzione del genere umano.
In questo clima di guerra per fortuna ci sono ancora uomini che amano la vita e sono pronti a tutto per salvare la donna e ciò che rappresenta. Esempio ne è Khalil al Dakhil di Raqqa, che fino a poco tempo fa faceva l’avvocato; ora ha scelto di salvare tremila, donne e bambini, rapiti dall’ISIS durante la presa della città di Raqqa. Donne che vengono stuprate ripetutamente e schiavizzate o vendute, ciò vale anche per le bambine a partire dai nove anni, e i bambini che a dieci anni vengono addestrati per fare parte delle milizie dell’ISIS. Spesso i carcerieri delle prigioniere sono donne europee che sostengono di credere profondamente in ciò che fanno. Khalil ha organizzato squadre di uomini volontari disarmati che penetrano nei territori dell’ISIS avvalendosi di una rete di contatti e informatori siriani. Agiscono con operazioni di stampo militare per fare irruzione nelle case dove vengono detenute le prigioniere con i rispettivi figli. Il rischio è molto alto visto che prima liberano le donne dalle prigioni, poi sostano temporaneamente nei territori del Califfato, presso delle case rifugio, con lo scopo di garantire una fuga sicura quando le acque si sono calmate. La sua organizzazione non gode di nessun tipo di aiuto militare o umanitario, purtroppo. L’unico supporto lo riceve dalla comunità religiosa Yazidi alla quale appartiene, e da alcuni curdi che facilitano il passaggio delle donne liberate attraverso la frontiera tra Siria e Iraq. Per quest’uomo e i suoi collaboratori rischiare la vita ha lo stesso valore della salvezza delle donne.
Concludo con un elenco, largamente incompleto, di stupri accaduti nel nostro paese durante l’anno 2015. Un lungo bollettino di guerra per ricordare le vittime e commemorare tutte quelle donne che non hanno denunciato e non denunciano la violenza subita in ogni luogo della quotidianità: in casa, per strada, nelle discoteche, sui mezzi pubblici, in famiglia o al lavoro.
Storicamente lo stupro ha avuto il significato di un atto di proprietà e di conquista da parte dell’uomo e sin dagli antichi greci la violenza carnale verso una donna era un comportamento accettato dalle leggi belliche. Nel Medioevo la legislazione considerava la donna un genere inferiore rispetto all’uomo e solo alla fine del ‘700, con il “Trattato per l’Amicizia e il Commercio”, si comincia a parlare del dovere di proteggere le donne e i bambini durante le guerre. In quest’ultimo documento viene specificato che in caso di guerra “donne e bambini (…) non saranno molestate nelle loro persone”; ma bisognerà attendere il 1949 con l’Art. 27 della Quarta Convenzione di Ginevra per ottenere l’esplicito divieto dello stupro nei confronti dei prigionieri. E ancora solo nel 1977 si avrà un’estensione del suddetto articolo di legge a tutte le donne che si trovano nell’area di un conflitto. Per la prima volta nel 1998, durante la “rivoluzione sociale” in Ruanda tra le tribù Tutsi e Hutu, il Tribunale Penale Internazionale dell’ONU definisce la violenza sessuale come “genocidio”. Questo principio verrà rinforzato con lo Statuto di Roma ove si riconoscono lo stupro, lo schiavismo sessuale e la prostituzione forzata come crimini contro l’umanità se queste azioni sono parte di una diffusa o sistematica pratica.
Se osserviamo attentamente quanti stupri vengono perpetrati sulle donne ogni giorno e in ogni parte del mondo possiamo solo asserire che siamo in guerra. Lo scrittore algerino Kamel Daoud racconta alla stampa che nel mondo arabo: “La donna è la posta in gioco senza volerlo. Sacralità, senza rispetto della propria persona. Onore per tutti, ad eccezione del proprio. Desiderio di tutti, senza un desiderio proprio. Il suo corpo è il luogo in cui tutti si incontrano, escludendola. Il passaggio alla vita che impedisce a lei stessa di vivere”. Si tratta di una guerra quotidiana nei confronti della quale l’uomo e la giustizia non assumono una posizione definita. Lo dimostrano tutte le sentenze assurde che non condannano lo stupro o ne riducono la pena con una qualsiasi banale motivazione. A tale proposito ricordo i fatti giuridici relativi allo stupro avvenuto nel 2008 presso la Fortezza da Basso a Firenze: in una prima sentenza del 2013 vengono condannati sei dei sette accusati a quattro anni e sei mesi di reclusione per violenza sessuale, aggravata dalle condizioni di inferiorità psicofisica della donna dato che era in stato di ubriachezza. Gli imputati ricorrono in appello e la sentenza viene completamente ribaltata. I sei uomini vengono assolti con formula piena perché… il fatto non sussiste!! La Procura generale di Firenze non ha presentato ricorso in Cassazione entro i termini, rendendo così quest’ultima sentenza definitiva. I giudici della Corte d’Appello hanno dubitato dell’attendibilità della giovane donna basandosi sulle contraddizioni evidenziate nella ricostruzione della vita privata e delle abitudini sessuali della stessa. Nelle quattro pagine del verdetto, la vittima viene così descritta: “Un soggetto femminile fragile, ma al tempo stesso disinibito, creativo, in grado di gestire la propria (bi)sessualità, di avere rapporti fisici occasionali, di cui nel contempo non era convinta”. Secondo i giudici con la denuncia la ragazza voleva “rimuovere” quello che considerava un suo “discutibile momento di debolezza e fragilità”, infatti non ha ostacolato l’iniziativa del gruppo. Come se una donna in balìa di sette uomini, seppur sobria, potesse essere in grado di fermarli! Appunto… i fatti di Colonia.
In Inghilterra nel 2014 un ricco magnate saudita abusa sessualmente di una diciottenne. Dopo aver trascorso la serata con lei e una sua amica ventiquattrenne presso un club, porta entrambe le ragazze a casa sua e durante la notte abusa della diciottenne dopo aver avuto rapporti con l’amica. L’uomo si giustifica dicendo che non l’ha stuprata, ma le è caduto addosso penetrandola e i giudici gli credono!! L’uomo è stato assolto.
In India nella capitale New Delhi lo scorso anno sono state stuprate due bimbe, una di cinque e una di soli due anni. La presidente della Commissione per la donna di Delhi, Swati Maliwal, parla di un fenomeno che sta assumendo proporzioni endemiche nella capitale e mette in evidenza che nel 2014 solo nove persone sono state condannate per stupro ed è per questo che nessuno ha paura di commettere violenze simili.
È una indefinitezza della politica, della legislazione e dell’uomo ad avallare lo stupro come strumento di odio profondo che negli ultimi anni sembra essere in crescita. Risuonano ancora una volta importanti le parole dello scrittore Kamel Daoud: “Nel mondo di Allah la donna è l’incarnazione di un desiderio necessario, e per questo ritenuta colpevole di un crimine orribile: la vita. Il corpo della donna è il luogo pubblico della cultura: appartiene a tutti, ma non a lei. (…) Il rapporto con la donna rappresenta il nodo gordiano nel mondo di Allah. La donna è negata, uccisa, velata, rinchiusa o posseduta. (…) Poiché la donna è donatrice di vita e la vita è una perdita di tempo, la donna è assimilabile alla perdita dell’anima”. L’odio di cui si parla ha tutte le caratteristiche di uno tsunami nei confronti della vita stessa e delle sue possibilità evolutive. Come a dire che la necessità di terrorizzare la donna libera e capace di trovare una forma espressiva al di fuori di ruoli prestabiliti è legata all’odio e al terrore verso una possibile evoluzione del genere umano.
In questo clima di guerra per fortuna ci sono ancora uomini che amano la vita e sono pronti a tutto per salvare la donna e ciò che rappresenta. Esempio ne è Khalil al Dakhil di Raqqa, che fino a poco tempo fa faceva l’avvocato; ora ha scelto di salvare tremila, donne e bambini, rapiti dall’ISIS durante la presa della città di Raqqa. Donne che vengono stuprate ripetutamente e schiavizzate o vendute, ciò vale anche per le bambine a partire dai nove anni, e i bambini che a dieci anni vengono addestrati per fare parte delle milizie dell’ISIS. Spesso i carcerieri delle prigioniere sono donne europee che sostengono di credere profondamente in ciò che fanno. Khalil ha organizzato squadre di uomini volontari disarmati che penetrano nei territori dell’ISIS avvalendosi di una rete di contatti e informatori siriani. Agiscono con operazioni di stampo militare per fare irruzione nelle case dove vengono detenute le prigioniere con i rispettivi figli. Il rischio è molto alto visto che prima liberano le donne dalle prigioni, poi sostano temporaneamente nei territori del Califfato, presso delle case rifugio, con lo scopo di garantire una fuga sicura quando le acque si sono calmate. La sua organizzazione non gode di nessun tipo di aiuto militare o umanitario, purtroppo. L’unico supporto lo riceve dalla comunità religiosa Yazidi alla quale appartiene, e da alcuni curdi che facilitano il passaggio delle donne liberate attraverso la frontiera tra Siria e Iraq. Per quest’uomo e i suoi collaboratori rischiare la vita ha lo stesso valore della salvezza delle donne.
Concludo con un elenco, largamente incompleto, di stupri accaduti nel nostro paese durante l’anno 2015. Un lungo bollettino di guerra per ricordare le vittime e commemorare tutte quelle donne che non hanno denunciato e non denunciano la violenza subita in ogni luogo della quotidianità: in casa, per strada, nelle discoteche, sui mezzi pubblici, in famiglia o al lavoro.
Bollettino di guerra
Caserta, 16 Gennaio: donna polacca 32enne chiede un passaggio a degli uomini conosciuti in un locale. I tre una volta in auto non la portano a destinazione, bensì presso un terreno agricolo dove ne abusano a turno. Due di loro vengono arrestati subito con l’accusa di violenza sessuale di gruppo, il terzo è ancora ricercato.
Roma, 22 Gennaio: da diversi mesi tre uomini si fingono agenti antidroga, entrano in casa di prostitute con la scusa di una perquisizione, poi violentano le ragazze. Una delle vittime, nonostante le circostanze, scatta una foto con il cellulare ai malviventi. È stata proprio questa foto a permettere alla Polizia di arrestare gli uomini.
Bari, 27 Febbraio: un ragazzo di 25 anni viene arrestato per aver abusato di una bimba di 4 anni nel palazzo in cui abitava la piccola vittima. La bimba era nel cortile a giocare quando è stata avvicinata e condotta nel sottoscala dal giovane che era in visita presso alcuni parenti. La piccolina una volta raggiunta la mamma ha raccontato i fatti ed è subito partita la denuncia e l’arresto del giovane.
Brescia, 2 Marzo: ragazzine tra gli 11 e i 17 anni vengono sottoposte ad un rito d’iniziazione a sfondo sessuale una volta entrate in una casa famiglia locale. Responsabili sono i due figli del titolare della struttura. La denuncia parte dopo che una ragazzina di 11 anni scrive alla mamma raccontando cosa è stata costretta a subire. Le indagini hanno evidenziato che le violenze hanno avuto inizio nel 2006, ma nessuna delle vittime ha mai denunciato nulla nella convinzione di non essere credute. In fondo si tratta di ragazzi allontanati dalle famiglie di origine per essere inseriti in un progetto di riabilitazione sociale!
Genova, 5 Marzo: una donna di 20 anni viene violentata da un conoscente. Sia la vittima che l’uomo erano commercianti con le rispettive attività nella stessa via. Era nato un rapporto amichevole tra i due, tant’è che la donna aveva accetta un invito. Una volta in casa, dopo i primi approcci di lui, da lei rifiutati l’uomo era passato alla violenza. Una volta liberatasi la donna denuncia l’uomo che il giorno seguente viene arrestato nel suo stesso negozio.
Milano, 23 Marzo: una 22enne svedese si trasferisce in Italia per lavorare come modella, dopo aver concorso per Miss Universo. Incontra un uomo che le promette quella carriera che aveva tanto sognato; la convince così a trasferirsi presso il suo appartamento, dove per la ragazza ha inizio il supplizio. Viene segregata, le vengono requisiti i documenti e il cellulare, viene legata al letto, picchiata e violentata fin quando un giorno riesce ad urlare così forte che i vicini chiamano le forze dell’ordine. L’uomo viene arrestato e si scopre che era recidivo di un fatto identico nei confronti di un’altra ragazza bielorussa: era infatti uscito dal carcere nel 2013.
Roma, 8 Maggio: una donna tassista viene violentata da un passeggero. Responsabile della violenza è un trentenne che viene fermato poiché sospettato e confessa. Dalle indagini sembra che l’uomo possa essere responsabile anche di un’altra aggressione sempre ai danni di una tassista avvenuta nell’Aprile 20015 con modalità simili. Tra l’altro, tramite le foto pubblicate sui media, lo stesso viene riconosciuto da una minorenne come l’uomo che nel 2014 aveva abusato di lei nell’ascensore di un palazzo.
Santa Marinella (Roma), 13 Maggio: una casa famiglia diventa la casa degli orrori per i bambini e ragazzi/e che vi abitano. L’orco è il direttore della struttura, un uomo di 55 anni, e le sue conniventi collaboratrici. L’occhio vigile di un’assistente sociale, tutore di uno dei minori, ha fatto scattare l’inchiesta che ha rivelato storie di abusi sessuali e maltrattamenti. La struttura è stata chiusa e sequestrata i responsabili arrestati.
Torino, 27 Maggio: una giovane donna con disabilità mentali, mentre si reca a scuola incontra dei ragazzi e decide di seguirli. Se ne perdono le tracce per 24 ore, fin quando un amico di famiglia la incontra per strada in compagnia degli stessi ragazzi che avvertendo il pericolo di essere riconosciuti abbandonano la loro vittima sul marciapiede. Questa viene soccorsa e parte la caccia ai tre per abuso sessuale: due vengono arrestati subito, il terzo dopo qualche mese.
Salerno, 3 Giugno: una ragazza 21enne subisce uno stupro in pieno giorno mentre percorre il solito tragitto dal lavoro a casa. Quel giorno nell’attraversare il consueto sottopasso viene caricata a forza su di un auto da due uomini e viene violentata. Nonostante tutto non smette di dimenarsi fin quando i due la spingono fuori dall’auto e la sbattono contro un muro per poi fuggire. I due non sono stati identificati.
Milano, 7 Giugno: una studentessa inglese di 27 anni è invitata a cena da un ventiquattrenne egiziano nel ristorante dove il ragazzo fa il pizzaiolo. Il tutto accade dopo l’orario di chiusura del locale: lui le fa delle avance, lei lo rifiuta, quindi la violenta.
Firenze, 7 Giugno: una giovane mamma appena ventenne viene stuprata dal vicino. L’uomo, un marocchino di 57 anni, le chiede di entrare per poter fare una telefonata; chiusa la porta dietro di sè la aggredisce e la stupra. L’uomo prende la fuga solo quando sente piangere il bimbo della giovane donna che dormiva nella stanza accanto.
Firenze, 10 Giugno: una studentessa americana di 20 anni sta per rientrare a casa verso le 4 del mattino quando viene aggredita da quattro uomini, in due tentano di stuprarla. Le urla della giovane donna attirano l’attenzione dei residenti che si affacciano alle finestre mettendo in fuga gli uomini. Solo uno di questi viene catturato: un ragazzo (senegalese) di 22 anni.
Roma, 29 Giugno: una ragazza sedicenne viene stuprata da un militare che si finge poliziotto. L’uomo mette in atto un controllo dei documenti mentre la ragazza è al capolinea dell’autobus con due amiche. Le intima di seguirlo in commissariato per infliggerle una sanzione per aver consumato alcool con le amiche per strada; invece la conduce in un parco della zona dove la violenta e la minaccia di morte.
Sondrio, 30 Giugno: una minorenne denuncia di essere stata stuprata durante un festino di droga e sballo dove viene istigata a fare abuso di alcool. Approfittando del suo stato confusionale viene fatta salire su un auto e portata a Campoledro dove è violentata dal branco. Non sono stati trovati i responsabili.
Sampierdarena (Genova), 9 Luglio: una studentessa 23enne parcheggia l’auto e si avvia verso casa, nel breve tragitto viene assalita da tre uomini che prima la derubano e poi la stuprano. Recatasi alla stazione dei carabinieri riesce a denunciare solo il furto. È solo grazie al supporto di un’amica che il giorno seguente si reca in ospedale per una visita dove si rende evidente lo stupro e parte la denuncia.
Treno regionale Livorno – Pisa, 11 Luglio: la vittima è una 20enne che prende posto in uno scompartimento vuoto del treno. Le si siede accanto un ragazzo di colore. Lei si alza per allontanarsi, ma lui la afferra con forza e la violenta sul pavimento del treno. Poi si allontana indisturbato, mentre il tutto viene ripreso dalle telecamere dello scompartimento. Appena riesce a riprendersi la ragazza denuncia l’accaduto al capotreno. Grazie alla descrizione della ragazza e alle telecamere il giovane viene subito identificato. Anche lui 20enne incensurato e con regolare permesso di soggiorno.
Vicenza, 19 Luglio: una 18enne denuncia di essere stata violentata da un coetaneo nigeriano. I due si conoscono in primavera e si rincontrano dopo qualche tempo, lui la invita a prendere una bibita nell’appartamento dove vive ospite di un’associazione. Una volta in casa tenta i primi approcci ma lei lo rifiuta, quindi viene stuprata. Terminata la violenza la lascia andare. Lei lo denuncia e il ragazzo viene identificato e fermato dagli agenti della squadra mobile.
Roma, 20 Luglio: drammatico il racconto di una ragazza di 18 anni di Centocelle che descrive come in pieno giorno è stata trascinata a forza da un nigeriano dietro il deposito Atac del Pigneto, dove è stata violentata. Dopo la denuncia è stata accompagnata in ospedale per medicare le ferite sul corpo e sul volto causate dall’essere stata anche picchiata. L’uomo non è stato ancora catturato.
Cuneo, 24 Luglio: in pieno giorno una donna 50enne stava pedalando lungo la ciclabile del parco fluviale quando improvvisamente viene scaraventata a terra, picchiata sul volto, presa a calci ed infine violentata. La donna ha urlato sperando di ricevere aiuto, ma il luogo era deserto. L’uomo si è dileguato, la donna è riuscita a farsi forza e rialzarsi per andare a cercare aiuto. È stata soccorsa da due passanti e portata in ospedale, le sono stati riconosciuti i segni della violenza subita. Le forze dell’ordine sono alla ricerca dell’uomo avvalendosi sia della descrizione fatta dalla donna che delle telecamere che sorvegliano gli ingressi del parco.
Roma, 25 Luglio: un gruppo di adulti si incontrano e una donna 40enne tenta di vendere il suo cellulare e tablet ad uno degli uomini della comitiva conosciuto in quella circostanza. Lui la invita a concludere l’affare nel suo appartamento e lei accetta, ma una volta lì la costringe ad assumere stupefacenti e cocaina e ne abusa ripetutamente. La donna stremata tenta comunque la fuga più volte e l’uomo dopo averla ogni volta bloccata, alla fine le lancia addosso dell’acqua bollente. I carabinieri che pattugliavano la zona sono accorsi alle urla disperate della donna trovata in stato di shock, con il corpo ustionato e gli abiti lacerati. Il giovane uomo è stato arrestato.
Arcola (La Spezia), 26 Luglio: due uomini stranieri convincono una donna a salire a bordo della loro auto, la conducono in una zona disabitata dove la derubano e ne abusano. La donna trova il coraggio di denunciare l’accaduto ai carabinieri. Poi viene telefonicamente contattata dai due uomini che le chiedono d’incontrarla, forse per mettere a tacere l’accaduto. La donna, pattuito un luogo d’incontro, avvisa le forze dell’ordine che arrestano i due presentatisi puntuali all’appuntamento.
Condino (Trento), 29 Luglio: un uomo 50enne impegnato a fare dei lavori di ristrutturazione nella casa di una ragazza di 23 anni, approfitta di un momento in cui la ragazza è sola in casa per avventarsi su di lei, portarla in camera da letto e violentarla. Quando la ragazza riesce a fuggire si reca subito alla stazione dei carabinieri per denunciare il fatto. L’uomo incensurato e residente nella stessa zona, è agli arresti domiciliari.
Ostia, 31 Luglio: in pieno giorno una ragazza polacca di 24 anni si trova alla fermata dell’autobus presso la stazione Lido-centro in attesa del mezzo per raggiungere la capitale. Due uomini le si avvicinano e con la forza la trascinano in una baracca nella pineta di Ostia. Qui la ragazza è rimasta segregata per due giorni durante i quali viene picchiata e violentata. Approfittando di un attimo di distrazione dei suoi aguzzini è riuscita a fuggire e chiedere aiuto. I carabinieri hanno tempestivamente identificato e arrestato i due uomini di origini rumena rispettivamente di 34 e 35 anni, già noti alle forze dell’ordine.
Frosinone, 31 Luglio: tre minorenni violentano un’operatrice del centro di accoglienza di Fiuggi, dopo aver immobilizzato e picchiato il responsabile. I ragazzi sono stati arrestati e dovranno rispondere di violenza sessuale di gruppo.
Milano, 3 Agosto: si conoscono alla festa della comunità latina, lui 23 anni domenicano, lei 20enne di origine ecuadoriana. Al termine della serata, di comune accordo scelgono di appartarsi nei giardinetti circostanti. Una volta soli l’uomo minaccia la ragazza e la violenta. A lanciare l’allarme sono stati dei passanti che hanno sentito le urla della vittima. I carabinieri hanno bloccato e arrestato l’uomo.
Monza, 7 Agosto: rincontra un vecchio amico per caso e lo fa salire in casa per trascorrere una serata in chiacchere. L’uomo 32enne ad un certo punto della serata rapina la giovane donna 26enne e tenta di violentarla. Ma il vicino di casa della ragazza sentendo le urla avvisa i carabinieri sventando lo stupro. L’uomo è stato arrestato.
Modena, 9 Agosto: una giovane 25enne di Ferrara, trascorre la serata in una discoteca estiva di Modena dove in tarda serata, forse a cause dell’abuso di alcool, scoppia un alterco tra persone di una comitiva. La ragazza si allontana dalla rissa uscendo all’esterno dove incontra quattro uomini di origine magrebina. Scostretta a salire sulla loro auto, viene a turno stuprata. La mattina seguente la ragazza riesce a chiamare i carabinieri e denunciare il fatto.
Gallipoli, 13 Agosto: una 20enne napoletana trascorre una serata estiva in una affollatissima discoteca del Salento. Sotto l’effetto dell’alcool assunto scambia due chiacchere con due sconosciuti. Questi approfittano dello stato di ebbrezza della ragazza, la costringono ad appartarsi nella stessa discoteca e a fare del sesso orale. Solo quando viene lasciata libera la ragazza riferisce dell’accaduto a un addetto alla sicurezza che immediatamente allerta la Polizia.
Rimini, 15 Agosto: una ragazza milanese di 20 anni si aggira per la spiaggia emiliana alla ricerca dei suoi amici per tornare in albergo insieme, ma si imbatte in un uomo di colore che dapprima si mostra gentile, poi la trascina con la forza tra le cabine dove la violenta. Le urla della stessa attirano l’attenzione di alcuni passanti mettendo in fuga l’uomo. Nella stessa notte e sulla stessa riviera una giovane 24enne durante una festa in spiaggia con amici viene aggredita alle spalle da un uomo di 39 anni. Riesce a divincolarsi e a chiedere aiuto; l’uomo viene arrestato. Ancora sulla riviera emiliana un altro caso: quello di una ragazza tedesca 19enne trovata semicosciente sulla spiaggia da un passante. Viene immediatamente ricoverata e vengono riscontrate lesioni compatibili con la violenza. La ragazza non è riuscita a dare alcuna indicazione sull’accaduto.
Bari, 17 Agosto: una donna di 69 anni viene aggredita e stuprata in casa da una banda composta da tre uomini di diversa età (26-39-42). Solo il più giovane dei tre è responsabile della violenza, ne sono testimonianza le telecamere di sicurezza della casa. Prima della fuga gli uomini tramortiscono la donna con delle scariche elettriche e prendono dalla casa qualche spicciolo e qualche oggetto di poco valore abbandonando la donna sul pavimento. La squadra mobile di Bari riesce ad arrestare tutti i componenti della banda.
Castelfranco Veneto (Treviso) 27 Agosto: una 15enne si reca in una discoteca locale con un’amica, incontrano due giovani 20enni e cominciano i primi scambi verbali. La situazione purtroppo degenera e mentre uno dei due trattiene fermamente l’amica, l’altro stupra la quindicenne. Le due una volta giunte a casa raccontano tutto alla mamma che immediatamente porta la figlia in ospedale dove viene sottoposta agli accertamenti necessari.
Catania, 29 Agosto: Mercedes Ibanez (70 anni) vive in villetta con il marito di 68 anni, entrambi tornati in patria dopo anni di lavoro in Germania. In piena notte un 18enne ivoriano si introduce nella villa: Mercedes viene stuprata, uccisa e abbandonata sul vialetto della casa, mentre il marito viene massacrato di botte e muore in casa. Il ragazzo quando è stato fermato indossava gli abiti dell’anziano.
Genzano, 29 Agosto: una donna di 34 anni di origini rumene è costretta con violenza a subire un rapporto con il cugino con cui condivide lo stesso appartamento. Si reca in stato di choc presso la stazione dei carabinieri per denunciare lo stupro, viene immediatamente soccorsa e ricoverata. I militari si recano presso l’appartamento dove trovano il coltello usato per la violenza e riescono anche ad arrestare l’uomo che si aggirava tranquillamente per le vie del paese.
Foggia, 3 Settembre: una ragazza rumena di 18 anni perde l’autobus di linea che doveva riportarla a casa, in provincia di Potenza, dopo aver lavorato sulla costa del Gargano per la stagione estiva. Chiede informazioni per trovare un posto dove pernottare, è qui che interviene un uomo di 34 anni (bulgaro) che si offre di accompagnarla presso un bed&breakfast. Una volta in auto la porta presso un casolare e la violenta.
Padova, 30 Agosto: due ragazze di 15 anni vengono adescate da un uomo di 50 con la scusa di offrire loro massaggi anticellulite. Una delle due ragazze si accorge delle particolari attenzioni dell’uomo e interrompe la frequentazione, mentre l’amica no. La ragazza si mette in pericolo, tant’è che l’uomo tenta di violentarla, ma grazie a calci e pugni la giovane riesce a svincolarsi e con il supporto dei genitori denuncia il fatto alle forze dell’ordine.
Sampierdarena (Genova), 8 Settembre: l’incubo di una donna di 40 anni è avvenuto in pieno giorno nei giardini adiacenti il centro commerciale “La Fiumara”. La donna è una nomade che incontra nei giardini due uomini di 35 e 43 anni, le offrono da bere, lei accetta e si intrattiene con loro. La situazione degenera rapidamente e la 40enne viene presa a schiaffi e pugni mentre uno dei due la immobilizza e l’altro la violenta. A dare l’allarme è stato un passante che faceva jogging. I due sono stati arrestati.
Palermo, 16 Settembre: una donna di 44 anni, fragile e in povertà, viene attirata in una carrozza di un treno e viene violentata. Grazie all’identikit fornito dalla vittima è stato arrestato lo stupratore, un ragazzo palermitano di 17 anni.
Castellamare del Golfo (Palermo), 18 Settembre: a soli 15 anni è stata ripetutamente violentata dal proprio padre per mesi. Gli unici a crederle in famiglia sono stati il fratello e la nonna che l’hanno accompagnata dai carabinieri per denunciare il fatto. L’uomo dopo una breve indagine è stato arrestato proprio quando era in procinto di fuggire dalla città.
Vicenza, mese di Settembre: la violenza accade durante una festa tra adolescenti all’inizio dell’anno scolastico organizzata per dare il benvenuto ai quattordicenni che iniziano il liceo. Partecipano anche alcuni ragazzi di qualche anno più grandi. La 14enne coinvolta è subito attratta da uno dei sedicenni e si apparta con questo per scambiare qualche bacio. Il ragazzo vuole un rapporto completo, all’inizio lei rifiuta ma di fronte alla violenza del ragazzo smette di fare resistenza. Poi si è aggiunto un altro sedicenne e la ragazza è stata più volte violentata da entrambi. Una volta libera di uscire dalla stanza la ragazza ha chiesto ai padroni di casa, ignari di quanto accaduto, di poter chiamare i genitori per farsi venire a prendere. Salita in auto scoppia in lacrime e racconta i fatti di violenza ai genitori, che la portano in ospedale per le indagini del caso. I ragazzi vengono individuati e denunciati. La procura ha aperto un’inchiesta.
Genova, mese di Ottobre: la figlia 29enne tenta il suicidio e di fronte al fatto il padre confessa di aver abusato ripetutamente di lei dal 1994 al 1997. Ma la procura non ha potuto fare altro che archiviare il fascicolo in quanto i reati non sono stati denunciati entro i 15 anni previsti perché la giustizia possa procedere.
Rovigo, 20 Ottobre: un uomo straniero di 49 anni violenta ripetutamente la baby sitter sedicenne dei propri figli. L’uomo incastrato dal test sul DNA viene condannato a sei anni di reclusione.
Catania, 25 Ottobre: uno zio sessantenne ex appartenente alle forze dell’ordine in congedo, viene arrestato per aver abusato delle due nipotine di 4 e 7 anni. L’uomo, residente a Milano, raggiungeva la famiglia d’origine durante il periodo estivo e in queste circostanze ha abusato delle bimbe. È stata la mamma delle stesse ad accorgersi dell’accaduto e a denunciare l’uomo.
Budrio (Bologna), 29 Ottobre: un uomo ospite in una struttura per richiedenti asilo, aggredisce una donna di 48 e tenta di violentarla, ma la donna reagisce, riesce a salvarsi e a riconoscere l’uomo. Questa denuncia il fatto e dà alle forze dell’ordine la descrizione dettagliata dell’uomo che viene arrestato.
Reggio Calabria, 8 Novembre: un insegnante adescava le sue alunne minorenni tramite i social network; una volta conquistata la fiducia le invitava a casa e ne abusava. È stata la madre di una delle vittime a scoprire i fatti controllando il cellulare della figlia dove ha trovato le conversazioni intime con l’insegnante. Alla richiesta di spiegazioni la figlia le confessa l’abuso e parte la denuncia. Gli investigatori hanno scoperto che le vittime sono molteplici. L’uomo è stato arrestato.
Bologna, 10 Novembre: una donna parmense di 30 anni, con due amiche, arriva a Bologna per partecipare ad una manifestazione contro la Lega. Stanche per il viaggio le tre si assopiscono su una panchina nel parco della Montagnola; all'improvviso la trentenne si è ritrovata una mano sotto il vestito e, aprendo gli occhi, ha visto in faccia il suo molestatore. La donna era stata avvicinata dall’uomo, uno straniero di 33 anni, qualche ora prima e lo aveva respinto senza dare troppa importanza al fatto. L’uomo, non soddisfatto, ci riprova appena lei si ferma per una sosta su una panchina. A questo punto la donna chiama il 113, e l’uomo viene subito rintracciato e arrestato.
Monza, 12 Novembre: due giovanissimi, lei 14 anni, lui appena maggiorenne, entrambi ricoverati. Lui per traumi e lei per violenza carnale. Non è chiaro cosa sia accaduto ai due, ma i carabinieri che li hanno soccorsi in un appartamento del centro della cittadina parlano di una violenza sessuale subita dalla ragazza di cui sembra responsabile il ragazzo. Non è chiaro se la vittima e il presunto carnefice si conoscessero, né al momento è stato appurato come mai i due fossero insieme in casa. Dal comando dei carabinieri vige il massimo riserbo.
Napoli, 17 Novembre: nel 2014 a soli 3 anni muore Fortuna Loffredo. Indagando sulla morte della bimba recentemente emerge che il padre avrebbe abusato della figlia in presenza della madre. La donna né ha tentato di fermare il compagno, né l’ha denunciato per tutelare la bimba. I carabinieri di Casoria arrestano entrambi i genitori perché conniventi.
Roma, 26 Novembre: in piena notte un passante sente delle urla di donna provenire dal sottopasso di circonvallazione Nomentana e chiama il 113. La volante arriva tempestivamente e trova una donna bloccata da uno straniero di 44 anni che stava tentando di violentarla, dopo averla picchiata e derubata. L’uomo è stato arrestato e la donna accompagnata in ospedale.
Paola (Cosenza), 27 Novembre: dopo la separazione l’ex marito ha ripetutamente picchiato, violentato e minacciato di morte l’ex moglie anche davanti alla figlia maggiorenne. Finalmente la donna si decide a denunciare l’uomo, che viene arrestato.
Roma, 30 Dicembre: finalmente viene arrestato l’uomo straniero di 44 anni che ha stuprato la figlia e la nipote, entrambe sedicenni, da quando avevano 13 anni. Ad incastrarlo è stata la fuga della figlia, denunciata dallo stesso padre presso i carabinieri di Frascati, giustificando la scomparsa della ragazza come la conseguenza di una relazione sentimentale della giovane con un coetaneo che il padre non vedeva di buon occhio. Rintracciata la ragazza, quando viene interrogata sul motivo della fuga ne viene fuori il macabro racconto degli abusi subiti quando la madre era assente. Le indagini hanno ricostruito il racconto della ragazza e evidenziato che anche una nipote sedicenne aveva subito gli stessi abusi.
Rho (Milano), 30 Dicembre: arrestato un uomo di 26 anni, ritenuto responsabile di aver abusato di sua nipote, una bimba di soli 7 anni. Le indagini hanno rivelato che le violenze sono avvenute anche in presenza del fratellino piccolo della bimba e sembra abbiano avuto inizio nell’estate del 2014. A far scattare le indagini è stata la denuncia di un’assistente sociale allertata dalle mamme della scuola frequentata dalla bimba. Il padre della bimba è in carcere per spaccio di droga, la mamma era apparentemente ignara dei fatti.
Roma, 22 Gennaio: da diversi mesi tre uomini si fingono agenti antidroga, entrano in casa di prostitute con la scusa di una perquisizione, poi violentano le ragazze. Una delle vittime, nonostante le circostanze, scatta una foto con il cellulare ai malviventi. È stata proprio questa foto a permettere alla Polizia di arrestare gli uomini.
Bari, 27 Febbraio: un ragazzo di 25 anni viene arrestato per aver abusato di una bimba di 4 anni nel palazzo in cui abitava la piccola vittima. La bimba era nel cortile a giocare quando è stata avvicinata e condotta nel sottoscala dal giovane che era in visita presso alcuni parenti. La piccolina una volta raggiunta la mamma ha raccontato i fatti ed è subito partita la denuncia e l’arresto del giovane.
Brescia, 2 Marzo: ragazzine tra gli 11 e i 17 anni vengono sottoposte ad un rito d’iniziazione a sfondo sessuale una volta entrate in una casa famiglia locale. Responsabili sono i due figli del titolare della struttura. La denuncia parte dopo che una ragazzina di 11 anni scrive alla mamma raccontando cosa è stata costretta a subire. Le indagini hanno evidenziato che le violenze hanno avuto inizio nel 2006, ma nessuna delle vittime ha mai denunciato nulla nella convinzione di non essere credute. In fondo si tratta di ragazzi allontanati dalle famiglie di origine per essere inseriti in un progetto di riabilitazione sociale!
Genova, 5 Marzo: una donna di 20 anni viene violentata da un conoscente. Sia la vittima che l’uomo erano commercianti con le rispettive attività nella stessa via. Era nato un rapporto amichevole tra i due, tant’è che la donna aveva accetta un invito. Una volta in casa, dopo i primi approcci di lui, da lei rifiutati l’uomo era passato alla violenza. Una volta liberatasi la donna denuncia l’uomo che il giorno seguente viene arrestato nel suo stesso negozio.
Milano, 23 Marzo: una 22enne svedese si trasferisce in Italia per lavorare come modella, dopo aver concorso per Miss Universo. Incontra un uomo che le promette quella carriera che aveva tanto sognato; la convince così a trasferirsi presso il suo appartamento, dove per la ragazza ha inizio il supplizio. Viene segregata, le vengono requisiti i documenti e il cellulare, viene legata al letto, picchiata e violentata fin quando un giorno riesce ad urlare così forte che i vicini chiamano le forze dell’ordine. L’uomo viene arrestato e si scopre che era recidivo di un fatto identico nei confronti di un’altra ragazza bielorussa: era infatti uscito dal carcere nel 2013.
Roma, 8 Maggio: una donna tassista viene violentata da un passeggero. Responsabile della violenza è un trentenne che viene fermato poiché sospettato e confessa. Dalle indagini sembra che l’uomo possa essere responsabile anche di un’altra aggressione sempre ai danni di una tassista avvenuta nell’Aprile 20015 con modalità simili. Tra l’altro, tramite le foto pubblicate sui media, lo stesso viene riconosciuto da una minorenne come l’uomo che nel 2014 aveva abusato di lei nell’ascensore di un palazzo.
Santa Marinella (Roma), 13 Maggio: una casa famiglia diventa la casa degli orrori per i bambini e ragazzi/e che vi abitano. L’orco è il direttore della struttura, un uomo di 55 anni, e le sue conniventi collaboratrici. L’occhio vigile di un’assistente sociale, tutore di uno dei minori, ha fatto scattare l’inchiesta che ha rivelato storie di abusi sessuali e maltrattamenti. La struttura è stata chiusa e sequestrata i responsabili arrestati.
Torino, 27 Maggio: una giovane donna con disabilità mentali, mentre si reca a scuola incontra dei ragazzi e decide di seguirli. Se ne perdono le tracce per 24 ore, fin quando un amico di famiglia la incontra per strada in compagnia degli stessi ragazzi che avvertendo il pericolo di essere riconosciuti abbandonano la loro vittima sul marciapiede. Questa viene soccorsa e parte la caccia ai tre per abuso sessuale: due vengono arrestati subito, il terzo dopo qualche mese.
Salerno, 3 Giugno: una ragazza 21enne subisce uno stupro in pieno giorno mentre percorre il solito tragitto dal lavoro a casa. Quel giorno nell’attraversare il consueto sottopasso viene caricata a forza su di un auto da due uomini e viene violentata. Nonostante tutto non smette di dimenarsi fin quando i due la spingono fuori dall’auto e la sbattono contro un muro per poi fuggire. I due non sono stati identificati.
Milano, 7 Giugno: una studentessa inglese di 27 anni è invitata a cena da un ventiquattrenne egiziano nel ristorante dove il ragazzo fa il pizzaiolo. Il tutto accade dopo l’orario di chiusura del locale: lui le fa delle avance, lei lo rifiuta, quindi la violenta.
Firenze, 7 Giugno: una giovane mamma appena ventenne viene stuprata dal vicino. L’uomo, un marocchino di 57 anni, le chiede di entrare per poter fare una telefonata; chiusa la porta dietro di sè la aggredisce e la stupra. L’uomo prende la fuga solo quando sente piangere il bimbo della giovane donna che dormiva nella stanza accanto.
Firenze, 10 Giugno: una studentessa americana di 20 anni sta per rientrare a casa verso le 4 del mattino quando viene aggredita da quattro uomini, in due tentano di stuprarla. Le urla della giovane donna attirano l’attenzione dei residenti che si affacciano alle finestre mettendo in fuga gli uomini. Solo uno di questi viene catturato: un ragazzo (senegalese) di 22 anni.
Roma, 29 Giugno: una ragazza sedicenne viene stuprata da un militare che si finge poliziotto. L’uomo mette in atto un controllo dei documenti mentre la ragazza è al capolinea dell’autobus con due amiche. Le intima di seguirlo in commissariato per infliggerle una sanzione per aver consumato alcool con le amiche per strada; invece la conduce in un parco della zona dove la violenta e la minaccia di morte.
Sondrio, 30 Giugno: una minorenne denuncia di essere stata stuprata durante un festino di droga e sballo dove viene istigata a fare abuso di alcool. Approfittando del suo stato confusionale viene fatta salire su un auto e portata a Campoledro dove è violentata dal branco. Non sono stati trovati i responsabili.
Sampierdarena (Genova), 9 Luglio: una studentessa 23enne parcheggia l’auto e si avvia verso casa, nel breve tragitto viene assalita da tre uomini che prima la derubano e poi la stuprano. Recatasi alla stazione dei carabinieri riesce a denunciare solo il furto. È solo grazie al supporto di un’amica che il giorno seguente si reca in ospedale per una visita dove si rende evidente lo stupro e parte la denuncia.
Treno regionale Livorno – Pisa, 11 Luglio: la vittima è una 20enne che prende posto in uno scompartimento vuoto del treno. Le si siede accanto un ragazzo di colore. Lei si alza per allontanarsi, ma lui la afferra con forza e la violenta sul pavimento del treno. Poi si allontana indisturbato, mentre il tutto viene ripreso dalle telecamere dello scompartimento. Appena riesce a riprendersi la ragazza denuncia l’accaduto al capotreno. Grazie alla descrizione della ragazza e alle telecamere il giovane viene subito identificato. Anche lui 20enne incensurato e con regolare permesso di soggiorno.
Vicenza, 19 Luglio: una 18enne denuncia di essere stata violentata da un coetaneo nigeriano. I due si conoscono in primavera e si rincontrano dopo qualche tempo, lui la invita a prendere una bibita nell’appartamento dove vive ospite di un’associazione. Una volta in casa tenta i primi approcci ma lei lo rifiuta, quindi viene stuprata. Terminata la violenza la lascia andare. Lei lo denuncia e il ragazzo viene identificato e fermato dagli agenti della squadra mobile.
Roma, 20 Luglio: drammatico il racconto di una ragazza di 18 anni di Centocelle che descrive come in pieno giorno è stata trascinata a forza da un nigeriano dietro il deposito Atac del Pigneto, dove è stata violentata. Dopo la denuncia è stata accompagnata in ospedale per medicare le ferite sul corpo e sul volto causate dall’essere stata anche picchiata. L’uomo non è stato ancora catturato.
Cuneo, 24 Luglio: in pieno giorno una donna 50enne stava pedalando lungo la ciclabile del parco fluviale quando improvvisamente viene scaraventata a terra, picchiata sul volto, presa a calci ed infine violentata. La donna ha urlato sperando di ricevere aiuto, ma il luogo era deserto. L’uomo si è dileguato, la donna è riuscita a farsi forza e rialzarsi per andare a cercare aiuto. È stata soccorsa da due passanti e portata in ospedale, le sono stati riconosciuti i segni della violenza subita. Le forze dell’ordine sono alla ricerca dell’uomo avvalendosi sia della descrizione fatta dalla donna che delle telecamere che sorvegliano gli ingressi del parco.
Roma, 25 Luglio: un gruppo di adulti si incontrano e una donna 40enne tenta di vendere il suo cellulare e tablet ad uno degli uomini della comitiva conosciuto in quella circostanza. Lui la invita a concludere l’affare nel suo appartamento e lei accetta, ma una volta lì la costringe ad assumere stupefacenti e cocaina e ne abusa ripetutamente. La donna stremata tenta comunque la fuga più volte e l’uomo dopo averla ogni volta bloccata, alla fine le lancia addosso dell’acqua bollente. I carabinieri che pattugliavano la zona sono accorsi alle urla disperate della donna trovata in stato di shock, con il corpo ustionato e gli abiti lacerati. Il giovane uomo è stato arrestato.
Arcola (La Spezia), 26 Luglio: due uomini stranieri convincono una donna a salire a bordo della loro auto, la conducono in una zona disabitata dove la derubano e ne abusano. La donna trova il coraggio di denunciare l’accaduto ai carabinieri. Poi viene telefonicamente contattata dai due uomini che le chiedono d’incontrarla, forse per mettere a tacere l’accaduto. La donna, pattuito un luogo d’incontro, avvisa le forze dell’ordine che arrestano i due presentatisi puntuali all’appuntamento.
Condino (Trento), 29 Luglio: un uomo 50enne impegnato a fare dei lavori di ristrutturazione nella casa di una ragazza di 23 anni, approfitta di un momento in cui la ragazza è sola in casa per avventarsi su di lei, portarla in camera da letto e violentarla. Quando la ragazza riesce a fuggire si reca subito alla stazione dei carabinieri per denunciare il fatto. L’uomo incensurato e residente nella stessa zona, è agli arresti domiciliari.
Ostia, 31 Luglio: in pieno giorno una ragazza polacca di 24 anni si trova alla fermata dell’autobus presso la stazione Lido-centro in attesa del mezzo per raggiungere la capitale. Due uomini le si avvicinano e con la forza la trascinano in una baracca nella pineta di Ostia. Qui la ragazza è rimasta segregata per due giorni durante i quali viene picchiata e violentata. Approfittando di un attimo di distrazione dei suoi aguzzini è riuscita a fuggire e chiedere aiuto. I carabinieri hanno tempestivamente identificato e arrestato i due uomini di origini rumena rispettivamente di 34 e 35 anni, già noti alle forze dell’ordine.
Frosinone, 31 Luglio: tre minorenni violentano un’operatrice del centro di accoglienza di Fiuggi, dopo aver immobilizzato e picchiato il responsabile. I ragazzi sono stati arrestati e dovranno rispondere di violenza sessuale di gruppo.
Milano, 3 Agosto: si conoscono alla festa della comunità latina, lui 23 anni domenicano, lei 20enne di origine ecuadoriana. Al termine della serata, di comune accordo scelgono di appartarsi nei giardinetti circostanti. Una volta soli l’uomo minaccia la ragazza e la violenta. A lanciare l’allarme sono stati dei passanti che hanno sentito le urla della vittima. I carabinieri hanno bloccato e arrestato l’uomo.
Monza, 7 Agosto: rincontra un vecchio amico per caso e lo fa salire in casa per trascorrere una serata in chiacchere. L’uomo 32enne ad un certo punto della serata rapina la giovane donna 26enne e tenta di violentarla. Ma il vicino di casa della ragazza sentendo le urla avvisa i carabinieri sventando lo stupro. L’uomo è stato arrestato.
Modena, 9 Agosto: una giovane 25enne di Ferrara, trascorre la serata in una discoteca estiva di Modena dove in tarda serata, forse a cause dell’abuso di alcool, scoppia un alterco tra persone di una comitiva. La ragazza si allontana dalla rissa uscendo all’esterno dove incontra quattro uomini di origine magrebina. Scostretta a salire sulla loro auto, viene a turno stuprata. La mattina seguente la ragazza riesce a chiamare i carabinieri e denunciare il fatto.
Gallipoli, 13 Agosto: una 20enne napoletana trascorre una serata estiva in una affollatissima discoteca del Salento. Sotto l’effetto dell’alcool assunto scambia due chiacchere con due sconosciuti. Questi approfittano dello stato di ebbrezza della ragazza, la costringono ad appartarsi nella stessa discoteca e a fare del sesso orale. Solo quando viene lasciata libera la ragazza riferisce dell’accaduto a un addetto alla sicurezza che immediatamente allerta la Polizia.
Rimini, 15 Agosto: una ragazza milanese di 20 anni si aggira per la spiaggia emiliana alla ricerca dei suoi amici per tornare in albergo insieme, ma si imbatte in un uomo di colore che dapprima si mostra gentile, poi la trascina con la forza tra le cabine dove la violenta. Le urla della stessa attirano l’attenzione di alcuni passanti mettendo in fuga l’uomo. Nella stessa notte e sulla stessa riviera una giovane 24enne durante una festa in spiaggia con amici viene aggredita alle spalle da un uomo di 39 anni. Riesce a divincolarsi e a chiedere aiuto; l’uomo viene arrestato. Ancora sulla riviera emiliana un altro caso: quello di una ragazza tedesca 19enne trovata semicosciente sulla spiaggia da un passante. Viene immediatamente ricoverata e vengono riscontrate lesioni compatibili con la violenza. La ragazza non è riuscita a dare alcuna indicazione sull’accaduto.
Bari, 17 Agosto: una donna di 69 anni viene aggredita e stuprata in casa da una banda composta da tre uomini di diversa età (26-39-42). Solo il più giovane dei tre è responsabile della violenza, ne sono testimonianza le telecamere di sicurezza della casa. Prima della fuga gli uomini tramortiscono la donna con delle scariche elettriche e prendono dalla casa qualche spicciolo e qualche oggetto di poco valore abbandonando la donna sul pavimento. La squadra mobile di Bari riesce ad arrestare tutti i componenti della banda.
Castelfranco Veneto (Treviso) 27 Agosto: una 15enne si reca in una discoteca locale con un’amica, incontrano due giovani 20enni e cominciano i primi scambi verbali. La situazione purtroppo degenera e mentre uno dei due trattiene fermamente l’amica, l’altro stupra la quindicenne. Le due una volta giunte a casa raccontano tutto alla mamma che immediatamente porta la figlia in ospedale dove viene sottoposta agli accertamenti necessari.
Catania, 29 Agosto: Mercedes Ibanez (70 anni) vive in villetta con il marito di 68 anni, entrambi tornati in patria dopo anni di lavoro in Germania. In piena notte un 18enne ivoriano si introduce nella villa: Mercedes viene stuprata, uccisa e abbandonata sul vialetto della casa, mentre il marito viene massacrato di botte e muore in casa. Il ragazzo quando è stato fermato indossava gli abiti dell’anziano.
Genzano, 29 Agosto: una donna di 34 anni di origini rumene è costretta con violenza a subire un rapporto con il cugino con cui condivide lo stesso appartamento. Si reca in stato di choc presso la stazione dei carabinieri per denunciare lo stupro, viene immediatamente soccorsa e ricoverata. I militari si recano presso l’appartamento dove trovano il coltello usato per la violenza e riescono anche ad arrestare l’uomo che si aggirava tranquillamente per le vie del paese.
Foggia, 3 Settembre: una ragazza rumena di 18 anni perde l’autobus di linea che doveva riportarla a casa, in provincia di Potenza, dopo aver lavorato sulla costa del Gargano per la stagione estiva. Chiede informazioni per trovare un posto dove pernottare, è qui che interviene un uomo di 34 anni (bulgaro) che si offre di accompagnarla presso un bed&breakfast. Una volta in auto la porta presso un casolare e la violenta.
Padova, 30 Agosto: due ragazze di 15 anni vengono adescate da un uomo di 50 con la scusa di offrire loro massaggi anticellulite. Una delle due ragazze si accorge delle particolari attenzioni dell’uomo e interrompe la frequentazione, mentre l’amica no. La ragazza si mette in pericolo, tant’è che l’uomo tenta di violentarla, ma grazie a calci e pugni la giovane riesce a svincolarsi e con il supporto dei genitori denuncia il fatto alle forze dell’ordine.
Sampierdarena (Genova), 8 Settembre: l’incubo di una donna di 40 anni è avvenuto in pieno giorno nei giardini adiacenti il centro commerciale “La Fiumara”. La donna è una nomade che incontra nei giardini due uomini di 35 e 43 anni, le offrono da bere, lei accetta e si intrattiene con loro. La situazione degenera rapidamente e la 40enne viene presa a schiaffi e pugni mentre uno dei due la immobilizza e l’altro la violenta. A dare l’allarme è stato un passante che faceva jogging. I due sono stati arrestati.
Palermo, 16 Settembre: una donna di 44 anni, fragile e in povertà, viene attirata in una carrozza di un treno e viene violentata. Grazie all’identikit fornito dalla vittima è stato arrestato lo stupratore, un ragazzo palermitano di 17 anni.
Castellamare del Golfo (Palermo), 18 Settembre: a soli 15 anni è stata ripetutamente violentata dal proprio padre per mesi. Gli unici a crederle in famiglia sono stati il fratello e la nonna che l’hanno accompagnata dai carabinieri per denunciare il fatto. L’uomo dopo una breve indagine è stato arrestato proprio quando era in procinto di fuggire dalla città.
Vicenza, mese di Settembre: la violenza accade durante una festa tra adolescenti all’inizio dell’anno scolastico organizzata per dare il benvenuto ai quattordicenni che iniziano il liceo. Partecipano anche alcuni ragazzi di qualche anno più grandi. La 14enne coinvolta è subito attratta da uno dei sedicenni e si apparta con questo per scambiare qualche bacio. Il ragazzo vuole un rapporto completo, all’inizio lei rifiuta ma di fronte alla violenza del ragazzo smette di fare resistenza. Poi si è aggiunto un altro sedicenne e la ragazza è stata più volte violentata da entrambi. Una volta libera di uscire dalla stanza la ragazza ha chiesto ai padroni di casa, ignari di quanto accaduto, di poter chiamare i genitori per farsi venire a prendere. Salita in auto scoppia in lacrime e racconta i fatti di violenza ai genitori, che la portano in ospedale per le indagini del caso. I ragazzi vengono individuati e denunciati. La procura ha aperto un’inchiesta.
Genova, mese di Ottobre: la figlia 29enne tenta il suicidio e di fronte al fatto il padre confessa di aver abusato ripetutamente di lei dal 1994 al 1997. Ma la procura non ha potuto fare altro che archiviare il fascicolo in quanto i reati non sono stati denunciati entro i 15 anni previsti perché la giustizia possa procedere.
Rovigo, 20 Ottobre: un uomo straniero di 49 anni violenta ripetutamente la baby sitter sedicenne dei propri figli. L’uomo incastrato dal test sul DNA viene condannato a sei anni di reclusione.
Catania, 25 Ottobre: uno zio sessantenne ex appartenente alle forze dell’ordine in congedo, viene arrestato per aver abusato delle due nipotine di 4 e 7 anni. L’uomo, residente a Milano, raggiungeva la famiglia d’origine durante il periodo estivo e in queste circostanze ha abusato delle bimbe. È stata la mamma delle stesse ad accorgersi dell’accaduto e a denunciare l’uomo.
Budrio (Bologna), 29 Ottobre: un uomo ospite in una struttura per richiedenti asilo, aggredisce una donna di 48 e tenta di violentarla, ma la donna reagisce, riesce a salvarsi e a riconoscere l’uomo. Questa denuncia il fatto e dà alle forze dell’ordine la descrizione dettagliata dell’uomo che viene arrestato.
Reggio Calabria, 8 Novembre: un insegnante adescava le sue alunne minorenni tramite i social network; una volta conquistata la fiducia le invitava a casa e ne abusava. È stata la madre di una delle vittime a scoprire i fatti controllando il cellulare della figlia dove ha trovato le conversazioni intime con l’insegnante. Alla richiesta di spiegazioni la figlia le confessa l’abuso e parte la denuncia. Gli investigatori hanno scoperto che le vittime sono molteplici. L’uomo è stato arrestato.
Bologna, 10 Novembre: una donna parmense di 30 anni, con due amiche, arriva a Bologna per partecipare ad una manifestazione contro la Lega. Stanche per il viaggio le tre si assopiscono su una panchina nel parco della Montagnola; all'improvviso la trentenne si è ritrovata una mano sotto il vestito e, aprendo gli occhi, ha visto in faccia il suo molestatore. La donna era stata avvicinata dall’uomo, uno straniero di 33 anni, qualche ora prima e lo aveva respinto senza dare troppa importanza al fatto. L’uomo, non soddisfatto, ci riprova appena lei si ferma per una sosta su una panchina. A questo punto la donna chiama il 113, e l’uomo viene subito rintracciato e arrestato.
Monza, 12 Novembre: due giovanissimi, lei 14 anni, lui appena maggiorenne, entrambi ricoverati. Lui per traumi e lei per violenza carnale. Non è chiaro cosa sia accaduto ai due, ma i carabinieri che li hanno soccorsi in un appartamento del centro della cittadina parlano di una violenza sessuale subita dalla ragazza di cui sembra responsabile il ragazzo. Non è chiaro se la vittima e il presunto carnefice si conoscessero, né al momento è stato appurato come mai i due fossero insieme in casa. Dal comando dei carabinieri vige il massimo riserbo.
Napoli, 17 Novembre: nel 2014 a soli 3 anni muore Fortuna Loffredo. Indagando sulla morte della bimba recentemente emerge che il padre avrebbe abusato della figlia in presenza della madre. La donna né ha tentato di fermare il compagno, né l’ha denunciato per tutelare la bimba. I carabinieri di Casoria arrestano entrambi i genitori perché conniventi.
Roma, 26 Novembre: in piena notte un passante sente delle urla di donna provenire dal sottopasso di circonvallazione Nomentana e chiama il 113. La volante arriva tempestivamente e trova una donna bloccata da uno straniero di 44 anni che stava tentando di violentarla, dopo averla picchiata e derubata. L’uomo è stato arrestato e la donna accompagnata in ospedale.
Paola (Cosenza), 27 Novembre: dopo la separazione l’ex marito ha ripetutamente picchiato, violentato e minacciato di morte l’ex moglie anche davanti alla figlia maggiorenne. Finalmente la donna si decide a denunciare l’uomo, che viene arrestato.
Roma, 30 Dicembre: finalmente viene arrestato l’uomo straniero di 44 anni che ha stuprato la figlia e la nipote, entrambe sedicenni, da quando avevano 13 anni. Ad incastrarlo è stata la fuga della figlia, denunciata dallo stesso padre presso i carabinieri di Frascati, giustificando la scomparsa della ragazza come la conseguenza di una relazione sentimentale della giovane con un coetaneo che il padre non vedeva di buon occhio. Rintracciata la ragazza, quando viene interrogata sul motivo della fuga ne viene fuori il macabro racconto degli abusi subiti quando la madre era assente. Le indagini hanno ricostruito il racconto della ragazza e evidenziato che anche una nipote sedicenne aveva subito gli stessi abusi.
Rho (Milano), 30 Dicembre: arrestato un uomo di 26 anni, ritenuto responsabile di aver abusato di sua nipote, una bimba di soli 7 anni. Le indagini hanno rivelato che le violenze sono avvenute anche in presenza del fratellino piccolo della bimba e sembra abbiano avuto inizio nell’estate del 2014. A far scattare le indagini è stata la denuncia di un’assistente sociale allertata dalle mamme della scuola frequentata dalla bimba. Il padre della bimba è in carcere per spaccio di droga, la mamma era apparentemente ignara dei fatti.
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LA CENTRALITÀ DELLA DONNA NEL PENSIERO LAICO E I MISFATTI DI COLONIA. L'Equipaggio. Anno 2016
LA CENTRALITÀ DELLA DONNA NEL PENSIERO LAICO
E I MISFATTI DI COLONIA
E I MISFATTI DI COLONIA
L’Equipaggio
Un senso di incredulità prima e di indignazione poi ci hanno pervaso nell’apprendere che a Colonia nella notte del capodanno appena trascorso un attacco di massa, pianificato e agito con lucida follia, aveva avuto come bersaglio le donne: che fossero sole o in compagnia, sono state assalite da masnade di uomini che hanno fatto leva sulla forza della propria superiorità numerica.
Anche se gli accadimenti riguardano il 31 Dicembre, se ne pubblica solo giorni dopo. Il 6 Gennaio il quotidiano la Repubblica ne scrive in quarta e quinta pagina con il titolo: “Noi assaltate dagli stranieri. La notte di orrore di Colonia, abusi su oltre cento donne”. Un esercito di un migliaio di maschi di età compresa tra i 15 e i 35 anni si è ritrovato nei pressi del Duomo di Colonia laddove in gruppi organizzati si sono scagliati contro centinaia di donne che sono state isolate, accerchiate, assalite, molestate e stuprate. Le denunce sono cresciute ora dopo ora nei giorni successivi e siamo passati dalle dichiarazioni rassicuranti sulla serata trascorsa “serenamente”, come dichiarato dal Capo della Polizia, a versioni più contrastanti dove ancora oggi si fatica a ricostruire in modo chiaro quanto avvenuto. Si è scritto che gli assalitori fossero “tutti di origine araba o nordafricana”, ma al momento sono soltanto una cinquantina le persone identificate.
Da allora, stiamo cercando di seguire se e con quale attenzione la società civile ha intenzione di affrontare la tragica realtà di questi fatti. Sì, perché a noi pare proprio tragico l’attacco perpetrato nei confronti della tranquillità e della felicità del vivere quotidiano da parte di chi quella tranquillità o felicità, o non l’ha mai avuta oppure l’ha perduta.
L’aspetto più preoccupante è proprio il silenzio con il quale si sta tentando di nascondere questo violento attacco al cuore dell’Europa. È un silenzio assordante che smaschera la gravità e l’impotenza di chi ci governa nel cercare di far fronte a quanto è accaduto. Strada facendo infatti abbiamo scoperto che attacchi organizzati simili sono avvenuti nella stessa notte in altre capitali europee. Eppure il dibattito non è ancora decollato con quella ampiezza e incisività che merita. Ci troviamo di fronte forse ad una impotenza culturale? Come a dire che siamo impreparati a fronteggiare la dimensione politica che questo attacco rivendica, al pari dei tristi fatti del Bataclan o di Charlie Hebdo. Il numero delle persone coinvolte non permette di derubricare a dinamica del branco l’attacco; inoltre, ascoltando chi afferma che neanche il mondo maschile europeo nel suo complesso può dichiararsi innocente - per avere commesso gli stessi crimini in altre circostanze -, si percepisce il disvelato senso di inadeguatezza nel poter giudicare tale barbarie.
Si potrebbe dire che lo Stato è stato assente, che la Polizia c’era ma ha voltato la testa dall’altra parte, che la cancelliera Angela Merkel ha promesso reazioni dure… ancora ben lungi dal venire. Reazioni del genere si sono già verificate e continueranno a verificarsi perché come al solito la donna e la violenza perpetrata sul suo corpo si fa merce di scambio tra due fazioni apparentemente opposte: una che cerca l’emancipazione, l’altra condannata alla sottomissione dove il potere della forza bruta la fa da padrone. E questo discorso va ben oltre la divisione culturale tra Oriente e Occidente, riguarda il diritto universale ed inalienabile alla libertà. Da questo punto di vista il silenzio che stiamo vivendo è espressione del paradosso in cui si trova il nostro modello culturale, modello apertamente in crisi nella misura in cui c’è un attacco di questo tipo. Strana miopia questa che apre le porte e accoglie chi è in fuga dalla guerra e non è capace di prevenire e contrastare una guerra silenziosa nei confronti delle proprie donne.
E ritorna come un mantra inesorabile e ripetitivo la questione dell’accoglienza e dell’integrazione. Quest’ultima implica l’inserimento e l’assimilazione di un individuo, di una categoria, di un gruppo etnico, in un ambiente sociale, in una organizzazione, in una comunità etnica, in una società costituita, dove è necessario adattarsi all’ambiente riconoscendo e rispettando le leggi e le espressioni del vivere comune. Il multiculturalismo e la convivenza pacifica in uno stesso contesto sociale, giuridico, economico e politico, è cosa sì possibile ma difficile in questo momento in quanto richiede una totale accettazione delle regole comuni e un forte senso di civiltà. Angela Merkel, per restare in tema Germania, ha affermato: “Vogliamo che gli immigrati assorbano ‘i fondamenti culturali del nostro vivere insieme’, che essi si integrino, cioè, nel sistema di valori, di regole e di comportamenti socialmente ammessi che vigono da noi”. Accettare una cultura diversa quando questa collide con la propria è estremamente arduo in quanto per molti popoli ciò comporta l’entrare in conflitto con la propria storia, la religione e l’insieme di valori.
Occorre dunque saperlo: quando si aprono le frontiere, la strada per l’integrazione passa attraverso la messa in gioco della propria cultura. Se da un lato le nazioni ospitanti accettano e concedono, dall’altro è imprescindibile il rispetto delle leggi, delle regole sociali, delle consuetudini, della padronanza della nuova lingua e molto altro ancora. L’Unione Europea si è dimostrata miope e carente per scelta, calcolo, paura e peggio ancora per un nefasto buonismo.
A fare la differenza non devono essere i singoli cittadini, lasciati soli a subire o a fronteggiare quanto meglio possono tutto questo; ci deve fondamentalmente essere un intervento politico dove lo Stato si faccia promotore di un pensiero e di una azione, conseguenza di questo pensiero. Quali caratteristiche deve avere questo pensiero? È importante che i Paesi difendano una libertà conquistata col sangue, che tornino a mettere al primo posto i diritti umani, la pubblica sicurezza, l’educazione, la tutela della libertà senza distinzione di genere. Noi riteniamo che questa nuova guerra si possa combattere solo salvaguardando la laicità del pensiero, visto che tutte le religioni da sempre non sono state e non sono in grado di tutelare la libertà della donna. Solo un pensiero laico può costruire quella pluralità in cui le culture possono convivere senza togliere nulla l’una all’altra e, arricchendosi reciprocamente, riavvicinarsi al vero senso del nostro essere Umani.
Anche se gli accadimenti riguardano il 31 Dicembre, se ne pubblica solo giorni dopo. Il 6 Gennaio il quotidiano la Repubblica ne scrive in quarta e quinta pagina con il titolo: “Noi assaltate dagli stranieri. La notte di orrore di Colonia, abusi su oltre cento donne”. Un esercito di un migliaio di maschi di età compresa tra i 15 e i 35 anni si è ritrovato nei pressi del Duomo di Colonia laddove in gruppi organizzati si sono scagliati contro centinaia di donne che sono state isolate, accerchiate, assalite, molestate e stuprate. Le denunce sono cresciute ora dopo ora nei giorni successivi e siamo passati dalle dichiarazioni rassicuranti sulla serata trascorsa “serenamente”, come dichiarato dal Capo della Polizia, a versioni più contrastanti dove ancora oggi si fatica a ricostruire in modo chiaro quanto avvenuto. Si è scritto che gli assalitori fossero “tutti di origine araba o nordafricana”, ma al momento sono soltanto una cinquantina le persone identificate.
Da allora, stiamo cercando di seguire se e con quale attenzione la società civile ha intenzione di affrontare la tragica realtà di questi fatti. Sì, perché a noi pare proprio tragico l’attacco perpetrato nei confronti della tranquillità e della felicità del vivere quotidiano da parte di chi quella tranquillità o felicità, o non l’ha mai avuta oppure l’ha perduta.
L’aspetto più preoccupante è proprio il silenzio con il quale si sta tentando di nascondere questo violento attacco al cuore dell’Europa. È un silenzio assordante che smaschera la gravità e l’impotenza di chi ci governa nel cercare di far fronte a quanto è accaduto. Strada facendo infatti abbiamo scoperto che attacchi organizzati simili sono avvenuti nella stessa notte in altre capitali europee. Eppure il dibattito non è ancora decollato con quella ampiezza e incisività che merita. Ci troviamo di fronte forse ad una impotenza culturale? Come a dire che siamo impreparati a fronteggiare la dimensione politica che questo attacco rivendica, al pari dei tristi fatti del Bataclan o di Charlie Hebdo. Il numero delle persone coinvolte non permette di derubricare a dinamica del branco l’attacco; inoltre, ascoltando chi afferma che neanche il mondo maschile europeo nel suo complesso può dichiararsi innocente - per avere commesso gli stessi crimini in altre circostanze -, si percepisce il disvelato senso di inadeguatezza nel poter giudicare tale barbarie.
Si potrebbe dire che lo Stato è stato assente, che la Polizia c’era ma ha voltato la testa dall’altra parte, che la cancelliera Angela Merkel ha promesso reazioni dure… ancora ben lungi dal venire. Reazioni del genere si sono già verificate e continueranno a verificarsi perché come al solito la donna e la violenza perpetrata sul suo corpo si fa merce di scambio tra due fazioni apparentemente opposte: una che cerca l’emancipazione, l’altra condannata alla sottomissione dove il potere della forza bruta la fa da padrone. E questo discorso va ben oltre la divisione culturale tra Oriente e Occidente, riguarda il diritto universale ed inalienabile alla libertà. Da questo punto di vista il silenzio che stiamo vivendo è espressione del paradosso in cui si trova il nostro modello culturale, modello apertamente in crisi nella misura in cui c’è un attacco di questo tipo. Strana miopia questa che apre le porte e accoglie chi è in fuga dalla guerra e non è capace di prevenire e contrastare una guerra silenziosa nei confronti delle proprie donne.
E ritorna come un mantra inesorabile e ripetitivo la questione dell’accoglienza e dell’integrazione. Quest’ultima implica l’inserimento e l’assimilazione di un individuo, di una categoria, di un gruppo etnico, in un ambiente sociale, in una organizzazione, in una comunità etnica, in una società costituita, dove è necessario adattarsi all’ambiente riconoscendo e rispettando le leggi e le espressioni del vivere comune. Il multiculturalismo e la convivenza pacifica in uno stesso contesto sociale, giuridico, economico e politico, è cosa sì possibile ma difficile in questo momento in quanto richiede una totale accettazione delle regole comuni e un forte senso di civiltà. Angela Merkel, per restare in tema Germania, ha affermato: “Vogliamo che gli immigrati assorbano ‘i fondamenti culturali del nostro vivere insieme’, che essi si integrino, cioè, nel sistema di valori, di regole e di comportamenti socialmente ammessi che vigono da noi”. Accettare una cultura diversa quando questa collide con la propria è estremamente arduo in quanto per molti popoli ciò comporta l’entrare in conflitto con la propria storia, la religione e l’insieme di valori.
Occorre dunque saperlo: quando si aprono le frontiere, la strada per l’integrazione passa attraverso la messa in gioco della propria cultura. Se da un lato le nazioni ospitanti accettano e concedono, dall’altro è imprescindibile il rispetto delle leggi, delle regole sociali, delle consuetudini, della padronanza della nuova lingua e molto altro ancora. L’Unione Europea si è dimostrata miope e carente per scelta, calcolo, paura e peggio ancora per un nefasto buonismo.
A fare la differenza non devono essere i singoli cittadini, lasciati soli a subire o a fronteggiare quanto meglio possono tutto questo; ci deve fondamentalmente essere un intervento politico dove lo Stato si faccia promotore di un pensiero e di una azione, conseguenza di questo pensiero. Quali caratteristiche deve avere questo pensiero? È importante che i Paesi difendano una libertà conquistata col sangue, che tornino a mettere al primo posto i diritti umani, la pubblica sicurezza, l’educazione, la tutela della libertà senza distinzione di genere. Noi riteniamo che questa nuova guerra si possa combattere solo salvaguardando la laicità del pensiero, visto che tutte le religioni da sempre non sono state e non sono in grado di tutelare la libertà della donna. Solo un pensiero laico può costruire quella pluralità in cui le culture possono convivere senza togliere nulla l’una all’altra e, arricchendosi reciprocamente, riavvicinarsi al vero senso del nostro essere Umani.
Chiunque voglia raccontarci o contribuire sull’argomento può scriverci a equipaggio@arcoacrobata.it
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PMA. Procreazione Medicalmente Assistita... o Pargolo Mediamente Assente?
di Cinzia Sersante. Anno 2015
PMA. Procreazione Medicalmente Assistita...
o Pargolo Mediamente Assente?
o Pargolo Mediamente Assente?
Cinzia Sersante
Il 14 maggio 2015 la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto per le coppie fertili affette da gravi patologie geneticamente trasmissibili di ricorrere alla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), congiuntamente al divieto di accedere alla diagnosi preimpianto degli “embrioni”.
A poco più di un anno di distanza dalla sentenza che dichiarava l’illegittimità del divieto di fecondazione eterologa, la Consulta è stata chiamata ad esprimersi nuovamente riguardo al contenuto della Legge 40 del 2004 che regolamenta la Procreazione Medicalmente Assistita nel nostro Paese.
Il merito va riconosciuto a quelle coppie, sostenute da diverse associazioni (prima tra tutte l’Associazione Luca Coscioni), che dall’entrata in vigore della legge anziché cercare una risposta alle loro esigenze all’estero, si sono impegnate in una lunga battaglia legale per vedere riconosciuti i propri diritti nel luogo in cui vivono, per sé e per gli altri. Infatti, ci sono voluti diversi livelli di giudizio prima di arrivare alla Corte Costituzionale. Alcuni giudici negli anni avevano permesso a qualche coppia di accedere alla diagnosi preimpianto, proprio in virtù dell’orientamento delle modifiche che la Legge 40 andava subendo. Questo però non era sufficiente perché le ordinanze dei tribunali regionali non avevano valore per tutti i cittadini.
Nel caso specifico di questa sentenza che rende accessibili le tecniche mediche per la procreazione a ‘tutte’ le coppie portatrici di gravi patologie geneticamente trasmissibili, il ricorso alla Consulta da parte del Tribunale ordinario di Roma si deve alla tenacia di due coppie che, con le loro dolorose storie e nonostante il trascorrere degli anni, non hanno mai desistito. La prima di queste è portatrice sana di una malformazione che non permette al feto di sopravvivere, tanto che la donna ha avuto diverse gravidanze naturali non andate a buon fine; mentre la seconda rischia di trasmettere la distrofia di Becker alla prole ed anche in questo caso si è fatto ricorso all’aborto terapeutico.
Precludendo per legge a queste persone l’accesso alla fecondazione omologa (e alla diagnosi preimpianto), si costringevano le donne ad affrontare il doloroso percorso di giungere a scoprire solo a gravidanza iniziata se la malattia era stata trasmessa al feto, e quindi di scegliere di interrompere la gravidanza mettendo anche a rischio la propria salute. Nelle motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittimi i divieti in questione, il punto cardine è proprio l’aspetto di irragionevolezza di tali divieti all’interno del contesto normativo italiano in cui è violato il diritto alla salute della donna; incoerenza già evidenziata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) nel 2012. Dal convegno The new era of Pgs application tenutosi a Roma nel febbraio di quest’anno, è emerso che sono più di duemila l’anno le coppie che non possono accedere alle pratiche mediche per la diagnosi preimpianto.
Il 25 giugno finalmente una delle due coppie di ricorrenti, ha potuto effettuare la PMA presso la Clinica S. Anna di Roma.
A poco più di un anno di distanza dalla sentenza che dichiarava l’illegittimità del divieto di fecondazione eterologa, la Consulta è stata chiamata ad esprimersi nuovamente riguardo al contenuto della Legge 40 del 2004 che regolamenta la Procreazione Medicalmente Assistita nel nostro Paese.
Il merito va riconosciuto a quelle coppie, sostenute da diverse associazioni (prima tra tutte l’Associazione Luca Coscioni), che dall’entrata in vigore della legge anziché cercare una risposta alle loro esigenze all’estero, si sono impegnate in una lunga battaglia legale per vedere riconosciuti i propri diritti nel luogo in cui vivono, per sé e per gli altri. Infatti, ci sono voluti diversi livelli di giudizio prima di arrivare alla Corte Costituzionale. Alcuni giudici negli anni avevano permesso a qualche coppia di accedere alla diagnosi preimpianto, proprio in virtù dell’orientamento delle modifiche che la Legge 40 andava subendo. Questo però non era sufficiente perché le ordinanze dei tribunali regionali non avevano valore per tutti i cittadini.
Nel caso specifico di questa sentenza che rende accessibili le tecniche mediche per la procreazione a ‘tutte’ le coppie portatrici di gravi patologie geneticamente trasmissibili, il ricorso alla Consulta da parte del Tribunale ordinario di Roma si deve alla tenacia di due coppie che, con le loro dolorose storie e nonostante il trascorrere degli anni, non hanno mai desistito. La prima di queste è portatrice sana di una malformazione che non permette al feto di sopravvivere, tanto che la donna ha avuto diverse gravidanze naturali non andate a buon fine; mentre la seconda rischia di trasmettere la distrofia di Becker alla prole ed anche in questo caso si è fatto ricorso all’aborto terapeutico.
Precludendo per legge a queste persone l’accesso alla fecondazione omologa (e alla diagnosi preimpianto), si costringevano le donne ad affrontare il doloroso percorso di giungere a scoprire solo a gravidanza iniziata se la malattia era stata trasmessa al feto, e quindi di scegliere di interrompere la gravidanza mettendo anche a rischio la propria salute. Nelle motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittimi i divieti in questione, il punto cardine è proprio l’aspetto di irragionevolezza di tali divieti all’interno del contesto normativo italiano in cui è violato il diritto alla salute della donna; incoerenza già evidenziata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) nel 2012. Dal convegno The new era of Pgs application tenutosi a Roma nel febbraio di quest’anno, è emerso che sono più di duemila l’anno le coppie che non possono accedere alle pratiche mediche per la diagnosi preimpianto.
Il 25 giugno finalmente una delle due coppie di ricorrenti, ha potuto effettuare la PMA presso la Clinica S. Anna di Roma.
Nonostante siano trascorsi ben undici anni dall’approvazione della Legge 40, il Parlamento non ha mai legiferato per porre rimedio alle evidenti incongruenze e discriminazioni, oltre alla violazione del diritto alla salute della donna, che le diverse sentenze hanno affermato nel tempo.
È interessante leggere l’Art.3 della nostra preziosa Costituzione che, oltre a stabilire l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, afferma: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona”.
Nel costruire la legge in questione è stato fatto proprio l’opposto: benché la scienza permettesse la risoluzione di un problema medico, il ricorso a tali procedure è stato di fatto reso più complesso e addirittura più pericoloso. Inizialmente nella fecondazione omologa, nonostante la donna si sottoponesse a impegnative cure e procedure per il prelevamento degli ovociti, potevano essere prodotti solo tre “embrioni”, che dovevano essere impiantati tutti simultaneamente e, grazie alle disposizioni delle Linee Guida del Ministero della Salute, senza nemmeno poter fare la diagnosi preimpianto. Tutto questo si traduceva facilmente in gravidanze fortemente a rischio e ripetuti insuccessi.
Nell’intento del legislatore non vi era certo quello di promuovere “il pieno sviluppo della persona” in quanto, come la CEDU ha rilevato, non è rispettata la vita privata e familiare dei cittadini italiani.
In un Paese in cui culturalmente e materialmente il Vaticano ha il suo peso, è possibile ipotizzare che l’immobilismo del sistema politico e la lentezza di quello giudiziario nell’affrontare gli aspetti più disumani della Legge 40, ne siano la conseguenza.
C’è da chiedersi se ad oggi, dopo i ripetuti interventi dei giudici della Consulta, la politica italiana si sia finalmente decisa a rendere accessibile la Procreazione Medicalmente Assistita in base alle modifiche apportate, oppure se continua a manifestare una forma di resistenza.
Per cercare una risposta andiamo a vedere cosa è accaduto dal 9 aprile 2014, quando è decaduto il divieto di fecondazione eterologa.
Nell’intervista riportata dal Corriere della sera (il 7 luglio 2014), il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ribadisce la necessità di attendere l’aggiornamento delle Linee Guida per poter iniziare con la fecondazione eterologa. Afferma che in base alle norme vigenti la donazione deve essere gratuita ipotizzando un numero massimo di dieci gameti donati da ogni persona per evitare la formazione di coppie di consanguinei; è possibile però richiedere gli stessi gameti per avere un secondo figlio assicurando la parentela biologica tra fratelli. Infine, in merito alla garanzia dell’anonimato dei donatori, risponde: “Le legislazioni straniere tendono sempre più a garantire il diritto a conoscere la propria identità e il diritto all’anonimato dei donatori è caduto in diversi Paesi in seguito a contenziosi legali”.
Malgrado le dichiarazioni di cautela del Ministro della Salute, già dal mese di luglio, nella sola regione Toscana si autorizza la fecondazione eterologa prevedendo il pagamento di un ticket di 500 euro, mentre la quota restante è coperta dal Sistema Sanitario Regionale.
Il 4 settembre 2014 la Conferenza delle Regioni trova un accordo sulle Linee Guida stabilendo che per poter afferire alle strutture pubbliche per la fecondazione eterologa, la donna non dovrà superare i 43 anni di età. Nel dicembre dello stesso anno, all’interno del maxiemendamento alla Legge di stabilità è deciso che il Centro Nazionale Trapianti (CNT) terrà il Registro nazionale dei donatori al fine di garantire la tracciabilità dei gameti per eventuali esigenze sanitarie. Il documento concepito dalle Regioni definisce le regole per le donazioni del materiale biologico: oltre l’età, stabilisce ulteriori esami clinici sui donatori ed in particolare, che gli uomini garantiscano una concentrazione di spermatozoi nell’eiaculato di gran lunga superiore a quella considerata normale dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Nonostante gli accordi decisi dalla Conferenza delle Regioni, solo poche tra queste a fine settembre 2014 si preparano a partire con la fecondazione eterologa e comunque stabilendo ognuna le proprie regole. In Lombardia, il presidente della regione Maroni ha deciso di non assimilare nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) questo tipo di procedura medica finché non ci sarà una legge nazionale, quindi la spesa ricade tutta sui pazienti; mentre in Emilia Romagna le spese da sostenere riguardano solo gli esami diagnostici. Nel Lazio il ticket ipotizzato è intorno ai 1800 euro, contro i 36 euro del Veneto; mentre in Umbria è previsto lo stesso trattamento offerto per la fecondazione omologa, ossia la gratuità. Infine la Sicilia, unica regione del sud a prepararsi, ipotizza un ticket di 1700 euro. Le differenze riguardano anche i limiti di età della donna che può accedere alla fecondazione eterologa nelle strutture pubbliche dietro pagamento di un ticket: il Friuli Venezia Giulia stabilisce il limite ai 50 anni di età, mentre per il Veneto è di 43 anni come nel Lazio che in più stabilisce anche il numero massimo di tre cicli che ogni donna può effettuare per sperare di mettere al mondo un figlio.
Nella prima metà del 2015 la situazione è ancora parzialmente differenziata tra le varie regioni e solo in Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Umbria il trattamento in questione è stato inserito nei LEA, ossia tra le prestazioni di base a carico del Sistema Sanitario Nazionale. Le disparità di condizioni generano il rischio di flussi migratori delle coppie nelle regioni in cui il trattamento è più conveniente ma, dato che è la regione di appartenenza a dover rimborsare la spesa, alcune di queste in deficit come Campania, Sicilia, Puglia, Toscana, Veneto, Val d'Aosta, Piemonte, le province di Trento e Bolzano, pretendono la richiesta di autorizzazione preventiva alla ASL di appartenenza.
Nell’arco di un anno è stato necessario tornare nuovamente davanti ai giudici. Il Consiglio di Stato, il 10 aprile 2015, ha bocciato la delibera della Regione Lombardia che non aveva acconsentito al versamento di un ticket, pretendendo che i pazienti sostenessero tutta la spesa a differenza di quanto accade nella fecondazione omologa. Ora si attende che il TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) si esprima.
L’8 maggio 2015, sempre per motivi di disuguaglianza, il TAR ha bocciato la delibera del Veneto che precludeva l’accesso all’eterologa per le donne oltre i 43 anni, mentre per l’omologa il limite è dato dall’età potenzialmente fertile.
È del 21 maggio scorso la notizia che Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, e l’On. Pia Locatelli hanno presentato una interrogazione parlamentare al Ministro della Salute in merito al rischio di violazione della privacy dei donatori: infatti per quale motivo il Centro Nazionale Trapianti (CNT) chiede, tra gli altri dati, il codice fiscale del donatore?
Del 1 luglio 2015 è la notizia della firma da parte della Lorenzin delle Linee Guida aggiornate in cui è deciso che la fecondazione eterologa sia erogata gratuitamente o attraverso il pagamento di un ticket. Non vi è più traccia di un limite di età esplicito per le donne che intendono avvalersi di questa pratica medica, quindi dovrebbe essere riferito all’età “potenzialmente fertile”, come stabilito dalla Legge 40. Tra le novità: “si raccomanda un’attenta valutazione clinica del rapporto rischi-benefici” nel considerare il ricorso al trattamento, sia rispetto ai rischi per la salute del nascituro che della donna; l’accesso è consentito anche alle donne portatrici di malattie sessualmente trasmissibili (prima lo era solo per gli uomini); nella cartella clinica dovranno essere specificate le motivazioni della scelta del numero di “embrioni” prodotti e anche quelle riguardanti il numero di “embrioni” non traferiti nel corpo della donna che verranno temporaneamente crioconservati; infine è prevista la ‘doppia eterologa’ (quando entrambe i gameti non appartengono alla coppia), l’egg sharing e lo sperm sharing (quando la coppia ricevente diviene donatrice a sua volta di gameti maschili o femminili), e in nessun caso si possono conoscere le caratteristiche fenotipiche del donatore.
In agosto è stato redatto il regolamento per la donazione dei gameti, che stabilisce la gratuità della donazione, i limiti d’età (per gli uomini tra 18 e 40 anni, per le donne (tra 20 e 35 anni), il limite di dieci gameti donati da ciascun individuo e si garantisce l’anonimato dei donatori a cui può risalire il Centro di riferimento solo per “necessità sanitarie” rivolgendosi al Registro del Centro Nazionale Trapianti.
Su questo ultimo punto rimane aperta la questione sollevata da Filomena Gallo rispetto alla denuncia della violazione della privacy dei donatori avvenuta grazie alla trasmissione tramite fax delle informazioni sui donatori (generalità, occupazione) in relazione alla coppia ricevente. Inoltre, è del 20 novembre la notizia che le Società scientifiche insorgono rispetto allo screening genetico dei donatori previsto dal nuovo regolamento del Ministero della Salute. È richiesto in forma scritta l’esame genetico completo (non limitato a evitare gravi patologie genetiche), che oltre a violare la privacy, non fornisce informazioni realmente utili per la sicurezza della procreazione. L’unico effetto è l’aumento dei tempi delle liste d’attesa. Nonostante il Ministero della Salute affermi di procedere per l’assimilazione delle direttive europee, Filomena Gallo denuncia invece che, la richiesta di maggiori esami rispetto a quanto avviene nel resto d’Europa, oltre a disincentivare la donazione e dilatare i tempi d’attesa, renderà impossibile ricevere gameti dall’estero perché non sottoposti a verifiche sufficienti per l’Italia.
Il 24 novembre la Presidente della Commissione Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi, annuncia che entro la primavera 2016 si avrà un nuovo testo rivisitato della Legge 40.
Da questo quadro di avvenimenti si evince quanto è laborioso il percorso e quanto pesino nei vari passaggi le ideologie politiche delle parti che a livello regionale rendono più o meno accessibile la fecondazione eterologa in Italia. Tutte le parti politiche sono state concordi, invece, nell’additare come principale problema la mancanza di donatori nell’attuazione di tale procedura medica.
Sono soprattutto le donne che dovendo affrontare la stimolazione ormonale per settimane e il prelevamento sotto anestesia degli ovociti, senza neanche un rimborso spese, si sottraggono. La situazione è tale che alcune strutture pubbliche sono state costrette ad acquistare a caro prezzo i gameti (500 euro uno solo) dalle biobanche estere finendo per sovvenzionare le donatrici straniere. Dopo un iniziale freno dei viaggi all’estero, viste le lunghe file d’attesa, gli italiani hanno ricominciato a rivolgersi alle strutture di altri Paesi. Nell’ottobre appena trascorso l’Emilia Romagna ha dovuto rimborsare quattro coppie che avevano fatto l’eterologa all’estero, ma le regioni in deficit stanno tagliando i rimborsi anche per coloro che si spostano solo di regione.
È veramente la scarsa cultura della donazione a frenare le donne italiane o si stanno costruendo nuovi affari attorno alla questione? A tal proposito è interessante l’inchiesta svolta nell’aprile di quest’anno da Tiziana De Giorgio e Matteo Pucciarelli che fingendosi donatori hanno contattato venti tra i principali centri pubblici e privati della Lombardia. Dal Fatebenefratelli, all’Ospedale San Carlo, dal San Raffaele fino ai maggiori centri come la Mangiagalli, e la risposta è completamente negativa, ossia loro non se ne occupano e non sanno fornire indicazioni. Perfino lo sportello del Comune di Milano per i diritti civili creato per le coppie con problemi di fertilità, non sa dare una risposta. Solo due centri rispondono in modo costruttivo: il Sacco, che si sta preparando raccogliendo una lista di donatori, mentre il centro Matris è in grado di effettuare la procedura per la donazione.
Sicuramente ben poco è stato fatto per incentivare le donazioni. Del documento redatto dal tavolo tecnico delle Regioni nel febbraio di quest’anno non vi è traccia al momento. Le proposte includevano la possibilità di un “premio di solidarietà” per le donatrici, e delle facilitazioni per le donne che si avvalgono delle procedure di PMA e decidono di donare i loro ovuli. Un esempio di facilitazione era l’esclusione dal pagamento del ticket e la precedenza nelle liste d’attesa. Spunti interessanti vengono da altre nazioni in cui le biobanche offrono la possibilità alle donatrici di conservare per sé gratuitamente una parte dei gameti donati, ma la politica italiana non sembra realmente motivata a risolvere la questione.
Tutte le informazioni raccolte sino a questo momento palesano come, al di là delle notizie rassicuranti fornite dai mezzi di comunicazione a più riprese, la fecondazione eterologa non stenta a partire solo per la mancanza di donatrici ma anche per la forte opposizione che ancora si riscontra in ambito pubblico.
I centri privati invece riescono anche a fare ricerca e nel Congresso Europeo dell’Infertilità che si sta tenendo in questi giorni presso l’European Hospital di Roma, si parla di nuove tecniche per la diagnosi genetica preimpianto che permettono di vedere il numero dei cromosomi e il DNA mitocondriale, rendendo possibile il successo della fecondazione anche con un solo “embrione” impiantato. Con questa tecnica si ottengono l’80 per cento dei successi, il 10 per cento degli aborti contro il 30 per cento delle altre procedure, e solo il 3 per cento di nascite gemellari. Altre novità riguardano le tecniche di congelamento degli ovociti (che durano anche 10 anni) e i protocolli personalizzati di stimolazione ormonale.
Malgrado le evidenti difficoltà a rendere accessibile agli italiani i diritti civili che la magistratura ci assicura, nel marzo 2015 sono nati a Roma i primi due bambini grazie alla fecondazione eterologa e la donatrice era una studentessa universitaria... ovviamente in una struttura privata visto che quelle pubbliche risultano mediamente assenti...!
È interessante leggere l’Art.3 della nostra preziosa Costituzione che, oltre a stabilire l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, afferma: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona”.
Nel costruire la legge in questione è stato fatto proprio l’opposto: benché la scienza permettesse la risoluzione di un problema medico, il ricorso a tali procedure è stato di fatto reso più complesso e addirittura più pericoloso. Inizialmente nella fecondazione omologa, nonostante la donna si sottoponesse a impegnative cure e procedure per il prelevamento degli ovociti, potevano essere prodotti solo tre “embrioni”, che dovevano essere impiantati tutti simultaneamente e, grazie alle disposizioni delle Linee Guida del Ministero della Salute, senza nemmeno poter fare la diagnosi preimpianto. Tutto questo si traduceva facilmente in gravidanze fortemente a rischio e ripetuti insuccessi.
Nell’intento del legislatore non vi era certo quello di promuovere “il pieno sviluppo della persona” in quanto, come la CEDU ha rilevato, non è rispettata la vita privata e familiare dei cittadini italiani.
In un Paese in cui culturalmente e materialmente il Vaticano ha il suo peso, è possibile ipotizzare che l’immobilismo del sistema politico e la lentezza di quello giudiziario nell’affrontare gli aspetti più disumani della Legge 40, ne siano la conseguenza.
C’è da chiedersi se ad oggi, dopo i ripetuti interventi dei giudici della Consulta, la politica italiana si sia finalmente decisa a rendere accessibile la Procreazione Medicalmente Assistita in base alle modifiche apportate, oppure se continua a manifestare una forma di resistenza.
Per cercare una risposta andiamo a vedere cosa è accaduto dal 9 aprile 2014, quando è decaduto il divieto di fecondazione eterologa.
Nell’intervista riportata dal Corriere della sera (il 7 luglio 2014), il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ribadisce la necessità di attendere l’aggiornamento delle Linee Guida per poter iniziare con la fecondazione eterologa. Afferma che in base alle norme vigenti la donazione deve essere gratuita ipotizzando un numero massimo di dieci gameti donati da ogni persona per evitare la formazione di coppie di consanguinei; è possibile però richiedere gli stessi gameti per avere un secondo figlio assicurando la parentela biologica tra fratelli. Infine, in merito alla garanzia dell’anonimato dei donatori, risponde: “Le legislazioni straniere tendono sempre più a garantire il diritto a conoscere la propria identità e il diritto all’anonimato dei donatori è caduto in diversi Paesi in seguito a contenziosi legali”.
Malgrado le dichiarazioni di cautela del Ministro della Salute, già dal mese di luglio, nella sola regione Toscana si autorizza la fecondazione eterologa prevedendo il pagamento di un ticket di 500 euro, mentre la quota restante è coperta dal Sistema Sanitario Regionale.
Il 4 settembre 2014 la Conferenza delle Regioni trova un accordo sulle Linee Guida stabilendo che per poter afferire alle strutture pubbliche per la fecondazione eterologa, la donna non dovrà superare i 43 anni di età. Nel dicembre dello stesso anno, all’interno del maxiemendamento alla Legge di stabilità è deciso che il Centro Nazionale Trapianti (CNT) terrà il Registro nazionale dei donatori al fine di garantire la tracciabilità dei gameti per eventuali esigenze sanitarie. Il documento concepito dalle Regioni definisce le regole per le donazioni del materiale biologico: oltre l’età, stabilisce ulteriori esami clinici sui donatori ed in particolare, che gli uomini garantiscano una concentrazione di spermatozoi nell’eiaculato di gran lunga superiore a quella considerata normale dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Nonostante gli accordi decisi dalla Conferenza delle Regioni, solo poche tra queste a fine settembre 2014 si preparano a partire con la fecondazione eterologa e comunque stabilendo ognuna le proprie regole. In Lombardia, il presidente della regione Maroni ha deciso di non assimilare nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) questo tipo di procedura medica finché non ci sarà una legge nazionale, quindi la spesa ricade tutta sui pazienti; mentre in Emilia Romagna le spese da sostenere riguardano solo gli esami diagnostici. Nel Lazio il ticket ipotizzato è intorno ai 1800 euro, contro i 36 euro del Veneto; mentre in Umbria è previsto lo stesso trattamento offerto per la fecondazione omologa, ossia la gratuità. Infine la Sicilia, unica regione del sud a prepararsi, ipotizza un ticket di 1700 euro. Le differenze riguardano anche i limiti di età della donna che può accedere alla fecondazione eterologa nelle strutture pubbliche dietro pagamento di un ticket: il Friuli Venezia Giulia stabilisce il limite ai 50 anni di età, mentre per il Veneto è di 43 anni come nel Lazio che in più stabilisce anche il numero massimo di tre cicli che ogni donna può effettuare per sperare di mettere al mondo un figlio.
Nella prima metà del 2015 la situazione è ancora parzialmente differenziata tra le varie regioni e solo in Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Umbria il trattamento in questione è stato inserito nei LEA, ossia tra le prestazioni di base a carico del Sistema Sanitario Nazionale. Le disparità di condizioni generano il rischio di flussi migratori delle coppie nelle regioni in cui il trattamento è più conveniente ma, dato che è la regione di appartenenza a dover rimborsare la spesa, alcune di queste in deficit come Campania, Sicilia, Puglia, Toscana, Veneto, Val d'Aosta, Piemonte, le province di Trento e Bolzano, pretendono la richiesta di autorizzazione preventiva alla ASL di appartenenza.
Nell’arco di un anno è stato necessario tornare nuovamente davanti ai giudici. Il Consiglio di Stato, il 10 aprile 2015, ha bocciato la delibera della Regione Lombardia che non aveva acconsentito al versamento di un ticket, pretendendo che i pazienti sostenessero tutta la spesa a differenza di quanto accade nella fecondazione omologa. Ora si attende che il TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) si esprima.
L’8 maggio 2015, sempre per motivi di disuguaglianza, il TAR ha bocciato la delibera del Veneto che precludeva l’accesso all’eterologa per le donne oltre i 43 anni, mentre per l’omologa il limite è dato dall’età potenzialmente fertile.
È del 21 maggio scorso la notizia che Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, e l’On. Pia Locatelli hanno presentato una interrogazione parlamentare al Ministro della Salute in merito al rischio di violazione della privacy dei donatori: infatti per quale motivo il Centro Nazionale Trapianti (CNT) chiede, tra gli altri dati, il codice fiscale del donatore?
Del 1 luglio 2015 è la notizia della firma da parte della Lorenzin delle Linee Guida aggiornate in cui è deciso che la fecondazione eterologa sia erogata gratuitamente o attraverso il pagamento di un ticket. Non vi è più traccia di un limite di età esplicito per le donne che intendono avvalersi di questa pratica medica, quindi dovrebbe essere riferito all’età “potenzialmente fertile”, come stabilito dalla Legge 40. Tra le novità: “si raccomanda un’attenta valutazione clinica del rapporto rischi-benefici” nel considerare il ricorso al trattamento, sia rispetto ai rischi per la salute del nascituro che della donna; l’accesso è consentito anche alle donne portatrici di malattie sessualmente trasmissibili (prima lo era solo per gli uomini); nella cartella clinica dovranno essere specificate le motivazioni della scelta del numero di “embrioni” prodotti e anche quelle riguardanti il numero di “embrioni” non traferiti nel corpo della donna che verranno temporaneamente crioconservati; infine è prevista la ‘doppia eterologa’ (quando entrambe i gameti non appartengono alla coppia), l’egg sharing e lo sperm sharing (quando la coppia ricevente diviene donatrice a sua volta di gameti maschili o femminili), e in nessun caso si possono conoscere le caratteristiche fenotipiche del donatore.
In agosto è stato redatto il regolamento per la donazione dei gameti, che stabilisce la gratuità della donazione, i limiti d’età (per gli uomini tra 18 e 40 anni, per le donne (tra 20 e 35 anni), il limite di dieci gameti donati da ciascun individuo e si garantisce l’anonimato dei donatori a cui può risalire il Centro di riferimento solo per “necessità sanitarie” rivolgendosi al Registro del Centro Nazionale Trapianti.
Su questo ultimo punto rimane aperta la questione sollevata da Filomena Gallo rispetto alla denuncia della violazione della privacy dei donatori avvenuta grazie alla trasmissione tramite fax delle informazioni sui donatori (generalità, occupazione) in relazione alla coppia ricevente. Inoltre, è del 20 novembre la notizia che le Società scientifiche insorgono rispetto allo screening genetico dei donatori previsto dal nuovo regolamento del Ministero della Salute. È richiesto in forma scritta l’esame genetico completo (non limitato a evitare gravi patologie genetiche), che oltre a violare la privacy, non fornisce informazioni realmente utili per la sicurezza della procreazione. L’unico effetto è l’aumento dei tempi delle liste d’attesa. Nonostante il Ministero della Salute affermi di procedere per l’assimilazione delle direttive europee, Filomena Gallo denuncia invece che, la richiesta di maggiori esami rispetto a quanto avviene nel resto d’Europa, oltre a disincentivare la donazione e dilatare i tempi d’attesa, renderà impossibile ricevere gameti dall’estero perché non sottoposti a verifiche sufficienti per l’Italia.
Il 24 novembre la Presidente della Commissione Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi, annuncia che entro la primavera 2016 si avrà un nuovo testo rivisitato della Legge 40.
Da questo quadro di avvenimenti si evince quanto è laborioso il percorso e quanto pesino nei vari passaggi le ideologie politiche delle parti che a livello regionale rendono più o meno accessibile la fecondazione eterologa in Italia. Tutte le parti politiche sono state concordi, invece, nell’additare come principale problema la mancanza di donatori nell’attuazione di tale procedura medica.
Sono soprattutto le donne che dovendo affrontare la stimolazione ormonale per settimane e il prelevamento sotto anestesia degli ovociti, senza neanche un rimborso spese, si sottraggono. La situazione è tale che alcune strutture pubbliche sono state costrette ad acquistare a caro prezzo i gameti (500 euro uno solo) dalle biobanche estere finendo per sovvenzionare le donatrici straniere. Dopo un iniziale freno dei viaggi all’estero, viste le lunghe file d’attesa, gli italiani hanno ricominciato a rivolgersi alle strutture di altri Paesi. Nell’ottobre appena trascorso l’Emilia Romagna ha dovuto rimborsare quattro coppie che avevano fatto l’eterologa all’estero, ma le regioni in deficit stanno tagliando i rimborsi anche per coloro che si spostano solo di regione.
È veramente la scarsa cultura della donazione a frenare le donne italiane o si stanno costruendo nuovi affari attorno alla questione? A tal proposito è interessante l’inchiesta svolta nell’aprile di quest’anno da Tiziana De Giorgio e Matteo Pucciarelli che fingendosi donatori hanno contattato venti tra i principali centri pubblici e privati della Lombardia. Dal Fatebenefratelli, all’Ospedale San Carlo, dal San Raffaele fino ai maggiori centri come la Mangiagalli, e la risposta è completamente negativa, ossia loro non se ne occupano e non sanno fornire indicazioni. Perfino lo sportello del Comune di Milano per i diritti civili creato per le coppie con problemi di fertilità, non sa dare una risposta. Solo due centri rispondono in modo costruttivo: il Sacco, che si sta preparando raccogliendo una lista di donatori, mentre il centro Matris è in grado di effettuare la procedura per la donazione.
Sicuramente ben poco è stato fatto per incentivare le donazioni. Del documento redatto dal tavolo tecnico delle Regioni nel febbraio di quest’anno non vi è traccia al momento. Le proposte includevano la possibilità di un “premio di solidarietà” per le donatrici, e delle facilitazioni per le donne che si avvalgono delle procedure di PMA e decidono di donare i loro ovuli. Un esempio di facilitazione era l’esclusione dal pagamento del ticket e la precedenza nelle liste d’attesa. Spunti interessanti vengono da altre nazioni in cui le biobanche offrono la possibilità alle donatrici di conservare per sé gratuitamente una parte dei gameti donati, ma la politica italiana non sembra realmente motivata a risolvere la questione.
Provo a verificare quanto sia possibile effettuare questo tipo di fecondazione nella mia regione svolgendo personalmente una inchiesta nel Lazio.
Trovo l’elenco dei 41 centri regionali di Procreazione Medicalmente Assistita autorizzati (o in via di autorizzazione) sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità.
Tra questi centri 7 sono pubblici, 2 privati convenzionati e 32 privati. Fingendomi una donna di 41 anni, che ripone la sua ultima speranza di mettere al mondo un figlio nella fecondazione eterologa femminile, tento un contatto con tutte le strutture chiedendo i relativi costi e tempi di attesa. Comincio dalle strutture pubbliche per poter pagare solo i ticket delle visite specialistiche di preparazione e quello per la fecondazione eterologa che nel Lazio sappiamo oggi essere di 500 euro, come per l’omologa. Scopro così che presso l’ospedale S. Maria Goretti di Latina non si pratica la fecondazione eterologa perché sono “in attesa delle Linee Guida”; quando dico che sono state firmate a luglio, la persona al telefono aggiusta il tiro affermando che mancano ancora le “direttive regionali”; il S. Camillo-Forlanini, il S. Filippo Neri, il Sandro Pertini e il centro della Salute della Donna S. Anna di Roma non forniscono spiegazioni o speranze per il futuro, rispondono in modo secco e negativo nonostante sul sito citato la maggior parte di tali strutture sono accompagnate dalla dicitura attività “momentaneamente sospesa”.
Provo con i centri convenzionati prima di passare mezz’ora di attesa al centralino del Policlinico Umberto I di Roma: presso il Centro Infertilità dell’Ospedale S. Pietro l’attività risulta sospesa, mentre al Policlinico A. Gemelli rispondono che non si occupano di eterologa e quando chiedo se per il futuro si attrezzeranno, mi dicono: “Signora, questo è un policlinico cattolico (rimarcato) e privato, perciò no! Noi facciamo solo l’inseminazione intrauterina, le cose più naturali possibile”.
Decido di affrontare l’attesa al telefono con la speranza che il centro relativamente nuovo del Policlinico Umberto I, tanto decantato in occasione della sua inaugurazione, possa darmi l’unica risposta positiva in ambito pubblico. Parlo con una signora molto disponibile, ma poco chiara (la domanda era sempre sui tempi d’attesa e i costi). Mi spiega che sia io che il mio compagno dobbiamo prenotarci per fare la prima visita ad un altro numero e dopo i vari accertamenti possiamo metterci in lista. Ribadisco: “Sì, ma dopo gli accertamenti, quanto devo attendere?”. Risponde: “Ma… non si può dire… molte persone decidono di risolvere diversamente e quindi i tempi cambiano”. Ed io: “Sì, ma approssimativamente!? Sa, sto per compiere 42 anni…”. Per tutta risposta: “Non si preoccupi, non ci sono limiti d’età”. Insisto: “Una mia amica mi ha detto che l’attesa da voi è di circa due o tre anni. È vero?”. E lei: “È Perché la sala operatoria non è ancora disponibile, ma ci sono solo 750 persone in lista”. Non mollo: “E a quanto tempo corrisponde?”. A questo punto sembra veramente una veggente perché se non è dato sapere quando la sala operatoria sarà operativa appunto, al di là della scarsità delle donazioni, i tempi d’attesa sono oltre l’ipotetico. Pazientemente risponde: “Circa un anno”.
Dopo i saluti rimango allarmata dal fatto che allo stato attuale (10 dicembre 2015), a circa un anno e mezzo dalla sentenza che dichiarava illegittimo il divieto di fecondazione eterologa, nella regione in cui vivo le donne possono effettuare questa pratica medica solo in ambito privato!
Mi faccio coraggio e provo a sapere cosa mi aspetta. Riesco ad avere una risposta da 26 dei 32 centri privati: molti non si occupano di fecondazione eterologa. Tra i 17 centri che se ne occupano solo 10 sono disponibili a fornire informazioni chiare e gli altri rispondono facilmente sui due mesi di attesa, ma per quanto riguarda i costi (anche approssimativi) si possono sapere solo dopo una visita medica che va dai 150 euro del Centro LEDA, ai 250 euro della Nuova Villa Claudia. Scopro comunque che i costi per effettuare la procedura in tempi ragionevoli partono da 5000 euro fino a 8000 euro, a seconda delle tecniche ed esami necessari alla paziente. Cinque strutture spiegano che nei costi rientrano i 2100-3300 euro da pagare direttamente alle biobanche spagnole da cui queste strutture si riforniscono per avere sei ovociti che verranno utilizzati per la fecondazione.
E se non potessi permettermi economicamente di sostenere questi costi e volessi rivolgermi ad una struttura pubblica di un’altra regione? Dovrei comunque chiedere l’autorizzazione della spesa alla regione in cui risiedo che è ancora in piano di rientro.
Trovo l’elenco dei 41 centri regionali di Procreazione Medicalmente Assistita autorizzati (o in via di autorizzazione) sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità.
Tra questi centri 7 sono pubblici, 2 privati convenzionati e 32 privati. Fingendomi una donna di 41 anni, che ripone la sua ultima speranza di mettere al mondo un figlio nella fecondazione eterologa femminile, tento un contatto con tutte le strutture chiedendo i relativi costi e tempi di attesa. Comincio dalle strutture pubbliche per poter pagare solo i ticket delle visite specialistiche di preparazione e quello per la fecondazione eterologa che nel Lazio sappiamo oggi essere di 500 euro, come per l’omologa. Scopro così che presso l’ospedale S. Maria Goretti di Latina non si pratica la fecondazione eterologa perché sono “in attesa delle Linee Guida”; quando dico che sono state firmate a luglio, la persona al telefono aggiusta il tiro affermando che mancano ancora le “direttive regionali”; il S. Camillo-Forlanini, il S. Filippo Neri, il Sandro Pertini e il centro della Salute della Donna S. Anna di Roma non forniscono spiegazioni o speranze per il futuro, rispondono in modo secco e negativo nonostante sul sito citato la maggior parte di tali strutture sono accompagnate dalla dicitura attività “momentaneamente sospesa”.
Provo con i centri convenzionati prima di passare mezz’ora di attesa al centralino del Policlinico Umberto I di Roma: presso il Centro Infertilità dell’Ospedale S. Pietro l’attività risulta sospesa, mentre al Policlinico A. Gemelli rispondono che non si occupano di eterologa e quando chiedo se per il futuro si attrezzeranno, mi dicono: “Signora, questo è un policlinico cattolico (rimarcato) e privato, perciò no! Noi facciamo solo l’inseminazione intrauterina, le cose più naturali possibile”.
Decido di affrontare l’attesa al telefono con la speranza che il centro relativamente nuovo del Policlinico Umberto I, tanto decantato in occasione della sua inaugurazione, possa darmi l’unica risposta positiva in ambito pubblico. Parlo con una signora molto disponibile, ma poco chiara (la domanda era sempre sui tempi d’attesa e i costi). Mi spiega che sia io che il mio compagno dobbiamo prenotarci per fare la prima visita ad un altro numero e dopo i vari accertamenti possiamo metterci in lista. Ribadisco: “Sì, ma dopo gli accertamenti, quanto devo attendere?”. Risponde: “Ma… non si può dire… molte persone decidono di risolvere diversamente e quindi i tempi cambiano”. Ed io: “Sì, ma approssimativamente!? Sa, sto per compiere 42 anni…”. Per tutta risposta: “Non si preoccupi, non ci sono limiti d’età”. Insisto: “Una mia amica mi ha detto che l’attesa da voi è di circa due o tre anni. È vero?”. E lei: “È Perché la sala operatoria non è ancora disponibile, ma ci sono solo 750 persone in lista”. Non mollo: “E a quanto tempo corrisponde?”. A questo punto sembra veramente una veggente perché se non è dato sapere quando la sala operatoria sarà operativa appunto, al di là della scarsità delle donazioni, i tempi d’attesa sono oltre l’ipotetico. Pazientemente risponde: “Circa un anno”.
Dopo i saluti rimango allarmata dal fatto che allo stato attuale (10 dicembre 2015), a circa un anno e mezzo dalla sentenza che dichiarava illegittimo il divieto di fecondazione eterologa, nella regione in cui vivo le donne possono effettuare questa pratica medica solo in ambito privato!
Mi faccio coraggio e provo a sapere cosa mi aspetta. Riesco ad avere una risposta da 26 dei 32 centri privati: molti non si occupano di fecondazione eterologa. Tra i 17 centri che se ne occupano solo 10 sono disponibili a fornire informazioni chiare e gli altri rispondono facilmente sui due mesi di attesa, ma per quanto riguarda i costi (anche approssimativi) si possono sapere solo dopo una visita medica che va dai 150 euro del Centro LEDA, ai 250 euro della Nuova Villa Claudia. Scopro comunque che i costi per effettuare la procedura in tempi ragionevoli partono da 5000 euro fino a 8000 euro, a seconda delle tecniche ed esami necessari alla paziente. Cinque strutture spiegano che nei costi rientrano i 2100-3300 euro da pagare direttamente alle biobanche spagnole da cui queste strutture si riforniscono per avere sei ovociti che verranno utilizzati per la fecondazione.
E se non potessi permettermi economicamente di sostenere questi costi e volessi rivolgermi ad una struttura pubblica di un’altra regione? Dovrei comunque chiedere l’autorizzazione della spesa alla regione in cui risiedo che è ancora in piano di rientro.
Tutte le informazioni raccolte sino a questo momento palesano come, al di là delle notizie rassicuranti fornite dai mezzi di comunicazione a più riprese, la fecondazione eterologa non stenta a partire solo per la mancanza di donatrici ma anche per la forte opposizione che ancora si riscontra in ambito pubblico.
I centri privati invece riescono anche a fare ricerca e nel Congresso Europeo dell’Infertilità che si sta tenendo in questi giorni presso l’European Hospital di Roma, si parla di nuove tecniche per la diagnosi genetica preimpianto che permettono di vedere il numero dei cromosomi e il DNA mitocondriale, rendendo possibile il successo della fecondazione anche con un solo “embrione” impiantato. Con questa tecnica si ottengono l’80 per cento dei successi, il 10 per cento degli aborti contro il 30 per cento delle altre procedure, e solo il 3 per cento di nascite gemellari. Altre novità riguardano le tecniche di congelamento degli ovociti (che durano anche 10 anni) e i protocolli personalizzati di stimolazione ormonale.
Malgrado le evidenti difficoltà a rendere accessibile agli italiani i diritti civili che la magistratura ci assicura, nel marzo 2015 sono nati a Roma i primi due bambini grazie alla fecondazione eterologa e la donatrice era una studentessa universitaria... ovviamente in una struttura privata visto che quelle pubbliche risultano mediamente assenti...!
SITI CONSULTATI
www.cortecostituzionale.it; www.adnkronos.com; www.ansa.it; www.espresso.repubblica.it; www.senato.it;
www.quotidianosanita.it; www.repubblica.it; www.corriere.it; www.ilsole24ore.com; www.iss.it
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CORRERE PER LA VITA. L'Equipaggio. Anno 2015
CORRERE PER LA VITA
L'Equipaggio
L'Equipaggio
“Correre. Correre per mettersi in salvo”. È una delle prime azioni di sopravvivenza. Cercare un riparo, trovare aiuto. Molti dei civili colpiti negli attacchi di Parigi dello scorso 13 novembre così hanno agito: d’istinto, con prontezza, senza bloccarsi, aggrappandosi alle finestre, sui cornicioni, con sotto i corpi di persone riverse sul selciato macchiato di strisce rosse.
Quelli che erano altrove, lontano dalla guerriglia, hanno appreso le notizie che giungevano man mano tramite i social e i proliferanti mezzi di comunicazione più o meno accreditati. Immediate le emozioni: sgomento, rabbia, odio, compassione. Reazioni a catena, a caldo, a freddo, più o meno sensate.
Le città, “The Day After”, si sono destate in un clima di silenzio, in un’atmosfera rarefatta, ovattata, ferma. Lo stato d’animo era offuscato, imbambolato, colpito duramente come da una scarica di botte pesanti. Pian piano la condizione di inerzia è stata bombardata da un insieme di fenomeni mediatici a valanga. Nell’ondata anomala di notizie, ritrovare il silenzio è stato importante, per la condizione di raccoglimento indispensabile per onorare le vittime innocenti che non si possono mai difendere.
Dopo essersi messi in salvo, la Natura insegna a curarsi le ferite e a recuperare le forze per proseguire, riconquistare la capacità di pensare e discernere. Riprendere a vivere senza voltarsi indietro, senza scegliere le facili vie dell’odio, senza aderire a un qualsiasi afflato estremista che cova in un qualunque punto del mondo. Individualismo e tirannia, ignoranza e rozzezza, odio e reazione, vanno a braccetto.
Occorre apprendere e capire la storia. Cedere alla conoscenza della memoria. È vitale studiare le mappe geografiche per stanare l’origine dell’odio, gli effetti del terrore che non hanno una sola bandiera e non sono mossi strutturalmente dalla religione comunemente intesa.
Le stragi sono di tutti, quella di Parigi come quella dell’abbattimento dell’aereo sul Sinai con 224 morti. O quella della carneficina del mercato di Beirut. Le migliaia e migliaia di vite perdute sotto i raid aerei o negli attacchi di terra sono le nostre vittime. Sono i nostri caduti… con i bambini soldato, i kamikaze che si fanno esplodere, le donne stuprate in nome dell’onnipotenza dei signori della guerra.
La responsabilità spesso ci insegue quando invece dovremmo averla sempre presente davanti a noi. Le strade e le rotte per liberarsi dall’orrore ci sono, lo sappiamo bene, ma prima occorre superare la vendetta, ripulirsi dal liquido nero, quello che invade il corpo dei volatili sulle coste, come quello che avviluppa la fantasia di un adolescente. Quella sostanza viscida ancora così ‘preziosa’ che pur avvelena e comanda le menti votandole all’annichilimento.
L’etica ci dice che è possibile rispondere, impresa non facile e meravigliosamente faticosa. È la fatica della libertà, in nome della civiltà… quella custodita con cura e coraggio dall’essere Umani.
C’è silenzio e silenzio.
C’è il silenzio delle cose non dette, quelle tacitate che non permettono di esprimere il dovuto cordoglio.
E c’è il silenzio assordante del tuffo nel dolore che non ti aspetti.
Un minuto non basta… ancora un altro minuto… e un altro ancora... le vittime sono troppe. Reclamano una memoria.
La memoria degli ultimi minuti trascorsi in allegria: al concerto, al ristorante, allo stadio. Con gli amici, gli amanti, semplici conoscenti.
Se la religione, ogni forma di religione, non sopporta la felicità, allora sì, questa è una guerra di religione. Altrimenti dobbiamo considerare che la paura della felicità è ciò che arma i terroristi di tutto il mondo, in tutti i tempi.
Il diritto alla felicità è quello che da sempre ci fa evolvere. Gravidanza della vita stessa, esso ci porta verso strade inesplorate. Perché non c’è un’unica strada per raggiungere la felicità: ognuno ha la sua. Ognuno può assumersi in prima persona la responsabilità del proprio impegno ad essere felice.
Sono le donne ad avere il segreto della felicità, quelle stesse donne così invise e sottomesse nelle varie parti del mondo. Quelle donne di cui Valeria si occupava.
Vedendo il dolore composto dei genitori di Valeria ci viene da pensare che loro questa cosa la sanno. Valeria è morta, sì, ma stando lì dove voleva essere per fare le cose che voleva fare… e questo è il nostro impegno.
Quelli che erano altrove, lontano dalla guerriglia, hanno appreso le notizie che giungevano man mano tramite i social e i proliferanti mezzi di comunicazione più o meno accreditati. Immediate le emozioni: sgomento, rabbia, odio, compassione. Reazioni a catena, a caldo, a freddo, più o meno sensate.
Le città, “The Day After”, si sono destate in un clima di silenzio, in un’atmosfera rarefatta, ovattata, ferma. Lo stato d’animo era offuscato, imbambolato, colpito duramente come da una scarica di botte pesanti. Pian piano la condizione di inerzia è stata bombardata da un insieme di fenomeni mediatici a valanga. Nell’ondata anomala di notizie, ritrovare il silenzio è stato importante, per la condizione di raccoglimento indispensabile per onorare le vittime innocenti che non si possono mai difendere.
Dopo essersi messi in salvo, la Natura insegna a curarsi le ferite e a recuperare le forze per proseguire, riconquistare la capacità di pensare e discernere. Riprendere a vivere senza voltarsi indietro, senza scegliere le facili vie dell’odio, senza aderire a un qualsiasi afflato estremista che cova in un qualunque punto del mondo. Individualismo e tirannia, ignoranza e rozzezza, odio e reazione, vanno a braccetto.
Occorre apprendere e capire la storia. Cedere alla conoscenza della memoria. È vitale studiare le mappe geografiche per stanare l’origine dell’odio, gli effetti del terrore che non hanno una sola bandiera e non sono mossi strutturalmente dalla religione comunemente intesa.
Le stragi sono di tutti, quella di Parigi come quella dell’abbattimento dell’aereo sul Sinai con 224 morti. O quella della carneficina del mercato di Beirut. Le migliaia e migliaia di vite perdute sotto i raid aerei o negli attacchi di terra sono le nostre vittime. Sono i nostri caduti… con i bambini soldato, i kamikaze che si fanno esplodere, le donne stuprate in nome dell’onnipotenza dei signori della guerra.
La responsabilità spesso ci insegue quando invece dovremmo averla sempre presente davanti a noi. Le strade e le rotte per liberarsi dall’orrore ci sono, lo sappiamo bene, ma prima occorre superare la vendetta, ripulirsi dal liquido nero, quello che invade il corpo dei volatili sulle coste, come quello che avviluppa la fantasia di un adolescente. Quella sostanza viscida ancora così ‘preziosa’ che pur avvelena e comanda le menti votandole all’annichilimento.
L’etica ci dice che è possibile rispondere, impresa non facile e meravigliosamente faticosa. È la fatica della libertà, in nome della civiltà… quella custodita con cura e coraggio dall’essere Umani.
C’è silenzio e silenzio.
C’è il silenzio delle cose non dette, quelle tacitate che non permettono di esprimere il dovuto cordoglio.
E c’è il silenzio assordante del tuffo nel dolore che non ti aspetti.
Un minuto non basta… ancora un altro minuto… e un altro ancora... le vittime sono troppe. Reclamano una memoria.
La memoria degli ultimi minuti trascorsi in allegria: al concerto, al ristorante, allo stadio. Con gli amici, gli amanti, semplici conoscenti.
Se la religione, ogni forma di religione, non sopporta la felicità, allora sì, questa è una guerra di religione. Altrimenti dobbiamo considerare che la paura della felicità è ciò che arma i terroristi di tutto il mondo, in tutti i tempi.
Il diritto alla felicità è quello che da sempre ci fa evolvere. Gravidanza della vita stessa, esso ci porta verso strade inesplorate. Perché non c’è un’unica strada per raggiungere la felicità: ognuno ha la sua. Ognuno può assumersi in prima persona la responsabilità del proprio impegno ad essere felice.
Sono le donne ad avere il segreto della felicità, quelle stesse donne così invise e sottomesse nelle varie parti del mondo. Quelle donne di cui Valeria si occupava.
Vedendo il dolore composto dei genitori di Valeria ci viene da pensare che loro questa cosa la sanno. Valeria è morta, sì, ma stando lì dove voleva essere per fare le cose che voleva fare… e questo è il nostro impegno.
Charlie Hebdo, “LA LIBERTÀ DI RIDERE SENZA ALCUN RITEGNO” di Filippo Paoli. Anno 2015
“LA LIBERTA' DI RIDERE SENZA ALCUN RITEGNO”
Filippo Paoli
Filippo Paoli
Il 7 gennaio 2015 a Parigi hanno ucciso 8 giornalisti, 2 poliziotti, un addetto alla portineria e un lettore invitato alla riunione di redazione. Tra i morti anche il direttore e vignettista del settimanale satirico Charlie Hebdo Stephane Charbonnier (in arte Charb) e i vignettisti Georges Wolinski, Jean Cabut (in arte Cabu) e Bernard Verlhac (in arte Tignous).
Il 15 ottobre 2012 Charb aveva scritto questa poesia sulla “libertà di ridere senza alcun ritegno”.
La libertà di una risata può essere più sovversiva di una rivoluzione. La compagna di Charb, Jeannette Bougrab, in una intervista televisiva lo ha ricordato così: “È morto in piedi. Difendeva la laicità. È stato giustiziato con i suoi compagni. Tutti questi disegnatori meritano il Pantheon”.
Il 15 ottobre 2012 Charb aveva scritto questa poesia sulla “libertà di ridere senza alcun ritegno”.
La libertà di una risata può essere più sovversiva di una rivoluzione. La compagna di Charb, Jeannette Bougrab, in una intervista televisiva lo ha ricordato così: “È morto in piedi. Difendeva la laicità. È stato giustiziato con i suoi compagni. Tutti questi disegnatori meritano il Pantheon”.